lunedì 8 giugno 2020

Il falso materiale del medico che attribuisce un tracciato cardiografico ad una paziente diversa da quella cui il medesimo si riferisce.

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 28052, pronunciata all'udienza del 24 maggio 2019 (deposito motivazioni in data 26 giugno 2019), ha preso in esame la questione relativa alla qualificazione giuridica della condotta con cui il medico di una struttura ospedaliera apponga, su di un tracciato cardiografico eseguito su di una paziente, date e segni volti ad attribuire tale esame ad altra paziente.

Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso presentato da un medico, primario del reparto di ginecologia e ostetricia di una struttura ospedaliera, avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Napoli ne aveva confermato la responsabilità penale per i delitti di falsità materiale e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (artt. 476 e 479 c.p.) e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (art. 490 c.p.). 

All'imputato era stato, in particolare, contestato di aver formato un falso tracciato cardiografico di una paziente, di aver quindi soppresso la cartella clinica relativa al parto della stessa, all'esito del quale la neonata era deceduta, e di aver, infine, formato una nuova cartella clinica, annotando su di essa il predetto tracciato, ma omettendo di attestare l'effettuazione sulla paziente della manovra di Kristeller. Tale ultima condotta, integrante una falsità ideologica, era stata commessa dal primario in concorso con altro medico ginecologo della struttura ospedaliera.

Tra i motivi di ricorso proposti dall'imputato, vi erano, per quanto qui di interesse, i seguenti:
1) insussistenza del falso materiale relativo al tracciato cardiografico, sulla base delle seguenti argomentazioni:

1a) il tracciato non sarebbe da considerarsi atto pubblico, essendo privo di valore attestativo erga omnes ed avendo significato informativo limitato al rapporto tra medico e paziente; né si potrebbe affermare il contrario sulla base della giurisprudenza concernente le diverse fattispecie di referti di esami diagnostici destinati ad integrare la cartella clinica;

1b) il tracciato cardiografico non poteva essere considerato falso, essendo relativo ad un esame effettivamente eseguito su di una diversa paziente;

1c) la condotta di apposizione su di esso di segni volti ad attribuirlo ad altra paziente, nonché di due date diverse, doveva semmai essere qualificata come falsità ideologica, stante l'attribuzione alla paziente di un tracciato di un esame in realtà eseguito su di un'altra donna nella stessa data, con esclusiva configurabilità, pertanto, del delitto di falsità ideologica in certificato di cui all'art. 480 c.p..

2) violazione di legge, per aver la Corte d'Appello ritenuto sussistere un concorso tra i reati contestati, stanti l'autonoma offensività dei singoli delitti contro la fede pubblica nonché l'impossibilità di ravvisare un reato progressivo o una progressione criminosa tra i fatti addebitati all'imputato. In particolare, la Corte aveva affermato, in relazione al falso materiale, come il tracciato cardiografico avesse valore attestativo dell'operazione compiuta, senza riconoscere un autonomo rilievo alla circostanza del suo inserimento o meno in una cartella clinica; con riguardo, invece, al falso per soppressione della prima cartella clinica, i giudici di merito avevano ritenuto come tale condotta avesse sottratto attestazioni rilevanti con riguardo al referto ecografico ed agli accertamenti compiuti, anteriormente al parto della paziente.
L'imputato aveva invece sostenuto la tesi del reato progressivo, essendo, a suo dire, le condotte concatenate nell'unica finalità della falsità ideologica relativa alla cartella clinica: esse dovevano quindi considerarsi assorbite nell'evento di tale diverso delitto.

La Suprema Corte ha dapprima rilevato la prescrizione dei reati contestati, stante la mancata rituale contestazione della circostanza aggravante di cui all'art. 476 comma 2 c.p., nelle modalità prescritte dalla nota Sentenza Sorge delle Sezioni Unite n. 24906/19, ossia mediante l'esplicita indicazione, nel capo d'imputazione, della natura fidefaciente dell'atto pubblico, tramite la precisazione di tale natura, l'uso di formule alla stessa equivalenti o la semplice indicazione della norma di legge. Il ricorso dell'imputato è stato quindi esaminato al fine di verificare la responsabilità del medesimo ai soli fini civili.

