La Quarta Sezione Penale della Suprema Corte, con la Sentenza n. 22101, pronunciata all'udienza del 19 aprile 2019 (deposito motivazioni in data 21 maggio 2019), ha preso in esame il tema relativo ai presupposti della valutazione circa la ripetibilità dell'accertamento tecnico, nell'ambito dei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità dell'esercente la professione sanitaria per il delitto di lesioni colpose.
Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Lecce aveva confermato la sua penale responsabilità per il delitto di lesioni personali colpose, commesso, in qualità di odontoiatra, nel corso di un'operazione di estrazione di un dente.
Con il proprio ricorso, il medico contestava la violazione dell'art. 360 c.p.p.. Nel corso delle indagini preliminari, infatti, il consulente tecnico del Pubblico Ministero, a cinque mesi di distanza dai fatti, ed a lesioni ormai guarite, aveva convocato la persona offesa presso il proprio studio, per l'inizio delle attività di consulenza, senza darne avviso alle parti, malgrado il sanitario avesse già formalmente assunto la qualifica di persona sottoposta ad indagini.
Nonostante la tempestiva eccezione formulata dall'imputato in entrambi i gradi di giudizio, per violazione delle garanzie del contraddittorio ex art. 360 c.p.p., essa era sempre stata rigettata. La Corte d'Appello, in particolare, aveva affermato come l'attività posta in essere sul paziente da parte del consulente tecnico rientrasse nella fattispecie di cui all'art. 359 c.p.p., trattandosi di un'ipotesi di accertamento tecnico ripetibile. Stante l'avvenuta guarigione delle lesioni patite dal paziente, e la conclusione del processo fisiologico relativo all'estrazione del dente, secondo i giudici di merito non era dato comprendere quale fosse il fondamento dell'irripetibilità dell'accertamento tecnico.
Al riguardo, il ricorrente insisteva, invece, sulla necessità di procedere, nella fattispecie, all'espletamento di un accertamento tecnico irripetibile, in virtù del fatto che lo stato di una lesione intraorale è soggetto, fisiologicamente, ad una continua modificazione, potendo le conseguenze di un errore odontoiatrico manifestarsi anche a distanza di mesi rispetto al momento in cui è stato innescato il decorso causale.
La Corte di Cassazione ha innanzitutto osservato, al riguardo, come il carattere irripetibile o meno dell'accertamento tecnico dipenda "dalle concrete caratteristiche della verifica consulenziale di cui si tratta". Sulla base di tale principio, e a titolo di esempio, la giurisprudenza di legittimità, ha ricondotto alla fattispecie dell'accertamento tecnico ripetibile la consulenza sullo stato psichico di una persona, sempre che essa riguardi "una condizione costante e non contingente e, per tale ragione, non suscettibile di modificazione" (Sez. III, 8427/11); la natura dell'accertamento tecnico finalizzato ad estrapolare il profilo genetico dev'essere invece verificata in concreto, "dipendendo dalla quantità della traccia e dalla qualità del Dna presente sui reperti biologici sequestrati (Sez. II, 2476/14). Natura completamente diversa è stata, invece, riconosciuta all'attività di individuazione e rilevamento delle impronte dattiloscopico-papillari, trattandosi di operazioni urgenti, non ripetibili, ma aventi natura meramente materiale, e riconducibili, pertanto agli accertamenti di polizia giudiziaria di cui all'art. 354 comma 2 c.p.p.. Tali operazioni, infatti, a differenza degli accertamenti tecnici di cui agli artt. 359 e 360 c.p.p., non si fondano sull'espletamento di un'attività dal carattere valutativo tecnico-scientifico, e non necessitano perciò del rispetto della garanzia difensiva del contraddittorio.
Tanto premesso circa l'argomento in esame, i giudici di legittimità hanno rilevato come, nell'ambito dei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità dei sanitari, può sussistere, effettivamente, un margine di opinabilità circa la natura irripetibile o meno dell'accertamento tecnico, laddove esso riguardi "la verifica del quadro clinico presentato dal paziente in vivo, a seguito dell'operato del medico che si assume errato, ed anzi indicato quale colposo fattore di innesco di fenomeni lesivi...tenuto conto della fisiologica evoluzione e modificazione che caratterizza i diversi distretti dell'organismo umano".
Ciò posto, la Corte ha enunciato dei criteri che devono guidare l'interprete nella valutazione circa la riconducibilità dell'accertamento tecnico sul paziente all'una o all'altra fattispecie procedimentale. Tale valutazione, innanzitutto, secondo i principi generali, deve fondarsi "sulla possibilità, o meno, che l'accertamento venga ripetuto nel tempo in condizioni di effettiva parità tra le parti". Tuttavia, nei casi dubbi, in cui l'accertamento assegnato al consulente abbia ad oggetto la verifica di parti dell'organismo soggette a modificazione, l'interprete deve propendere per il carattere irripetibile dell'accertamento tecnico sul paziente, favorendo, in questo modo, l'immediata apertura del contraddittorio scientifico.
Viceversa, il carattere ripetibile dell'accertamento tecnico sul paziente in vita, ex art. 359 c.p.p., dev'essere ritenuto ogniqualvolta la tipologia di lesioni subite dal paziente consenta, senza dubbi, la ripetizione di tale accertamento anche in epoca successiva, in assenza, pertanto, di qualsivoglia pregiudizio nei confronti del diritto di difesa.
Tale assunto è stato affermato dalla Corte anche sulla base della considerazione per cui la verifica sottesa all'accertamento tecnico sul paziente condiziona, altresì, la preliminare selezione delle pertinenti raccomandazioni cliniche previste dalle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico assistenziali le quali, come noto, sono poste dalla legge a fondamento della valutazione giudiziale sull'operato del medico.
Stanti tali osservazioni, la Corte di Cassazione ha, pertanto, ritenuto come i giudici d'appello non si siano attenuti ai predetti principi, essendosi, come visto, limitati a rilevare che il paziente, allorché fu visitato dal consulente, era ormai guarito, e non avendo dunque preso in considerazione il carattere opinabile degli accertamenti tecnici di tal genere.
I giudici di legittimità hanno quindi riconosciuto, in tale fattispecie, una violazione della legge processuale, la quale, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, è qualificabile come un'ipotesi di nullità a regime intermedio. Gli Ermellini hanno perciò annullato la sentenza oggetto di ricorso, con rinvio per nuovo esame alla Corte d'Appello di Lecce.