domenica 10 marzo 2024

La responsabilità dell'infermiere in ordine al controllo ed al conteggio di garze e altro strumentario in sede di intervento chirurgico.

 In materia di responsabilità sanitaria, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 8365, pronunciata all'udienza del 7 novembre 2023 (deposito motivazioni in data 27 febbraio 2024), ha preso in esame il tema relativo alla responsabilità dell'infermiere in ordine al controllo ed al conteggio dello strumentario chirurgico, ed in particolare delle garze.

Il fatto.

Le parti civili proponevano ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Bologna aveva confermato l'assoluzione perché il fatto non sussiste di due infermiere e tecniche di sala, in servizio presso una struttura ospedaliera, dal reato di cui agli artt. 113 e 590 c.p., in relazione all'art. 583, comma 1 n. 1, c.p., . 

Secondo la contestazione, le imputate, nel corso di un intervento chirurgico di sostituzione del generatore del pace­maker in uso, cui era stata sottoposta una paziente, per colpa nell'e­sercizio della loro attività professionale sanitaria, consistita nell'omettere l'attività di conteggio delle garze utilizzate durante l'intervento, e di quelle rimanenti al termine dello stesso, avevano cagionato alla donna lesioni personali gravi. L'omessa rimozione dalla tasca sottocutanea di una garza aveva, infatti, determinato l'insorgere di un processo infiammatorio ed infettivo prolungato, con conseguente necessità di ricorrere ad un altro intervento chirurgico di rimozione del dispositivo, bonifica della tasca ed impianto di un nuovo dispositivo in sede addominale.

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Più in particolare, nel corso dell'intervento di sostituzione del generatore del pacemaker, il medico era stato assistito dalle imputate, nella loro qualità di tecniche di sala. Nel pomeriggio dello stesso giorno, la paziente era stata dimessa, ma, a causa di ripetuti ed anomali sanguinamenti della ferita, la medesima era stata costretta a ricorrere a ricoveri e ad accessi in Ospedale nei due mesi successivi. Era stato, quindi, accertato un esteso processo flogistico­infettivo a carico della tasca di alloggiamento del nuovo pacemaker, per rimediare al quale si era reso necessario rimuovere il dispositivo e bonificare l'intera zona interessata. Durante il ricovero, avvenuto presso altro Ospedale, era stata rinvenuta, all'interno della tasca di alloggiamento del pace­maker, una garza ivi dimenticata durante il precedente intervento. 

A seguito di denuncia-querela sporta dalla paziente, il medico era stato ritenuto, in separato procedimento, responsabile del delitto di lesioni personali. Nei confronti delle infermiere e tecniche di sala era stata elevata un'imputazione coatta, per l'omessa attività di conteggio delle garze utilizzate durante l'intervento e di quelle rimanenti al termine dell'intervento stesso, condotta ritenuta dotata di efficacia causale rispetto all'evento. Secondo i giudici di merito, la presenza della garza rimasta nella tasca sotto­cutanea del pacemaker nel corso dell'intervento aveva provocato i disturbi lamentati dalla paziente; i chirurghi successivamente intervenuti, rimossa la garza, avevano fugato ogni dubbio sulla natura della garza e sulla necessità della sua rimozione nell'immediatezza dell'intervento prima della dimissione della paziente. Secondo il consulente tecnico del pubblico ministero, il chirurgo non aveva rimosso la garza, e le garze non erano state conteggiate, in quanto la scheda di conta-garze non era stata compilata e mancava una descrizione dell'intervento. Secondo il consulente tecnico delle imputate, le infermiere non erano obbligate a conteggiare le garze, per cui non potevano formularsi addebiti di colpa a loro carico, perché l'intervento di sostituzione del pacemaker era stato eseguito in una sala di elettrofisiologia e non all'interno di una sala operatoria. All'epoca dell'intervento, inoltre, il protocollo, in vigore nell'Ospedale interessato, per interventi del genere non prevedeva il conteggio delle garze ad opera delle infermiere.

