martedì 19 ottobre 2021

I presupposti della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare ex art. 83 D.L. 18/20.

La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 17787, pronunciata all'udienza del 15 aprile 2021 (deposito motivazioni in data 7 maggio 2021), ha preso in esame la questione relativa all'area applicativa della causa di sospensione del termine di durata massima della custodia cautelare di cui all'art. 83 commi 2 e 4 D.L. 18/20.

  • Il fatto.
Un imputato proponeva ricorso avverso l'ordinanza con cui il Tribunale di Milano, quale giudice dell'appello cautelare, aveva confermato l'ordinanza di rigetto della richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere emessa dalla Corte d'appello di Milano, contestualmente alla conferma della condanna per il reato di cui all'art. 74  D.P.R. 309/90.  

L'istanza di scarcerazione era stata proposta sulla base dell'avvenuta decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare; il Tribunale del riesame, aderendo alla tesi della Corte d'Appello, aveva, tuttavia, escluso che potesse essere dichiarata l'inefficacia della misura cautelare, per scadenza del termine di durata massima, affermando come tale termine avesse subito la sospensione dal 9 marzo all'11 maggio 2020, ai sensi dell'art. 83 commi 2 e 4 D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in L. 24 aprile 2020, n. 27.

Tramite il proprio ricorso, l'imputato sosteneva come il procedimento in questione non avesse subito alcuna stasi dovuta all'emergenza sanitaria, con conseguente inapplicabilità della sospensione dei termini di custodia cautelare.

Il D.L. n. 18/2020, infatti, ha sì disposto all'art. 83, commi 1 e 2, la sospensione dei termini per la celebrazione delle udienze e per il compimento di tutti gli atti processuali nel periodo ricompreso tra il 9 marzo ed il 15 aprile 2020 (termine in seguito prorogato all'11 maggio 2020), ed al comma 4 la sospensione dei termini di custodia cautelare per lo stesso periodo. Tuttavia - affermava il ricorrente - la sospensione dei termini di custodia cautelare non può applicarsi in maniera automatica: i termini di custodia cautelare dovrebbero essere, infatti, sospesi nelle sole ipotesi di rinvio d'ufficio del procedimento, a causa di una fissazione dell'udienza nel periodo ricompreso tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, o nel caso in cui, in tale periodo, operi comunque la sospensione di un qualsiasi altro termine processuale. Nella fattispecie, tali ipotesi non si erano verificate, con conseguente esclusione del ricorrere dell'ipotesi di sospensione del termine di durata massima della custodia cautelare, già decorso, pertanto, il giorno dell'udienza innanzi alla Corte d'Appello, la quale aveva, comunque, fissato tale udienza in data di gran lunga successiva al termine finale del periodo di sospensione individuato dal D.L. 18/20.

  • La decisione.

La Corte ha, in primo luogo, osservato come la disposizione di cui all'art. 83 comma 4  D.L. 18/2020 faccia dipendere sia la sospensione del corso della prescrizione, sia la sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari, dalla contestuale ed effettiva sospensione dei termini processuali per i procedimenti che si trovano nelle condizioni indicate nel comma 2 di tale norma, ossia nella fase procedimentale in cui stia decorrendo un termine per il compimento di un atto del processo.

Una diversa interpretazione sarebbe infatti inconciliabile con quanto stabilito dallo stesso comma 2, ove si prevede la sospensione di tutti i termini procedurali relativi al "compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali", norma che presuppone, senza dubbio, che nel procedimento interessato un atto debba essere compiuto entro un certo termine.

Diversamente opinando, ossia ritenendo applicabile la causa sospensiva anche ove non vi siano atti da compiere nè termini procedurali in corso, la sospensione prevista dal legislatore - hanno affermato i giudici di legittimità - non avrebbe, semplicemente, motivo di operare.

