In materia di responsabilità sanitaria, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 8940, pronunciata all'udienza del 15 febbraio 2019 (deposito motivazioni in data 1 marzo 2019), ha preso in esame la seguente questione: se in caso di assoluzione del medico con la formula "perché il fatto non costituisce reato", in virtù dell'applicazione della speciale causa di esclusione della punibilità prevista per il sanitario, il responsabile civile - ossia l'Azienda Sanitaria Locale - possa essere condannato al risarcimento del danno nonché al pagamento delle spese processuali nei confronti della parte civile.
Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso presentato da un'Azienda Sanitaria Locale, responsabile civile in un processo per omicidio colposo a carico di un sanitario, avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Salerno, contestualmente all'assoluzione dell'imputato, per colpa lieve, ex art. 3 comma 1 D.L. 158/12 e con la formula "perché il fatto non costituisce reato", aveva condannato l'Azienda Sanitaria al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili, oltre alla rifusione delle spese di giudizio, a seguito del rapporto civilistico instaurato tra il danneggiato e la struttura sanitaria.
L'ASL, mediante il proprio ricorso, contestava una violazione di legge da parte dei giudici d'appello: i presupposti per pronunciare una condanna risarcitoria ex art. 538 c.p.p. sarebbero infatti o l'accertamento della responsabilità penale dell'imputato o una pronuncia sugli effetti civili nell'ipotesi di estinzione del reato, ex art. 578 c.p.p.. Viceversa, l'assoluzione dell'imputato in entrambi i gradi di giudizio (il Tribunale aveva assolto il medico perché il fatto non sussiste) precluderebbe la possibilità di pronunciare una condanna nei confronti del responsabile civile in sede penale.
La Corte di Cassazione ha innanzitutto osservato come, in effetti, il giudice penale possa pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dalla parte civile, ai sensi dell'art. 538 c.p.p., soltanto quando vi sia una sentenza di condanna ex art. 533 c.p.p., definita come la sentenza che "provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell'imputato per il reato ascrittogli, gli commini la relativa pena".
L'unica eccezione a tale regola, come rilevato dal responsabile civile, è costituita dalla fattispecie di cui all'art. 578 c.p.p. che tuttavia - hanno affermato i giudici di legittimità -, proprio per tale natura, dev'essere considerata di stretta interpretazione: quando l'imputato è prosciolto a causa dell'intervenuta estinzione del reato per amnistia o prescrizione, il giudice dell'impugnazione deve comunque, qualora in primo grado sia stata pronunciata sentenza di condanna, decidere sulla domanda risarcitoria proposta dalla parte civile.
Stanti tali presupposti, la Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso del responsabile civile, riconoscendo una violazione di legge nella sentenza della Corte d'Appello. Essa, infatti, aveva riconosciuto una colpa lieve nella condotta del sanitario e, in applicazione della c.d. Legge Balduzzi, aveva assolto il medesimo perché il fatto non costituisce reato, ossia una pronuncia assolutoria di merito.
Pertanto, i giudici salernitani avevano violato l'art. 538 commi 1 e 3, essendosi pronunciati in ordine alle statuizioni civili, a carico del responsabile civile, pur in assenza dei presupposti previsti dalla legge processuale penale.
Attesa l'illegittimità di tale pronuncia, il Collegio ha infine osservato come i diritti del danneggiato possano, in tale ipotesi, trovare tutela mediante l'azione innanzi al giudice civile. Le stesse Sezioni Unite Mariotti (n. 8770/18) avevano infatti affermato al riguardo: "la responsabilità civile anche per colpa lieve resta ferma a prescindere dallo strumento tecnico con il quale il legislatore regoli la sottrazione del comportamento colpevole da imperizia lieve all'intervento del giudice penale", confermando quindi l'autonomia tra i due ordinamenti quanto all'ipotesi di applicazione della causa di non punibilità prevista, in precedenza, dalla Legge Balduzzi, ed oggi dall'art. 590 sexies c.p..
Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto annullato senza rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Salerno, con riferimento alla conferma delle statuizioni civili nei confronti del responsabile civile Azienda Sanitaria Locale.