Il ruolo di una delle infermiere era stato esterno, limitato all'assistenza della paziente con verifica del funzionamento degli elettrocateteri; l'altra era invece addetta al monitoraggio dei parametri vitali della paziente, ed era entrata nella sala al termine della procedura per praticare la medicazione. Nel corso dell'intervento (dall'apertura della tasca fino alla chiusura) le due infermiere non avevano avuto accesso al campo operatorio, in quanto addette solo a compiti di monitoraggio dei parametri vitali della paziente, loro assegnati in base al protocollo, senza supervisione dell'operato del medico.

La Corte d'Appello aveva ritenuto che il controllo della rimozione dei ferri spettasse all'intera equipe operatoria, cioè ai medici, responsabili del buon esito dell'operazione, anche con riferimento a tutti gli adempimenti connessi, e che esso non potesse essere delegato agli infermieri, aventi funzioni di assistenza ma non di verifica. Secondo i giudici felsinei, la dimenticanza della garza all'interno della tasca del pacemaker, da parte del medico impiantatore, costituiva una colpa grave, per violazione del dovere di diligenza nell'utilizzo delle garze laparotomiche, posizione di garanzia che non viene meno neppure nel caso di attribuzione ad un componente specifico dell'equipe operatoria del compito di conteggio. Il sanitario aveva, infatti, eseguito tutto l'intervento e, anche in assenza di una procedura di conta delle garze, avrebbe dovuto controllare diligentemente il loro utilizzo; sicché, anche se erano intrise di sangue e potevano non essere facilmente visibili, prima di suturare la zona dell'intervento (non di grandi dimensioni), avrebbe dovuto control­lare accuratamente che la strumentazione e le garze utilizzate fossero state rimosse.

Le infermiere, dal canto proprio, avevano osservato i giudici d'appello, non avevano avuto accesso al campo operatorio. Questo era rimasto sotto la cura del medico, la cui responsabilità era, perciò, da ritenersi evidente, a prescindere dal dato della materiale introduzione della garza e dal grave errore derivante dalla mancata efficace ricognizione del campo operatorio prima della chiusura dell'intervento. Ella aveva effettuato l'intervento senza richiedere l'assistenza delle due infermiere, in quanto addette ad altri compiti. Ai fini dell'apprezzamento della partecipazione di entrambe le imputate all'atto operatorio, costituente premessa imprescindibile della loro affermazione di responsabilità, nella sentenza di primo grado si era rilevato che una aveva svolto un ruolo esterno al campo operatorio, in quanto non aveva indossato neppure la mascherina e la cuffia, ed aveva assistito la paziente, a cui aveva accesso dalla parte destra, con davanti un telo sterile, intervenendo per la somministrazione di farmaci antibiotici e per il controllo del funzionamento degli elettrocateteri collegati ad un dispositivo esterno. L'altra, posta alla sinistra del medico, aveva svolto il compito di assistenza, provvedendo - principalmente - a passare il materiale richiesto (pinze e garze) e a control­lare il monitoraggio elettrocardiografico (pressione e parametri vitali). Si era, quindi, ritenuto che le due infermiere non avessero assunto una posizione di garanzia nei confronti della paziente in ordine all'intervento di sostituzione del pacemaker, non avendo materialmente partecipato all'intervento chirurgico - atteso che le modalità di incisione e di chiusura della ferita erano da considerarsi di esclusiva pertinenza del medico impiantatore - e non essendo le imputate destinatarie di obblighi di controllo sull'attività del medico chirurgo.

Infine, si era rilevato come le imputate non conoscessero la paziente, e non avessero avuto modo di seguirla per il decorso post-operatorio, rimasto sotto la cura del medico, la cui responsabilità era, perciò, centrale, anche prescindendo dal dato della materiale introduzione della garza da lei stessa eseguita e dal grave errore derivante dalla mancata efficace ricognizione del campo operatorio prima della chiusura dell'intervento.

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Tramite i propri motivi di ricorso, le parti civili lamentavano violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 32 Cost., 40 e 113 c.p., in relazione alla mancata individuazione della posizione di garanzia e protezione del bene della salute della paziente affidata alle infermiere.

