In materia di reati tributari, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 2794, pronunciata all'udienza dell'11 gennaio 2024 (deposito motivazioni in data 23 gennaio 2024), ha preso in esame la questione concernente il momento consumativo e la natura giuridica del delitto di indebita compensazione di cui all'art. 10 quater D. Lgs. 74/00, ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente.
Il fatto.
Il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Milano trasmetteva, con ordinanza ex art. 24 bis c.p.p., gli atti alla Corte di Cassazione al fine di risolvere la questione di competenza sollevata dalla difesa dell'imputato, cui era contestato il reato di cui all'art. 10 quater d.lgs. n. 74 del 2000, per non aver versato, quale legale rappresentante di una Srl, le somme dovute per il periodo di imposta 2019, procedendo ad indebite compensazioni con crediti inesistenti.
L'ultimo modello F24 con cui erano state effettuate le compensazioni era stato presentato presso la filiale di una banca sita nell'area di competenza del Tribunale di Avellino. Secondo il difensore dell'imputato, pertanto, la competenza per territorio doveva essere radicata proprio presso tale Tribunale, per effetto del pagamento avvenuto presso la banca.
Il Giudice dell'udienza preliminare rilevava, sul punto, un contrasto giurisprudenziale, osservando come, secondo l'orientamento espresso dalla Terza Sezione Penale della Suprema Corte, con la Sentenza n. 2351 del 20/01/2023, la competenza territoriale dovesse essere radicata presso l'autorità giudiziaria di Avellino, atteso che, ai fini della consumazione del reato, (eventualmente) prolungata, occorrerebbe far riferimento all'ultimo F24 con cui è stata eseguita la compensazione illecita.
Nell'ipotesi, invece, in cui si fosse ritenuto di dare seguito alla tesi del reato omissivo istantaneo, espressa, da ultimo, dalla stessa Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con le Sentenze n. 6529 del 19/02/2020, n. 25317 del 31/05/2022 e n. 42307 del 09/11/2022, criterio dirimente avrebbe dovuto essere quello del luogo di accertamento del reato, nel caso di specie ricadente nell'area di competenza del Tribunale di Milano.
La decisione.
I giudici di legittimità hanno in primis rilevato come l'art. 10 quater del d.lgs. n. 74 del 2000 preveda che: "1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 , crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila Euro. 2. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila Euro".
Ciò posto, la Suprema Corte ha preso in esame quanto affermato dalla Sentenza Magnozzi, n. 6529 del 12/12/2019, dep. 2020, la quale, partendo dalla qualificazione del delitto quale reato omissivo istantaneo, ha affermato il principio per cui, ai fini della determinazione della competenza per territorio per il delitto di indebita compensazione, atteso che l'obbligazione tributaria può essere adempiuta presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato, nella conseguente impossibilità di fare riferimento al luogo di consumazione di cui all'art. 8 c.p.p., il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato di cui all'art. 18 comma 1 d.lgs. n. 74/2000, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 c.p.p..
La successiva giurisprudenza di legittimità menzionata dal Giudice dell'udienza preliminare, collocantesi nell'ambito di tale orientamento (Sez. 3, n. 25317/2022, Cimmino; Sez. 3, n. 42307/2022, Marchetti) ha ribadito il principio relativo alla competenza per territorio, ma non ha più affrontato la questione relativa alla natura giuridica del reato.
La tesi della qualificazione del delitto quale reato omissivo istantaneo, espressa dalla sentenza Magnozzi, ha quindi osservato la Corte, è rimasta isolata; altra giurisprudenza - segnatamente Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 2019, Cappello - ha invece affermato che il delitto di indebita compensazione di cui all'art. 10 quater, d.lgs. 74/2000 si consuma al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.
In motivazione, si è precisato, nella Sentenza Cappello, che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione, da parte del contribuente, di una dichiarazione annuale, a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all'art. 4 del medesimo d.lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all'Iva.
