In tema di diritto penale militare, la II Sezione Penale della Suprema Corte, con la Sentenza n. 20136, pronunciata all'udienza dell'11 aprile 2018 (deposito motivazioni in data 8 maggio 2018), ha preso in esame il tema delle condizioni per la sussistenza della giurisdizione militare nell'ambito dei reati contro il patrimonio.
Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso presentato dall'imputato avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Milano aveva confermato la pronuncia di primo grado, che aveva condannato il ricorrente per i reati di cui agli artt. 640 comma 2, 477 e 482 c.p..
Con il proprio ricorso, l'imputato aveva eccepito il difetto di giurisdizione, in quanto, oltre ad essere pacifica la sua qualità di militare, gli enti indotti in errore erano stati l'INPDAP ed il Ministero della Difesa. Inoltre, si era rilevato come le provviste di denaro dell'ente previdenziale derivassero proprio da tale Ministero, essendo la previdenza del militare sostenuta da trattenute alla fonte, compiute dal dicastero, che storna direttamente la quota previdenziale della retribuzione del militare, per poi versarla all'ente previdenziale. Pertanto - si era sostenuto nel ricorso - danneggiati dalla condotta dell'imputato erano i militari, con conseguente giurisdizione speciale del Tribunale militare.
Ancora, il ricorrente aveva osservato come il danno non fosse meramente pecuniario, ma si riferisse ad attività lavorativa non fornita al Ministero della Difesa.
Infine, il ricorrente aveva evidenziato come il reato di truffa sia sanzionato con la medesima pena del reato di truffa militare, e come invece il reato di falso presenti una pena inferiore: anche, quindi, in virtù di tale aspetto, si era chiesto di dichiarare la giurisdizione militare.
La Suprema Corte ha innanzitutto rilevato come, per consolidata giurisprudenza, ai fini della qualificazione della condotta di un imputato quale "reato militare" (come la truffa ex art. 234 c.p.m.p.), è necessario che rivestano la qualità di militare sia il soggetto attivo del reato sia quello passivo. Tanto si può affermare anche per la truffa "militare", la cui fattispecie prevede, al primo comma, che il danno venga arrecato ad un altro militare e, nella fattispecie aggravata di cui al comma secondo, che il fatto sia commesso in danno dell'amministrazione militare.
Si è inoltre osservato come, nell'ambito di un delitto contro il patrimonio come quello in oggetto, non possa essere considerata nessun altra tipologia di danno, oltre a quello relativo alla diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del reato in seguito alla condotta criminosa: pertanto, non è possibile allargare l'ambito applicativo della norma, così da considerare tipologie diverse di lesione.
Venendo alla fattispecie concreta, la Corte ha rilevato come l'ente in danno del quale era stata commessa la truffa fosse l'INPDAP (oggi INPS), ente estraneo all' amministrazione militare; nel contempo, è da considerarsi privo di rilevanza il fatto per cui le somme che confluiscono nell'ente siano versate dal Ministero della Difesa, posto che ciò non trasforma l'ente in militare. Infine - hanno osservato i giudici di legittimità - non si può affermare che il danno sia subito dai militari, poiché le pensioni dei militari non risentono in alcun modo della maggiore erogazione di somme date all'imputato.
Infine, la Suprema Corte ha evidenziato come possa essere dichiarata la giurisdizione militare qualora il danno incida anche sul corpo di appartenenza; tuttavia, nella fattispecie in esame, le somme erano state percepite, su erogazione dell'INPDAP a titolo di indennità di malattia e incamerate direttamente dall'imputato, e non erano quindi inerenti all'attività del corpo militare.
Pertanto, il danno era stato interamente subito non dall'amministrazione militare, ma da un ente pubblico diverso e ad essa estraneo.
La Corte di Cassazione ha dunque dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la sussistenza della giurisdizione ordinaria.