In primis, si osservava, la responsabilità penale va estesa a tutti i membri dell'équipe medica, i quali non osservino le regole di diligenza e perizia connesse alle mansioni svolte e non ottemperino al dovere di valutare l'attività degli altri componenti, al fine di porre rimedio ad errori evidenti per un professionista medio.

La Corte di merito aveva, invece, subordinato la responsabilità penale delle imputate alla duplice contemporanea sussistenza delle seguenti condizioni: a) una loro materiale partecipazione alle modalità dell'incisione, ovvero a quelle della sutura della ferita; b) la contemporanea sussistenza dell'obbligo giuridico di controllo dell'attività del medico chirurgo. Le ricorrenti contestavano, pertanto, la ricostruzione dogmatica della categoria dei reati colposi omissivi impropri, sottesa alla decisione impugnata, essendosi essa caratterizzata per il fatto di far derivare la posizione di garanzia e/o protezione del bene salute della paziente affidata alle infermiere, anziché dall'art. 32 Cost., dalla materiale partecipazione ad un'attività di esclusiva pertinenza di altro e differente professionista sanitario, e dalla contemporanea sussistenza o meno di un obbligo giuridico di controllo sull'attività di detto professionista.

L'abbandono di una garza all'interno del paziente dovrebbe, invece, essere attribuita alle concorrenti condotte colpose del chirurgo, dell'infermiere ferrista e dell'infermiere assistente di sala, che con il secondo condivide l'obbligo della conta di garze ed altri strumenti chirurgici. Infatti, il chirurgo, e l'equipe che a lui fa capo, devono evitare di dimenticare corpi estranei nei pazienti operati, adottando, a tal fine, ogni cautela possibile e ciò è tanto più vero qualora manchino procedure codificate di conta delle garze. La Corte territoriale, lamentavano ancora le parti civili, non aveva valutato, sul punto, le Raccomandazioni Ministeriali, le linee guida accreditate presso la comunità scientifica e le regole cautelari inerenti alla prevenzione della ritenzione di garze ed altro materiale all'interno delle ferite chirurgiche.

In secondo luogo, le ricorrenti contestavano la valutazione delle dichiarazioni del consulente del Pubblico Ministero, le quali risultavano intrinsecamente contraddittorie, tanto da compromettere la coerenza logica della sentenza. Egli aveva, infatti, sostenuto erroneamente che la mancata previsione della procedura di conta delle garze nel Protocollo vigente all'epoca dei fatti era tale da escludere la negligenza del personale infermieristico per omissione; poco dopo, però, aveva affermato esattamente il contrario: dopo il richiamo delle migliori linee guida accreditate presso la comunità scientifica e delle molteplici Raccomandazioni Ministeriali, aveva rilevato la costante presenza del foglio di conta delle garze in tutte le aziende ospedaliere in caso di esecuzione di un intervento, dal più banale al più articolato; aveva, infine, riferito che, in caso di una garza accidentalmente smarrita, finché essa non sia trovata, è necessaria la permanenza in sala operatoria, senza procedere alla sutura del paziente; e che la conta delle garze avrebbe evitato il verificarsi dell'evento lesivo.

Ancora, le parti civili censuravano la motivazione della Corte d'Appello, nella parte in cui aveva ritenuto di minima rilevanza la condotta delle imputate, con particolare riferimento alla circostanza della mancanza di accesso delle infermiere al campo operatorio. Dato per accertato il fatto che le infermiere si fossero astenute dal mettere le dita all'interno della ferita chirurgica, come praticata dall'incisione del bisturi da parte del medico, era impossibile, si rilevava, comprendere il nesso ed il rilievo causale di tale circostanza con il differente profilo concernente la mancata esecuzione della procedura di conta delle garze - attività tipicamente ed autenticamente infermieristica - totalmente omessa.

La Raccomandazione del Ministero della Salute n. 2/2008.

La Suprema Corte ha, in primis, rilevato come la Raccomandazione del Ministero della Salute n. 2/2008, per la prevenzione della ritenzione all'interno del sito chirurgico di garze, strumenti o altro materiale chirurgico, trovi applicazione "in tutte le sale operatorie" e da parte di "tutti gli operatori sanitari coinvolti nelle attività chirurgiche"Si tratta, hanno osservato i giudici di legittimità, di previsioni indirizzate a formalizzare il controllo del campo operatorio, in modo da tendere ad evitare eventi avversi (cd. eventi sentinella), dovuti a difetti della sua ispezione finale, facilitando "l'emersione della mancata corrispondenza fra il materiale utilizzato e quello estratto".