La Suprema Corte ha ritenuto, nel caso di specie, di dare seguito a tale ultimo orientamento. I giudici di legittimità hanno, infatti, osservato come la condotta di compensazione avvenga mediante l'utilizzo del mod. F24, come emerge dalla struttura dell'art. 10 quater d.lgs. n. 74/00, che richiama l'art. 17 del d.lgs. 9.7.97, n. 241, disciplinante i versamenti unificati di Tributi, contributi, premi e altre entrate, nonché dei relativi interessi e sanzioni, e la possibilità di compensare i debiti e crediti dei tributi, contributi, premi ed altre entrate oggetto di versamento unificato. I versamenti unificati e l'eventuale compensazione avvengono mediante l'utilizzo degli appositi modelli F24, come indicato proprio dall'art. 17 del d.lgs. n.241 del 1997, e dal successivo art. 19.
La giurisprudenza successiva alla sentenza Magnozzi, si è quindi rilevato, risulta in linea con i principi espressi dalla sentenza Cappello.
Sul punto, si è dapprima la sentenza della Terza Sezione Penale della Suprema Corte n. 23027 del 23/06/2020, Mangieri, la quale ha statuito come il delitto di indebita compensazione si consumi al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. Non rilevano, pertanto, si è aggiunto in tale pronuncia, l'eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato ed il conseguente non aggiornamento del c.d. cassetto fiscale, in quanto tali operazioni, successive alla presentazione del modello indicato, sono soltanto ricognitive del rapporto obbligatorio tra Amministrazione e contribuente, senza alcun effetto costitutivo.
Più di recente, la Terza Sezione Penale è nuovamente intervenuta con la Sentenza n. 23962 del 10/02/2023, Monghese, la quale ha ribadito che il delitto de quo si perfeziona con la presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato; tale pronuncia ha, inoltre, osservato come, in conseguenza di tale momento di perfezionamento del reato, il profitto suscettibile di confisca, corrispondente alla somma non versata in conseguenza della condotta decettiva, debba essere calcolato avuto riguardo al momento in cui tale somma avrebbe dovuto essere versata, potendo determinare la corresponsione postuma della somma non versata una mera riduzione del quantum oggetto di confisca e la "sterilizzazione" dell'operatività della stessa, ove il contribuente si impegni a versare il dovuto entro i termini ammessi dalla legislazione tributaria di settore.
La Corte ha quindi ritenuto, in conclusione, come l'art. 10 quater, d.lgs. n. 74/00 punisca una condotta, costituita dall'omesso versamento delle somme dovute, che è tuttavia anche attiva, perché è attuata mediante l'utilizzo in compensazione, nel cd. modello F24, di crediti tributari non spettanti o inesistenti; tale condotta attiva è sanzionata penalmente, anche in maniera più severa rispetto ad altre, in ragione della sua specifica connotazione decettiva, funzionale a rendere più difficile l'accertamento dell'evasione fiscale.
La fattispecie in esame dev'essere, pertanto, qualificata come reato a consumazione (eventualmente) prolungata, e non come reato (eventualmente) permanente, in quanto può essere realizzato con una o più condotte, consistenti nell'utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti attraverso una o più presentazioni telematiche di modelli F24; quando è realizzato con più condotte, ciascuna di esse resta autonoma e materialmente distinta dalle altre, ponendosi con queste in rapporto di soluzione di continuità, senza determinare un'ininterrotta protrazione nel tempo della lesione dell'interesse protetto.
Con riferimento al caso di specie, ha osservato il Collegio, era stato accertato come l'ultimo modello F24 fosse stato presentato per il pagamento presso la filiale di una banca sita nell'area di competenza del Tribunale di Avellino, con conseguente consumazione del reato in tale territorio. Decidendo sul rinvio pregiudiziale ex art. 24 bis c.p.p., la Suprema Corte ha pertanto dichiarato la competenza del Tribunale di Avellino.