In materia di sicurezza sul lavoro, la Quarta Sezione Penale della Suprema Corte, con la Sentenza n. 1682, pronunciata all'udienza del 24 settembre 2019 (deposito motivazioni in data 17 gennaio 2020), ha preso in esame il tema della responsabilità - nell'ipotesi di subappalto dei lavori in un cantiere - del datore di lavoro dell'impresa affidataria e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso presentato da due imputati avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Roma ne aveva confermato la penale responsabilità per il delitto di omicidio colposo commesso, ai danni di un lavoratore, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Uno di essi aveva rivestito il ruolo di legale rappresentante di un'impresa appaltatrice di lavori, oggetto di subappalto, presso un cantiere; il secondo aveva ricoperto l'incarico di coordinatore in fase di esecuzione dei lavori presso il medesimo cantiere.
Il lavoratore, dipendente dell'impresa subappaltatrice, aveva perso la vita dopo essere stato colpito da blocchetti di tufo - caduti da un'altezza di sei metri - contenuti all'interno di una vasca di una carriola, la quale si era rovesciata, durante il trasporto dei blocchetti, a mezzo argano a cavalletto, installato alla sommità dell'ultimo ponteggio. Nel corso del giudizio di merito, era emerso come la vittima si fosse recata sotto il tiro del materiale caduto, in quanto altri operai situati sul ponteggio lo avevano chiamato, chiedendogli di posizionare della calce; era inoltre risultato come la zona ove si era verificato l'evento, nella quale erano transitati anche altri operai, non fosse stata recintata.
La Corte d'Appello aveva ritenuto la sussistenza di un'ipotesi di coordinamento tra lavorazioni delle due società, essendo emerso dalle escussioni testimoniali come fossero presenti in cantiere operai di entrambe le ditte.
Per quanto concerne le omissioni rimproverate agli imputati, la Corte d'Appello aveva innanzitutto evidenziato, in primo luogo, la mancanza di un piano di sicurezza e coordinamento, atto a regolamentare tutte le fasi lavorative da svolgere in sinergia tra le maestranze della società, nonché la circostanza per cui gli operai non avessero ricevuto disposizioni in ordine alle modalità di invio della calce e dei blocchetti di tufo ai piani sovrastanti.
Inoltre, il coordinatore per la sicurezza non aveva acquisito il P.O.S. dell'impresa subappaltatrice né adottato alcuna misura prima dell'inizio dei lavori, quale la delimitazione dell'area di carico o la predisposizione di argini idonei a scongiurare la caduta di materiale al passaggio sotto l'impalcatura.
Infine, gli operai, che non indossavano il casco, non erano stati adeguatamente formati circa l'operazione, da eseguire con particolare cautela, di caricamento della carriola e non erano stati loro impediti la permanenza ed il transito sotto i carichi sospesi.
La Corte di Cassazione, con la propria motivazione, ha innanzitutto ripercorso i più importanti principi giurisprudenziali in materia, rilevando che:
a) con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto d'appalto o di prestazione d'opera, (richiamando la Sentenza n. 4644/19, della stessa Quarta Sezione) "committenti e datori di lavoro delle imprese esecutrici sono entrambi titolari di obblighi partitamente assegnati e contenutisticamente differenziati, di talché le trasgressioni dell'uno non si riflettono in un esonero dell'altro, salva un'eventuale risolutiva incidenza sul piano causale";
b) in caso di subappalto, "il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, la congruenza dei piani operativi di sicurezza delle imprese esecutrici rispetto al proprio, nonché l'applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza e coordinamento"; in assenza di tale ultimo piano, egli ha il dovere di "attivarsi, richiedendolo immediatamente al committente oppure rifiutandosi di conferire il subappalto" (IV Sez., 10544/18);
c) qualora i lavori in subappalto siano eseguiti all'interno di un unico cantiere edile, predisposto dall'appaltatore, il dovere di osservanza delle norme antinfortunistiche è posto a capo di "tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore, interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, il quale ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali" (III Sez, 19505/13).
Tanto premesso, il Collegio ha ritenuto di dover confermare la penale responsabilità di entrambi i ricorrenti.
Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai sensi degli artt. 89 comma 1, lett. f e 92 D. Lgs. 81/08, era infatti tenuto a verificare l'idoneità del P.O.S. di ciascuna impresa, sia in relazione al P.S.C. sia in rapporto ai lavori da eseguirsi, senza che la sua responsabilità potesse dirsi esclusa a causa della mancata redazione del piano di sicurezza e coordinamento.
Il coimputato, invece, in qualità di legale rappresentante della società affidataria dei lavori, era stato correttamente ritenuto responsabile dai giudici di merito per non aver provveduto, da un lato, a delimitare l'area in cui si verificò il sinistro, onde impedire la permanenza ed il transito di operai sotto i carichi sospesi, predisponendo inoltre un meccanismo di protezione avverso cadute accidentali di materiali dall'alto nella zona in cui si operava con l'argano.
Inoltre, l'appaltatore avrebbe dovuto, stante l'obiettiva pericolosità dei lavori, pianificare i medesimi all'interno del cantiere in modo da evitare che durante l'esecuzione del piano potessero crearsi situazioni di rischio per gli operai delle due ditte; la circostanza, infatti, per cui la persona offesa dovesse stazionare nella zona di operatività dell'argano non aveva fatto venir meno l'obbligo dell'appaltatore di predisporre una barriera protettiva avverso il rischio di caduta accidentale di materiale dall'alto.