Tale Raccomandazione delinea una procedura che scandisce i momenti e le operazioni, e precisa che il conteggio ed il controllo dello strumentario devono essere effettuati dal personale infermieristico (strumentista, infermiere di sala) o da operatori di supporto, preposti all'attività di conteggio; il chirurgo, invece, "verifica che il conteggio sia stato eseguito e che il totale di garze utilizzate e rimanenti corrisponda a quello delle garze ricevute prima e durante l'intervento" (par. 6). Si stabilisce, inoltre, che la procedura di conteggio deve essere effettuata "a voce alta" e "da due operatori contemporaneamente (strumentista, infermiere di sala, operatore di supporto)".

La Corte ha, dunque, osservato che, secondo quanto previsto dalla Raccomandazione, se il materiale conteggio in entrata ed in uscita delle garze e degli strumenti adoperati è materialmente affidato al personale infermieristico, che deve provvedervi secondo le modalità previste (a voce alta ed in due persone), nondimeno, tutti gli operatori coinvolti nell'atto chirurgico debbono assicurare l'adempimento degli oneri di controllo rivolti a scongiurare l'evento avversoLa Raccomandazione delinea, pertanto, un sistema che prevede la verifica del sanitario sul con­trollo delle garze, ma l'esecuzione materiale - suddivisa in più fasi - risulta affidata all'esecuzione materiale da parte del personale infermieristico.

La responsabilità del personale sanitario in ordine al controllo dello strumentario chirurgico nella giurisprudenza di legittimità.

Tanto premesso, il Collegio ha preso in esame quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo al tema della responsabilità medica del chirurgo in situazioni analoghe al caso di specie. 

Sul punto, si è osservato che il capo dell'equipe medico-chirurgica ha il dovere, da valutarsi alla luce delle particolari condizioni operative, di controllare il conteggio dei ferri utilizzati nel corso dell'intervento e di verificare con attenzione il campo operatorio prima della sua chiusura, al fine di evitare l'abbandono in esso di oggetti facenti parte dello strumentario (Sez. 4, n. 53453 del 15/11/2018, Di Marco, in fattispecie relativa all'omessa rimozione di una garza dalla cupola vaginale della paziente; Sez. 4, n. 34503 del 25/05/2016, Cannariato, in fattispecie relativa alla omessa rimozione di una garza dall'addome del paziente). Egli, inoltre, ha il dovere di diligenza nell'utilizzo delle garze laparotomiche, il quale non viene meno in caso di attribuzione ad un componente specifico dell'equipe operatoria del compito di provvedere al loro conteggio; né può escludersi la colpa in caso di abbandono anticipato dell'equipe, qualora si tratti di intervento ad alto rischio e l'allontanamento non sia giustificato da pressanti ed urgenti necessità professionali (Sez. 4, n. 54573 del 20/07/2018, Balestra, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito che, in un caso di omessa rimozione di una garza dalla cavità pleurica del paziente, aveva ravvisato la responsabilità del secondo operatore che, subentrato ad operazione iniziata e dopo aver partecipato ad un rilevante segmento della stessa, aveva abbandonato la sala operatoria prima della conclusione dell'intervento).

La responsabilità del chirurgo, tuttavia, ha affermato la Corte, non esclude quella degli altri componenti dell'equipe. Del decesso del paziente risponde, infatti, secondo un consolidato principio giurisprudenziale, ogni componente dell'equipe, che non osservi le regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, e che venga, peraltro, meno al dovere di conoscere e valutare le attività degli altri medici in modo da porre rimedio ad eventuali errori che, pur posti in essere da altri, siano evidenti per un professionista medio (Sez. 4, n. 33619 del 12/07/2006, Iaquinta, Rv. 234971).