La Corte ha quindi rilevato come tale impostazione trovi supporto nella sentenza "Sanna" delle Sezioni Unite (n. 5292 del 26/11/2020). Le Sezioni Unite, infatti, seppur chiamate a dirimere una diversa questione, relativa al comma 3 bis dell'art. 83 cit., hanno  precisato in motivazione che il comma 2 del medesimo art. 83 prevede sì la sospensione, senza distinzione, di "tutti i termini procedurali" (compresi quelli per proporre qualsiasi tipo di impugnazione), ma a condizione che gli stessi decorrano nell'intervallo temporale considerato da tale disposizione e siano tali nel senso indicato dall'art. 172 comma 1 c.p.p.:

"In tema di disciplina della prescrizione a seguito dell'emergenza pandemica da Covid-19, la sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, si applica ai procedimenti la cui udienza sia stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all'11 maggio 2020, nonchè a quelli per i quali fosse prevista la decorrenza, nel predetto periodo, di un termine processuale. (In motivazione, la Corte ha escluso che la sospensione della prescrizione possa operare in maniera generalizzata, per tutti i procedimenti pendenti, in quanto la disciplina introdotta dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 4, presuppone che il procedimento abbia subito una effettiva stasi a causa delle misure adottate per arginare la pandemia)"

Le Sezioni Unite, pertanto - si è rilevato - hanno riconosciuto come, con tale articolata disciplina, il legislatore, nel contemperare le esigenze emergenziali derivanti dalla pandemia con il diritto dell'imputato ad una ragionevole durata del processo, abbia comunque effettuato scelte ispirate al criterio del maggior contenimento possibile del sacrificio imposto al diritto di difesa.

Da ciò consegue come la sospensione dei termini procedurali prevista dall'art. 83 D.L. 18/20, in relazione al periodo intercorrente tra le date del 9 marzo e dell'11 maggio 2020, pur avendo formalmente ad oggetto tutti i procedimenti penali in corso in tale lasso temporale, trova tuttavia applicazione nei soli procedimenti penali ove siano effettivamente operanti termini procedurali per il compimento di un qualsivoglia atto processuale  (quali, ad esempio, rinvio dell'udienza, presentazione dell'impugnazione o redazione della sentenza).

Tale disciplina non ha, pertanto, previsto un'ipotesi di automatica sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, applicabile indiscriminatamente a tutti i procedimenti in corso nel periodo in questione; al contrario, tale sospensione opera solo in presenza di una contestuale sospensione di termini procedurali finalizzati al compimento di atti processuali, come previsto dal comma 2 del medesimo art. 83.

La Corte ha quindi ritenuto come i giudici di merito siano incorsi in un errore in diritto, avendo essi interpretato la disciplina in discorso come introduttiva di un arresto generalizzato a tutta l'attività giudiziaria, e non invece nella sola ipotesi di fissazione, nello stesso periodo, di atti o udienze. Sia il Tribunale sia la Corte d'Appello avevano quindi erroneamente ritenuto come tali disposizioni legislative avessero la finalità di "congelare" tout court il procedimento penale, con conseguente sospensione, in tutti i procedimenti, anche dei termini massimi di custodia cautelare.

Tale interpretazione, tuttavia, è stata giudicata infondata dagli Ermellini, atteso che, oltre a non trovare alcun concreto riferimento nel testo legislativo, è frutto di una confusione tra la teorica applicabilità della sospensione a tutti i procedimenti penali nel periodo in questione e la necessaria verifica, caso per caso, dell'effettiva decorrenza di termini procedurali, per il compimento di atti processuali, oggetto di sospensione ai sensi dell'art. 83 comma 2 D.L. n. 18 del 2020. Soltanto, infatti, in quest'ultimo caso, ove, cioè, ricorra un'effettiva sospensione di termini procedurali in corso, avrà, altresì, luogo, la sospensione dei termini massimi di durata della custodia cautelare applicata all'imputato.

Sulla base di tali rilievi, la Corte di Cassazione ha disposto l'annullamento dell'ordinanza, con rinvio al Tribunale del riesame di Milano.