La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 1091, pronunciata all'udienza del 15 dicembre 2022, ha affermato il principio per cui è da considerarsi valida la querela presentata da soggetto inizialmente privo di poteri rappresentativi della persona offesa che si trovi in stato di infermità, quando il querelante venga successivamente investito della nomina a curatore speciale ex art. 121 c.p..
Il fatto.
Il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Bari proponeva ricorso per cassazione avverso la Sentenza con cui la locale Corte di appello - in riforma della sentenza di condanna nei confronti di un imputato per il reato di lesioni personali - aveva dichiarato l'improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela, revocando le statuizioni civili.
Nella fattispecie, il figlio di una persona anziana, affetta da demenza senile, aveva sporto querela, al fine di denunciare i maltrattamenti patiti dalla propria madre ad opera di un operatore sanitario alle dipendenze della casa di cura ove la donna era ricoverata. Successivamente, con provvedimento emesso dal Giudice per le Indagini preliminari, egli era stato nominato curatore speciale della madre ex artt. 121 c.p. e 338 c.p.p., e si era costituito parte civile nel processo penale in seguito instaurato.
La Corte di appello di Bari aveva rilevato come il reato di lesioni personali in contestazione fosse procedibile a querela di parte, e come tale condizione di procedibilità mancasse, atteso che la querela era stata presentata dal figlio della vittima, privo della necessaria procura speciale.
Tramite il proprio ricorso, il Procuratore generale rilevava, invece, come la querela fosse stata presentata dal figlio di una persona offesa versante in una condizione di incapacità, essendo la medesima affetta da demenza senile. Sebbene in tale momento il querelante non avesse una procura speciale, tuttavia lo stesso era stato successivamente nominato curatore speciale, circostanza idonea a validare la querela in precedenza proposta.
La decisione.
La Suprema Corte ha, innanzitutto, rilevato come nell'atto di querela fosse stata avanzata dal figlio della vittima - contestualmente alla richiesta di punizione del colpevole - istanza per la nomina a curatore speciale ai fini di cui all'art. 338 c.p.p., rappresentando la situazione della madre, persona incapace, per infermità, a esercitare i propri diritti (e poi deceduta nel corso del processo). Tale istanza, si è rilevato, vale quale sollecitazione al P.M. affinché il medesimo attivi la procedura di cui al medesimo art. 338 c.p.p..
Ciò posto, i giudici di legittimità hanno ritenuto errata la decisione della Corte di appello con cui la medesima aveva ritenuto il difetto di querela.
Sul punto, la Suprema Corte ha innanzitutto osservato come l'art. 121 c.p. preveda, tra l'altro, che, quando la persona offesa è inferma di mente, e non v'è chi ne abbia la rappresentanza, il diritto di querela è esercitato da un curatore speciale. La nomina del curatore speciale per la querela è invece disciplinata dall'art. 338 c.p.p. a mente del quale: "Nel caso previsto dall'art. 121 del codice penale, il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno in cui è notificato al curatore speciale il provvedimento di nomina" (comma 1).
La competenza a provvedere alla nomina del curatore speciale spetta invece al Giudice per le indagini preliminari del luogo in cui si trova la persona offesa, su richiesta del Pubblico Ministero (comma 2), ovvero al giudice che procede allorchè la necessità della nomina sopravvenga in un momento successivo alla presentazione della querela (comma 5).
I giudici di legittimità hanno quindi affermato come la nomina a curatore speciale abbia prodotto l'effetto di integrare il presupposto di legittimazione per la presentazione della istanza punitiva, tempestivamente depositata una settimana dopo il fatto. Il difetto di rappresentanza sussistente al momento del deposito della querela, si è infatti rilevato, è stato sanato attraverso il successivo conferimento giudiziale del relativo potere.
La Corte ha perciò ritenuto come solamente "un'interpretazione inutilmente formalistica" - e ben distante dagli approdi giurisprudenziali ispirati al principio del favor querelae e alla libertà di forma -potrebbe imporre ad un soggetto che si trovi nella posizione del figlio della persona offesa, di ripresentare, dopo la nomina a curatore speciale, la medesima querela in precedenza sporta.
A sostegno di tale assunto, la Corte di Cassazione ha evidenziato come meccanismi simili, ossia la possibilità di rimediare in itinere ad eventuali difetti di rappresentanza, siano previsti anche dal codice di procedura civile (art. 182, comma 2, c.p.c.) e come numerose siano le pronunce delle sezioni civili della Corte di Cassazione che a tale istituto fanno riferimento (tra le ultime, Sez. 3 civ., n. 2460 del 04/02/2020, in tema di vizio di rappresentanza del minore). L'art. 182 c.p.c., infatti, mira a determinare una sanatoria ex tunc dei vizi di costituzione o di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, così da evitare che il processo si concluda con una pronuncia sfavorevole di mero rito. La dottrina si esprime, al riguardo, nei termini di "provvidenze sananti", le quali garantiscono il diritto d'azione, facendo in modo che il processo, per quanto possibile, pervenga a una decisione di merito.
Stanti tali osservazioni, la Corte ha dunque affermato il principio di cui in premessa, prendendo altresì in esame quanto statuito, in argomento, dalla Sentenza della Seconda Sezione Penale della Corte di cassazione, n. 35023 del 09/10/2020, Lo Grande, in tema di ratifica della querela proposta da soggetto non legittimato, secondo cui: "E' valida la querela presentata da soggetto non legittimato in presenza di tempestiva ratifica da parte del soggetto legittimato, implicando tale atto successivo il recepimento integrale, con effetto "ex tunc", della manifestazione di volontà contenuta nell'atto precedente". I giudici di legittimità hanno ritenuto come tale statuizione non confuti, ma semmai confermi, il principio dai medesimi affermato, condividendone la ratio: i requisiti di legittimazione possono intervenire, infatti, anche successivamente alla presentazione della querela e producono efficacia sanante ex tunc.
La Corte ha infine osservato come nel caso in esame, la sussistenza e permanenza della volontà di chiedere la punizione del colpevole sia stata, d'altra parte, dimostrata dalla successiva costituzione di parte civile. Infatti, secondo ius receptum, la volontà di punizione non richiede formule particolari e può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione (Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza) come ad esempio la costituzione di parte civile, nonchè nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (Sez. 2, n. 19077 del 03/05/2011, Maglia; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014, Anzalone; Sez. 5, n. 21359 del 16/10/2015, dep. 2016, Giammatteo; Sez. 5, n. 29205 del 16/02/2016, Rahul Jetrenda).
Sulla base di tali motivazioni, la Corte ha dunque annulato con rinvio la sentenza impugnata.