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Con riguardo alla colpa professionale dell'infermiere, si è rilevato come, in linea generale, la consolidata giurisprudenza di legittimità abbia affermato che questi è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, gravando sullo stesso un obbligo di assistenza effettiva e continuativa del soggetto ricoverato, atta a fornire tempestivamente al medico di guardia un quadro preciso delle condizioni cliniche ed orientarlo verso le più adeguate scelte terapeutiche (Sez. 4, n. 21449 del 25/05/2022, Bisogni: in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure l'affermazione di responsabilità dei due infermieri di turno in reparto per la morte del paziente, con evidenti sintomi di edema, conseguente all'omessa attività di monitoraggio dei parametri vitali nella immediata fase post-operatoria).

Nello stesso senso, si è, inoltre, affermato che l'infermiere, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, è ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell'obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l'integrità, per l'intero tempo del turno di lavoro (Sez. 4, n. 39256 del 29/03/2019, Par­khomenko: in applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure il riconoscimento di responsabilità operato dalla sentenza impugnata, a titolo di omicidio colposo, di un'infermiera in servizio presso una residenza assistita, per avere omesso di eseguire ed attivare le dovute ricerche di una paziente disabile, notoriamente dedita all'uso di sostanze alcoliche, che, non rientrata in camera da letto dopo cena, era morta nella notte per assideramento, dopo essere caduta a terra nel tragitto tra un padiglione e l'altro della struttura).

Ancora, si è evidenziato che l'infermiere specializzato ha il dovere di attendere all'attività di somministrazione dei farmaci in modo non meccanicistico, ma collaborativo con il personale medico, orientato in termini critici, al fine non di sindacare l'operato del medico, bensì per richiamarne l'attenzione su errori percepiti, ovvero per condividere gli eventuali dubbi circa la congruità o la pertinenza della terapia stabilita (Sez. 4, n. 2192 del 10/12/2014, dep. 2015, Leonardi; in applicazione del principio, la Corte ha confermato la sentenza di condanna per omicidio colposo a carico dell'infermiere professionale, con funzioni di caposala, il quale aveva somministrato un anticoagulante e, nell'annotare tale circostanza, aveva omesso di segnalare l'incompatibilità dell'antibiotico prescritto, benché dalla cartella clinica ne risultasse la chiara incompatibilità con l'allergia del paziente, della quale l'imputato era già ben a conoscenza per ragioni di servizio).

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Con riguardo al caso di specie, i giudici di legittimità hanno preso atto del carattere di novità della tematica da esso proposta, atteso che la giurisprudenza della Suprema Corte in tema di dimenticanza di garze all'in­terno dell'addome del paziente ha affrontato più volte vicende inerenti alla responsabilità dei componenti dell'equipe medico-chirurgica, e non invece ipotesi in cui fosse imputato il personale infermieristico.

Ciò rilevato, il Collegio ha comunque ritenuto la motivazione della sentenza impugnata non in linea con i predetti principi giurisprudenziali, oltre che affetta da profili di contraddittorietà della motivazione e di travisamento della prova. 

Si è infatti, innanzitutto, rilevato come il medico, autore dell'intervento di sostituzione del generatore di pacemaker, fosse stato giudicato separatamente e condannato con sentenza divenuta irrevocabile; i giudici di merito, chiamati a valutare la responsabilità delle infermiere, avevano ritenuto la posizione del medico decisiva e centrale nel determinismo dell'evento lesivo a danno della paziente, escludendo, invece, la responsabilità delle predette. La Suprema Corte non ha, tuttavia, condiviso le argomentazioni della Corte d'Appello, in quanto:

1) i giudici felsinei avevano affermato che l'intervento di sostituzione del generatore del pacemaker era stato eseguito in una sala di elettrofisiologia e non all'interno di una sala operatoria, per cui il personale ausiliario era da considerarsi esonerato dall'obbligo di conteggio di garze; si era, inoltre, sottolineato come, all'epoca dell'intervento, nell'Ospedale dove fu eseguito l'intervento, il protocollo in vigore per le operazioni di sostituzione di un pacemaker non prevedeva che venisse effettuata la conta delle garze. L'inutilità menzionata nel protocollo era stata ricondotta dal consulente tecnico della difesa delle imputate alla circostanza che, nella procedura d'intervento in esame, le garze servono solo per detergere ed asciugare piccoli sanguinamenti, e non erano previsti inserimenti di garze nella tasca.

