La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 24885, pronunciata all'udienza dell'11 maggio 2023 (deposito motivazioni in data 8 giugno 2023), ha preso in esame la questione concernente la rilevanza dell'adempimento parziale degli obblighi di mantenimento in relazione alla configurabilità del reato di cui all'art. 570 comma 2 c.p..
Il fatto.
Un imputato proponeva ricorso avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Salerno ne aveva confermato la penale responsabilità per i reati di cui agli artt. 570 comma 2 c.p. e 3 l. 8 febbraio 2006, n. 54.
Tramite il proprio ricorso, l'imputato lamentava violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dello stato di bisogno conseguente all'omesso integrale versamento dell'assegno di mantenimento, stabilito, in sede di provvedimenti presidenziali, nella misura di Euro 3.500,00, poi ridotta sino ad euro 2.500. La stessa parte civile aveva, infatti, confermato in dibattimento di aver sempre ricevuto il versamento dell'assegno mensile, pur se in misura notevolmente ridotta rispetto all'importo quantificato. A fronte, pertanto, del regolare versamento di cospicue somme mensili, anche se inferiori rispetto a quanto stabilito dal giudice, sarebbe stato necessario un puntuale accertamento in ordine alla effettiva sussistenza di uno stato di bisogno, cagionato dal parziale inadempimento.
La decisione.
La Corte di Cassazione ha, dapprima, rilevato come la Corte di appello abbia motivato la conferma della sentenza di condanna richiamando la consolidata giurisprudenza secondo cui l'omesso versamento dell'assegno in favore dei figli minori determina, di per sé, lo stato di bisogno.
Tale principio - hanno riconosciuto i giudici di legittimità - risulta astrattamente condivisibile, ma deve comunque tener conto della peculiarità del caso di specie, nel quale non vi era stata la totale omissione del versamento dell'assegno, ma il costante adempimento in misura che, sia pur notevolmente ridotta, aveva, tuttavia, sempre avuto una considerevole rilevanza economica (l'imputato aveva versato inizialmente Euro 800,00, e l'importo corrisposto era in seguito cresciuto fino a Euro 2.100,00).
Nel caso del versamento parziale, infatti, ha affermato il Collegio, non può ritenersi che lo stato di bisogno sia desumibile in re ipsa dalla minore età dei soggetti beneficiari (sul punto, Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014); deve invece richiamarsi il principio secondo il quale, ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, nell'ipotesi di corresponsione parziale dell'assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, il giudice penale deve accertare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire ai beneficiari, tenendo inoltre conto di tutte le altre circostanze del caso concreto, dovendosi escludersi ogni automatica equiparazione dell'inadempimento dell'obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale (Sez.6, n. 15898 del 4/2/2014; Sez.2, n. 24050 del 10/2/2017).
E' pur vero, infatti, come recentemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che integra la fattispecie delittuosa prevista dall'art. 570 comma 2, n. 2 c.p., anche l'inadempimento parziale dell'obbligo di corresponsione dell'assegno alimentare quando le somme versate non consentano ai beneficiari di far fronte alle loro esigenze fondamentali di vita, quali vitto, alloggio, vestiario ed educazione (Sez.6, n. 1879 del 4/11/2020, dep.2021; Sez.6, n. 13900 del 28/3/2012); sul punto, è stato, peraltro ribadito come la condotta sanzionata dall'art. 570 comma 2, c.p., presupponga uno stato di bisogno, nel senso che l'omessa assistenza deve avere l'effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l'obbligo di mantenimento né con quello alimentare, aventi una portata più ampia (Sez.U, n. 23866 del 31/1/2013). L'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione ha, infatti, la precipua finalità di garantire al coniuge ed ai figli il mantenimento del medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e, quindi, il parametro di riferimento è ben diverso dalla nozione di "stato di bisogno" che richiama l'assolvimento delle esigenze primarie.
Tuttavia, qualora l'assegno di mantenimento sia versato, sia pur in parte, in maniera costante e tale da garantire un apporto continuativo in favore del coniuge e dei figli minori, ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 570 comma 2 c.p., occorre procedere, hanno osservato i giudici di legittimità, all'effettiva verifica dell'idoneità dell'adempimento parziale a soddisfare le esigenze primarie dei beneficiari e, in particolare, dei figli minori, non potendosi far discendere dal mero inesatto adempimento la configurabilità del reato in assenza dell'accertamento dello stato di bisogno. Da ciò deriva il corollario per cui il sostanziale automatismo tra induzione in stato di bisogno ed omesso versamento dell'assegno in favore dei figli minori non può estendersi anche alla diversa ipotesi del parziale inadempimento.
Ciò premesso, la Corte di Cassazione ha rilevato come i giudici di merito siano incorsi, nel caso di specie, nel lamentato vizio di motivazione, non avendo essi distinto tra omesso ed inesatto adempimento, e sottraendosi, in tal modo, alla verifica della ricorrenza dello stato di bisogno. Tale accertamento era invece da considerarsi ancor più necessario a fronte della circostanza per cui la stessa persona offesa aveva riferito di versamenti costantemente eseguiti, sia pur in maniera inferiore al dovuto. Peraltro, il minor importo versato non era affatto marginale, avendo l'imputato corrisposto un importo crescente nel tempo, sino ad una somma di poco inferiore alla misura dell'assegno definitivamente statuita in sede civile. Peraltro, si è ancora rilevato, proprio in considerazione del fatto che gli importi versati erano mutati nel tempo, la valutazione dello stato di bisogno doveva essere riferita ai singoli periodi, ben potendo ipotizzarsi che - quanto meno in concomitanza con le mensilità in cui il versamento era comunque consistente - le esigenze primarie della famiglia venissero garantite.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte ha dunque disposto l'annullamento con rinvio, prescrivendo al giudice di merito di procedere alla verifica dell'esistenza o meno dello stato di bisogno, tenendo conto delle esigenze dei soggetti beneficiati e degli importi crescenti nel tempo versati dall'imputato e di rivalutare la complessiva contestazione, potendo infatti configurarsi la meno grave ipotesi del reato di omesso versamento dell'assegno di mantenimento ex art. 570 bis c.p. (originariamente contemplata dall'art. 3 L. n. 54 del 2006, ed attualmente trasfusa nell'art. 570-bis c.p.). Tale ipotesi di reato, infatti, a differenza di quella contemplata dall'art. 570 comma 2 c.p., , è integrata per effetto del mero omesso versamento dell'assegno e, quindi, a prescindere dalla ricorrenza o meno dello stato di bisogno.