martedì 5 maggio 2020

Giurisprudenza di legittimità 2020 in tema di giudizio abbreviato: la richiesta di rito alternativo preclude al giudice di rilevare d'ufficio la propria incompetenza per territorio.

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 1596, pronunciata all'udienza del 3 ottobre 2019 (deposito motivazioni in data 16 gennaio 2020), ha preso in esame, con riguardo al giudizio abbreviato, il tema relativo al campo di applicazione della preclusione delle questioni sulla competenza per territorio del giudice, prevista dall'art. 438 comma 6 bis c.p.p..

Tale comma, introdotto dalla L. 103/17 (la c.d. "Riforma Orlando"), ha infatti, da un lato, previsto che la richiesta di rito abbreviato determini la sanatoria delle nullità non assolute e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, con l'eccezione di quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Dall'altro, come detto, tale richiesta impedisce di proporre questioni concernenti la competenza per territorio del giudice.

Nella fattispecie, il Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Vallo della Lucania dichiarava la propria incompetenza per territorio, restituendo gli atti al Pubblico Ministero, solo all'esito della discussione delle parti nel giudizio abbreviato.

Il Pubblico Ministero proponeva pertanto ricorso per cassazione, lamentando la violazione della predetta disposizione di cui all'art. 438 comma 6 bis c.p.p., sebbene essa, prevedendo una preclusione ad "ogni questione" sulla competenza per territorio, sembri riferirsi unicamente alle eccezioni proposte dalle parti, escludendo pertanto l'ipotesi della rilevazione d'ufficio della medesima incompetenza da parte del giudice. 

La Corte di Cassazione ha innanzitutto rilevato la sussistenza di un interesse, in capo al Pubblico Ministero, ad impugnare la Sentenza avente ad oggetto la competenza per territorio. Le funzioni dell'organo inquirente, infatti, ricomprendono anche quelle relative alla tutela della "corretta osservanza della legge su questioni di interesse pubblico": ad esse la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di ricondurre la questione sulla competenza territoriale, la quale è "espressione della generale prescrizione del giudice naturale precostituito per legge", come osservarono le Sezioni Unite Forcelli, con la Sentenza n. 27996, pronunciata il 29 marzo 2012.

Ciò premesso, il Collegio ha ritenuto di condividere la tesi proposta dal Pubblico Ministero, affermando il principio di diritto per cui: "l'art. 438 c.p.p., comma 6 bis, nello stabilire che la richiesta di giudizio abbreviato "preclude ogni questione sulla competenza per territorio del giudice", si riferisce non solo alle parti, ma anche alla possibilità del giudice stesso di rilevare d'ufficio la propria incompetenza per territorio".

Tale interpretazione, ha spiegato la Corte, si fonda sulla preminenza dell'interesse pubblico alla speditezza dei processi rispetto alla possibilità, in capo alle parti ed al giudice, di discutere, lungo l'intero arco del processo, con riguardo alla competenza per territorio.
Siffatto bilanciamento di interessi fu stabilito, innanzitutto, dalla Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi, già nei primi anni successivi all'entrata in vigore dell'attuale codice di rito, sulla legittimità costituzionale dell'art. 491 comma 1 c.p.p., nella parte in cui esso impone la decisione immediata sull'eccezione di incompetenza territoriale, vietando di ritornare sulla questione nel corso del dibattimento. La Corte, con l'Ordinanza n. 521/91, dichiarò la questione manifestamente infondata, confermando tale posizione anche con l'Ordinanza n. 130/95 e con la Sentenza n. 349/00. In particolare, in quest'ultima Sentenza si affermò che: "rientra nella discrezionalità del legislatore limitare la possibilità di rilevare l'incompetenza per territorio a vantaggio dell'interesse all'ordine e alla speditezza del processo, evitando così che, avviato il giudizio di merito, esso possa essere vanificato da un tardivo spostamento di competenza territoriale o che le parti possano sottrarne la cognizione al giudice oramai investito; tutto ciò senza che venga in rilievo una situazione idonea a ledere in concreto l'imparzialità del giudice, per la quale opera, invece, l'istituto della ricusazione".

La giurisprudenza di legittimità accolse in seguito tale principio, affermando, con la già menzionata Sentenza Forcelli, la proponibilità dell'eccezione di incompetenza territoriale in limine al giudizio abbreviato non preceduto dall'udienza preliminare, nonché, nel giudizio instaurato in tale udienza, solo se nel corso della stessa già proposto e rigettato, e sempre in limine al rito alternativo.
Nello stesso senso, e con riferimento alla rilevabilità d'ufficio della propria incompetenza per territorio da parte del giudice, le Sezioni Unite riconobbero il limite, ex art. 21 comma 2 c.p.p., all'adozione di tale provvedimento, che deve avvenire prima della conclusione dell'udienza preliminare o, ancora, in caso di citazione diretta a giudizio, entro il termine di cui all'art. 491 comma 1 c.p.p.. Tale assunto si fonda sulla considerazione per cui "avendo celebrato l'udienza preliminare, il GUP, infatti, avrebbe avuto tutto il tempo di valutare la propria competenza territoriale e decidere su di essa in una fase in cui l'eventuale dichiarazione di incompetenza non avrebbe provocato eccessivi danni alla speditezza del processo".

La rilevazione d'ufficio della propria incompetenza territoriale da parte del GUP di Vallo della Lucania, avvenuta in esito alla discussione delle parti nel giudizio abbreviato, è stata pertanto ritenuta del tutto tardiva da parte della Corte, avendo il giudice di merito violato una regola già prevista dall'ordinamento processuale anteriormente all'introduzione del comma 6 bis dell'art. 438 c.p.p..

Malgrado tali premesse, la Suprema Corte ha tuttavia dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Pubblico Ministero, sulla base della nota previsione di cui all'art. 568 comma 2 c.p.p., che esclude possano essere soggette a ricorso per cassazione le sentenze sulla competenza che possono dare luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell'art. 28 c.p.p.. La ratio di tale previsione - hanno spiegato i giudici di legittimità - risiede nel fatto che i provvedimenti del giudice, dichiarativi della propria incompetenza, e con i quali egli ordina la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente, non essendo essi stessi attributivi di competenza, determinano l'elevazione del conflitto ai sensi dell'art. 28 c.p.p., solo nell'ipotesi dell'ulteriore dichiarazione di incompetenza anche da parte del secondo giudice. Solamente a seguito dell'originarsi di un conflitto di competenza, e non prima di esso, la Corte di Cassazione è pertanto chiamata ad intervenire. 

La Corte ha quindi ritenuto possibile, da parte del Tribunale di Salerno (indicato come territorialmente competente dalla Sentenza impugnata dal Pubblico Ministero), sollevare il conflitto di competenza, nonostante la peculiarità della fattispecie, rappresentata dalla violazione di legge relativa alla rilevabilità dell'incompetenza per territorio. Ciò in quanto la disposizione di cui all'art. 28 c.p.p. è stata formulata dal legislatore in maniera tale da ricomprendere anche fattispecie di conflitto "non esattamente classificabili o prevedibili a priori", potendo la medesima estendersi a casi analoghi a quelli di cui all'art. 28 comma 1 c.p.p., stante la previsione di cui al comma 2 della stessa disposizione.