La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 34500, pronunciata all'udienza del 14 febbraio 2022, ha preso in esame il tema concernente l'impedimento a comparire dell'imputato, affermando come debba ritenersi solo apparente la motivazione che si limiti, sul punto, a replicare il criterio di giudizio normativamente indicato dall'art. 420 ter cod. proc. pen., senza farne concreta applicazione al caso concreto.
- Il fatto.
Un'imputata proponeva ricorso per cassazione avverso la Sentenza con cui la Corte di appello di Milano, in riforma della pronuncia assolutoria del Tribunale di Lecco, aveva riconosciuto la medesima responsabile del reato di furto aggravato.
Tramite uno dei propri motivi di ricorso, l'imputata lamentava che, in sede d'udienza, il difensore aveva depositato certificazione medica, rilasciata alla medesima quello stesso giorno, dal medico curante, attestante l'assoluto impedimento a comparire della donna, a causa di una grave patologia dalla quale ella era affetta. L'istanza era stata, tuttavia, immotivatamente rigettata de plano dalla Corte d'Appello, con conseguente dichiarazione di assenza dell'imputata e definizione del giudizio.
- La decisione
La Suprema Corte ha in primis rilevato come la certificazione medica prodotta dall'imputata, rilasciata la mattina stessa dell'udienza, riportasse la diagnosi di "colica renale acuta dx con febbre e ematuria e necessità di 7 giorni di riposo assoluto", oltre che specifiche cure farmacologiche. La Corte d'Appello aveva, tuttavia, ritenuto insussistente, in quanto non documentato, l'impedimento assoluto dell'imputata.
Con riguardo al tema dell'impedimento a comparire dell'imputato, i giudici di legittimità hanno osservato come, secondo consolidata giurisprudenza, debba considerarsi legittimo il provvedimento con il quale il giudice, investito di una richiesta di rinvio per impedimento a comparire con allegato certificato medico attestante una patologia, ritenga l'insussistenza del dedotto impedimento, e dichiari la contumacia dell'imputato, in quanto detto certificato non preclude al giudice di valutare, anche indipendentemente da una verifica fiscale e facendo ricorso a nozioni di comune esperienza, l'effettiva impossibilità per il soggetto portatore della dedotta patologia di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute. Non può, infatti, ritenersi preclusiva di tale valutazione la generica necessità, in conseguenza della documentata patologia, di un dato periodo di riposo e di cure, la quale è per sua natura preordinata al superamento rapido e completo dell'affezione patologica in atto e non implica, ove essa non sia soddisfatta, l'automatica ed ineluttabile conseguenza di un danno o di un pericolo grave per la salute del soggetto, che costituisce condizione imprescindibile ai fini dell'integrazione dell'assoluta impossibilità di comparire che legittima l'impedimento; tale condizione non è inoltre idonea a determinare una incapacità di stare in giudizio ex art. 70 c.p.p..
Esaminando la casistica giurisprudenziale, il Collegio ha ricordato come sia stata, ad esempio, ritenuta corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso la sussistenza dell'impedimento a comparire dell'imputato, addotto mediante la produzione di certificato medico attestante "lombosciatalgia acuta" con necessità di "riposo assoluto", non emergendo dalla documentazione l'impossibilità di deambulare o comunque di raggiungere l'aula di udienza trasportato da altri (Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014), analogamente ad una fattispecie in cui il certificato medico si limitava ad indicare uno stato di salute che rendeva "sconsigliabile" un lungo viaggio, ma non tale da far "temere uno sviluppo drammatico o minaccioso dal punto di vista vitale" (Sez. 6, n. 4284 del 10/01/2013), e ad un'altra in cui il certificato medico attestava, genericamente, uno "scompenso glicometabolico" (Sez. 5, n. 5540 del 14/12/2007 (dep. 2008). Tale orientamento è stato, in seguito, confermato dalla Quarta Sezione Penale della Suprema Corte con la Sentenza n. 7979 del 28/01/2014, in un caso in cui la patologia certificata dal Pronto Soccorso consisteva in un attacco d'asma, con dimissioni disposte dopo 42 minuti dal ricovero, senza alcuna specificazione in ordine all'impossibilità di presentarsi in udienza; nonchè dalla Quinta Sezione, con la pronuncia n. 44845 del 24/09/2013, con riguardo a una gastrite, ritenuta patologia, per comune esperienza, non invalidante.
