In materia di diritto penale tributario, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 22076, pronunciata all'udienza del 13 marzo 2025 (deposito motivazioni in data 12 giugno 2025) ha preso in esame il tema relativo alla rilevanza della condotta susseguente al reato, ed in particolare del pagamento rateale che copra la quasi totalità del debito tributario, ai fini dell'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p..
Il fatto.
Un'imputata proponeva ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Salerno ne aveva confermato la penale responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000, perché, quale legale rappresentante di una società, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto, si era avvalsa di fatture per operazioni inesistenti emesse da una stessa ditta, portando in dichiarazione elementi passivi fittizi.
Tramite i propri motivi di ricorso, l'imputata lamentava la violazione dell'art. 131-bis c.p., per la mancata considerazione del versamento della somma di Euro 95.584,45, su un debito di Euro 97.937,33, tanto che lo stesso Tribunale aveva disposto la perdita di efficacia del sequestro preventivo, in considerazione della modesta entità del debito residuo e dell'affidabilità fino a tal momento manifestata dalla società nell'adempimento delle rate del piano.
La decisione.
La Suprema Corte ha, dapprima, rilevato come i giudici d'appello abbiano negato l'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. sulla base della "notevolissima entità dell'imposta indebitamente richiesta in accredito", la quale "impedisce di ritenere il fatto di particolare tenuità, ad onta della successiva condotta riparativa (dovuta esclusivamente alla scoperta dell'illecito) e della incensuratezza dell'imputata". La sentenza, pertanto, si è osservato, ha considerato il comportamento successivo al reato che, a seguito del D.Lgs. n. 150 del 2022, deve essere valutato nell'ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell'esimente, essendo rilevante ai fini dell'apprezzamento dell'entità del danno, ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo.
Tale principio, peraltro, era stato già affermato proprio con riguardo ai reati tributari, sul presupposto che, tra le condotte susseguenti al reato, che per effetto della novella dell'art. 131-bis c.p., ad opera del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non possono, di per sé sole, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, ma che tuttavia possono essere valorizzate nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, primo comma, c.p., vi fosse anche l'integrale, o anche parziale, adempimento del debito tributario con l'Erario, anche attraverso un piano rateale concordato o l'adesione alla c.d. "rottamazione delle cartelle esattoriali" (Sez. 3, n. 4145 del 04/12/2024, dep. 2025; Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024).
Ciò posto, il Collegio ha rilevato come il giudizio fornito dalla Corte salernitana appaia aderente al canone interpretativo derivante dalla modifica dell'art. 131-bis c.p. ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2022, che richiede un'esplicita "considerazione della condotta susseguente al reato". I giudici d'appello hanno, infatti, considerato, da un lato, l'entità del profitto del reato e, dall'altro, il pagamento effettuato, operando, quindi, un bilanciamento nel senso della prevalenza del primo elemento sul secondo e, conseguentemente, escludendo la particolare tenuità del fatto.
Tuttavia, si è aggiunto, il quadro normativo è stato, in seguito, arricchito - con specifico riferimento ai reati tributari - dalla nuova formulazione dell'art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, introdotta dal D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87. Nella disposizione, infatti, è stato inserito il comma 3-ter, in forza del quale: "ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'articolo 131-bis del codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: a) l'entità dello scostamento dell'imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto al comma 1, l'avvenuto adempimento integrale dell'obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l'amministrazione finanziaria; c) l'entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14".
Tale disciplina, che per la sua natura sostanziale e non esclusivamente processuale, deve essere ritenuta applicabile ai fatti commessi precedentemente alla sua entrata in vigore, si differenzia da quella generale per il riferimento al carattere prevalente degli indici richiamati nel bilanciamento con elementi di segno contrario, ai fini della valutazione sull'applicabilità dell'art. 131-bis c.p.. Dunque, si è osservato, nel settore dei reati tributari, è dato specifico rilievo ad una condotta susseguente al reato, rispetto alla quale non è sufficiente una semplice considerazione da parte del giudice, perché la disposizione prevede espressamente che ad essa debba essere attribuita prevalenza sugli eventuali elementi ostativi - considerati dal primo comma dell'art. 131-bis c.p. - rappresentati dalle modalità della condotta e dalla non esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133 comma 1 c.p..
Dunque, in presenza di una progressiva estinzione del debito tributario mediante rateizzazione, ai sensi della lettera c) del comma 3-ter dell'art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, il giudice deve valutare in termini di prevalenza l'"entità del debito tributario residuo", quale differenza fra l'entità del debito tributario iniziale e quella dei pagamenti effettuati. Ne consegue, hanno rilevato i giudici di legittimità, che, qualora i pagamenti effettuati coprano una percentuale assai elevata del debito tributario, il comportamento dell'imputato successivo alla commissione del reato deve essere ritenuto - per espressa previsione legislativa - quale indice particolarmente pregnante della speciale tenuità del fatto.
Diversamente opinando, la modifica legislativa dell'art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 verrebbe svuotata della sua portata innovativa, evidentemente ispirata a dare prevalenza alla finalità recuperatoria della regolamentazione, anche penale, del settore tributario, a scapito della finalità punitiva. Tale scelta legislativa si pone, infatti, ha rilevato la Corte, in linea con i principi che già ispirano il D.Lgs. n. 74 del 2000, nel senso di favorire il più possibile comportamenti collaborativi degli autori di illeciti diretti ad effettuare pagamenti, anche parziali, dei debiti tributari oggetto di imputazione penale. È il caso, ad esempio, dell'art. 12-bis, comma 2, che esclude, a certe condizioni, il sequestro dei beni finalizzato alla confisca, se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione, sempre che, in detti casi, il contribuente risulti in regola con i relativi pagamenti. E sono ispirati ad analoga ratio sia i commi 1, 2, 3 dell'art. 13, che disciplinano le cause di non punibilità, collegate a pagamenti, adesioni a procedure conciliative, ravvedimenti operosi, rateizzazioni, sia gli artt. 13-ter e 14, che configurano circostanze attenuanti anch'esse collegate a pagamenti e rateizzazioni.
Nel caso di specie, tali principi non sono stati tenuti in adeguata considerazione dalla Corte d'Appello, avendo i giudici di merito operato un bilanciamento nel senso della prevalenza del dato negativo, rappresentato dalla "notevolissima entità dell'imposta indebitamente richiesta in accredito", rispetto all'elemento positivo del pagamento rateale che ha coperto la quasi totalità della somma dovuta, nonostante la lettera c) del comma 3-ter dell'art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 imponga di valutare in modo prevalente l'entità del debito residuo.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto annullato con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al punto concernente l'applicabilità dell'art. 131-bis c.p..