Sul punto, i giudici di legittimità hanno rilevato, in senso contrario, come la Raccomandazione del Ministero della Salute n. 2/2008, per la prevenzione all'interno del sito chirurgico di garze, strumenti o altro materiale chirurgico, trovi applicazione, come detto, "in tutte le sale operatorie" e da parte di "tutti gli operatori sanitari coinvolti nelle attività chirurgiche". Essa, pertanto, ha portata generale, e non sembra poter subire limitazioni solo in relazione alla circostanza che l'intervento sia eseguito in una sala di elettrofisiologia e non all'interno di una sala operatoria. Non risultano, infatti, disposizioni di deroga alle regole molto precise dettate da tale Raccomandazione, e che prevedano l'esclusione dell'obbligo di conteggio delle garze da parte del personale infermieristico.

Il Collegio ha, quindi, osservato come, secondo quanto affermato dal consulente tecnico del Pubblico Ministero, nel rispetto delle linee guida e delle Raccomandazioni ministeriali, il foglio di conta delle garze - attribuito al cd. ferrista o strumentista - è sempre presente in tutte le aziende ospedaliere, e viene sistematicamente compilato in occasione di tutti gli in­terventi chirurgici, anche i più banali. Inoltre, lo stesso consulente aveva evidenziato come, in caso di mancato reperimento di una garza, non si proceda alla chiusura del paziente e non si vada via dalla sala operatoria fino al reperimento della garza.

Infine, la Suprema Corte ha rilevato, sul punto, come non sia stato adeguatamente spiegato perché il Protocollo relativo alla conta delle garze sia stato introdotto, nell'Ospedale ove era stato eseguito l'intervento, successivamente all'evento lesivo in questione, e sia stato poi abbandonato perché inutile. Nel caso di specie, infatti, qualora fosse stata previamente svolta la conta delle garze, la paziente non avrebbe subito alcun danno. Inoltre, la sentenza è risultata contraddittoria alla luce del riconoscimento dell'esistenza di una Raccomandazione in materia (valevole, fino a prova contraria, anche per le sale di elettrofisiologia, non essendo emerse deroghe per tali strutture), circostanza, tuttavia, dalla quale i giudici di merito non hanno tratto le dovute conseguenze.

2) La Corte d'Appello aveva, inoltre affermato come le infermiere non avessero assunto una posizione di garanzia nei confronti della paziente, stanti la loro mancata partecipazione all'intervento chirurgico, la spettanza al solo medico impiantatore del potere di scelta delle modalità di incisione e di chiusura della ferita, nonché l'assenza di loro poteri di controllo sull'attività del medico chirurgo.

I giudici di legittimità hanno censurato tali statuizioni, osservando come, dalla Raccomandazione emerga che il compito di conta delle garze rientra nell'esclusiva pertinenza del personale infermieristico a ciò preposto e non al medico chirurgo, il quale è titolare solo di un potere di controllo e di vigilanza. Si è, inoltre, affermato come non possano essere giudicate rilevanti, in senso contrario, le diverse scelte organizzative della struttura o del medico stesso, il quale, nel caso in esame, aveva agito da solo, autoassegnandosi il compito spettante alle infermiere.

In ordine a tale aspetto, la Corte ha, infatti, richiamato la giurisprudenza di legittimità, ove si è riconosciuta la sussistenza di un dovere collaborativo del personale infermieristico verso il personale medico; tale attività di supporto deve essere orientata in termini critici, al fine non di sindacare l'operato del medico, bensì per richiamarne l'attenzione sugli errori percepiti; ciò, a maggior ragione, in un caso in cui la catena causale si è innestata per effetto di una condotta omissiva delle medesime infermiere. Peraltro, si è osservato, non può ritenersi che, in un caso come quello di specie, l'omesso controllo del sanitario possa rivestire efficienza eziologica autonoma tale da interrompere il nesso causale innestato dall'omesso conteggio delle garze.

Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto annullato con rinvio, agli effetti civili, la sentenza impugnata.