Ciò premesso, con riferimento al caso in esame, la Corte di Cassazione ha osservato, innanzitutto, come, per comune cognizione, la colica renale insorga d'improvviso, con dolore tipicamente spasmodico, intenso e perdurante, tale da richiedere l'assunzione di farmaci antinfiammatori e antidolorifici per via intramuscolare o endovenosa, al fine di accelerare la regressione del dolore. A tali sintomi può associarsi il sanguinamento (ematuria), la nausea e la febbre, la quale è un sintomo più importante, in quanto indicativa di un'infezione, che richiede osservazione e, spesso, anche ospedalizzazione. Nel caso di specie, si era verificata tale ultima evenienza: come attestato dalla difesa, infatti, l'imputata era stata ricoverata il giorno successivo, e poi trasferita presso una struttura ospedaliera.
Pur in presenza di una certificazione medica - rilasciata lo stesso giorno dell'udienza - attestante una colica renale acuta associata a ematuria e febbre, così da giustificare la prescrizione di riposo assoluto, la Corte d'Appello si era, come detto, limitata a rilevare che: "il certificato dà atto di necessità di riposo assoluto prescrivendo farmaci (....) per due giorni; che non si dà atto di una impossibilità assoluta a comparire". La Suprema Corte ha ritenuto come tale motivazione del rigetto sia da ritenersi "apparente", limitandosi essa a replicare il criterio di giudizio ("impedimento assoluto") normativamente indicato dall'art. 420 ter c.p.p., senza farne concreta applicazione al caso concreto: in tale espressione non risultano, infatti, esplicitate, in relazione alla patologia certificata, le ragioni che hanno condotto a ritenere insussistente tale impedimento. In particolare, ha aggiunto il Collegio, i giudici di merito non avevano espresso alcun convincimento, né indicato i presupposti di fatto di un diniego, esclusivamente affidato alla mancata annotazione nella certificazione medica dell'espressione "impedimento assoluto". La Suprema Corte ha pertanto ritenuto come i giudici milanesi siano, in tal modo, venuti meno al dovere accertativo che il legislatore affida al potere discrezionale del Giudice. Se da un lato, infatti, è compito del medico la rappresentazione della specifica condizione patologica del paziente, tramite individuazione della natura, delle cause, dei sintomi, dei rimedi e delle cure, rimane affidata al giudice la sintetica valutazione della sussistenza, nella situazione clinica così rappresentata, di una condizione tale da rendere assolutamente impossibile la comparizione in udienza. La Corte di appello, invece, prescindendo completamente dalla natura della patologia certificata, non aveva neppure preso in considerazione l'opzione di affidarsi alla verifica fiscale, limitandosi ad affermare, in termine tanto generici quanto astratti, come "il riposo assoluto non equivalga all'impedimento assoluto".
I giudici di legittimità hanno dunque ritenuto come la valutazione che la Corte d'Appello avrebbe dovuto compiere, alla luce della predetta giurisprudenza della Suprema Corte, non avrebbe dovuto arrestarsi ad una lettura formalistica e superficiale, con conseguente motivazione apparente; al contrario, attraverso un'analisi critica della patologia certificata - oggettivamente allarmante e insorta proprio il giorno dell'udienza - la Corte di merito avrebbe dovuto risolvere il chiaro significato di quella certificazione - avendo escluso di affidarsi all'accertamento fiscale - nel senso di individuare il fondamento del prescritto "riposo assoluto" nella condizione patologica espressiva di un "impedimento assoluto" a muoversi.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto annullato con rinvio la sentenza impugnata.