Per quanto concerne il primo motivo di ricorso, i giudici di legittimità hanno innanzitutto confermato la qualificazione del tracciato cardiografico come atto pubblico. Essi hanno infatti ritenuto corretto il riferimento operato dai giudici di merito al principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo alla fattispecie, ritenuta similare, della falsificazione dei reports di stampa di esami clinici. Più in particolare, tale principio, risalente alla Sentenza Perrini n. 22192 del 12/02/2008, così aveva stabilito:

"Integra il delitto di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico la falsificazione dei "reports di stampa" - contenenti esami emocromocitometrici a corredo della documentazione clinica - mediante aggiunta a penna dei valori dei parametri della coagulazione allo scopo di farli apparire come eseguiti e repertati nei giorni ivi indicati, nonché delle schede cartonate sui prelievi, considerato che essi sono atti pubblici, giacché, ancorché atti interni alla struttura ospedaliera, sono destinati a provare le indagini di laboratorio svolte dagli operatori sanitari pubblici ed i relativi risultati e a documentare il decorso della malattia del paziente ad integrazione e corredo della cartella clinica".

Alla luce del tenore di tale principio, la Corte ha pertanto, da un lato, respinto l'argomentazione proposta dall'imputato, e relativa alla circostanza per cui il precedente menzionato si riferirebbe ad esami diagnostici destinati ad integrare la cartella clinica: tale profilo, infatti, era stato considerato, nella Sentenza Perrini, come meramente aggiuntivo rispetto al dato veramente essenziale. Con ciò ci si riferisce - ha precisato il Collegio - alla "finalità probatoria dell'atto relativamente allo svolgimento ed ai risultati di indagini di laboratorio effettuate da operatori sanitari pubblici e al decorso dello stato del paziente, situazione ricorrente anche per il tracciato cardiografico".

I giudici di legittimità hanno, d'altro canto, ritenuto non significativo il rilievo proposto dal ricorrente per cui tale tracciato avrebbe valenza informativa ristretta al rapporto tra il medico ed il paziente. A questo proposito, il predetto principio di diritto non aveva messo in dubbio il fatto che tale atto fosse interno alla struttura ospedaliera; tuttavia, aveva giudicato irrilevante tale aspetto, stante il contenuto attestativo dell'atto medesimo.

La conferma, da parte della Corte, della qualificazione del tracciato cardiografico come atto pubblico ha quindi privato di rilevanza la richiesta, avanzata dall’imputato, di ricondurre tale condotta alla fattispecie incriminatrice di falsità ideologica in certificato prevista dall’art. 480 c.p..
Ciononostante, i giudici di legittimità hanno precisato che l’argomentazione contenuta nel ricorso dell’imputato, secondo la quale la riconduzione del tracciato cardiografico a persona diversa integrerebbe una falsità ideologica, non impedirebbe comunque di ravvisare, in tale condotta, il delitto di falsità materiale. La Corte ha quindi condiviso la posizione espressa, a questo riguardo, dai giudici di merito, che avevano riconosciuto la falsità materiale nell’appostazione nel tracciato, da parte del medico, di date diverse e di segni tali da rendere riferibile il tracciato ad una paziente differente rispetto a quella cui lo stesso era relativo.
Nella condotta contestata all’imputato, la Corte di Cassazione ha riconosciuto quindi entrambi i delitti, sia di falsità materiale sia di falsità ideologica. Per quanto concerne il rapporto tra i due reati, la falsità ideologica è tuttavia assorbita in quella materiale, sulla base di un consolidato principio giurisprudenziale per il quale la contraffazione di un atto rende irrilevante la veridicità o meno del medesimo.

Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso dell'imputato, il Collegio ha ritenuto che le argomentazioni spese dalla Corte d'Appello per rigettare la tesi della configurabilità di un reato progressivo siano condivisibili. La finalità unica delle diverse condotte verso la produzione di una falsa cartella clinica, infatti, può essere posta a base del riconoscimento della continuazione tra i reati contestati, ma non ha alcun rilievo con riferimento alla sussistenza del concorso tra i medesimi, laddove, come nel caso di specie, essa "non incida sull'autonomia fattuale delle singole condotte e sulla loro altrettanto autonoma offensività".
I fatti addebitati, invero, ha aggiunto la Corte, sono distinti, riguardando le condotte, tra di loro differenti, della materiale falsificazione, della soppressione e della falsa attestazione; ben avevano fatto, pertanto, i giudici di merito a porre in rilievo gli altrettanto distinti effetti lesivi dei singoli reati, concernenti attività sanitarie differenti ed arrecanti pregiudizio, ciascuna di esse, al bene giuridico della fede pubblica.

Sulla base di tali argomentazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto rigettato il ricorso dell'imputato agli effetti civili.