mercoledì 13 marzo 2024

Reati tributari: l'ente, terzo interessato, proprietario del bene oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto, può dedurre, in sede di riesame, questioni relative sia al fumus del reato sia al periculum in mora.

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato tributario, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 9709, pronunciata all'udienza del 10 ottobre 2023 (deposito motivazioni in data 7 marzo 2024) ha preso in esame la questione concernente la possibilità, per l'ente proprietario del bene sequestrato, terzo interessato, di dedurre in sede di riesame questioni relative sia al fumus commissi delicti sia al periculum in mora.

Il fatto.

Un terzo interessato proponeva ricorso avverso l'ordinanza con cui il Tribunale di Roma aveva rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato di cui all'art. 4 D.Lgs. n. 74 del 2000.

Il Procuratore Generale avanzava la richiesta che il ricorso fosse dichiarato inammissibile, sulla base della tesi secondo cui, quando il sequestro preventivo finalizzato alla confisca viene adottato nei confronti di soggetti estranei al procedimento penale, la legittimazione a richiedere il riesame o a proporre appello è limitata all'aspetto relativo all'effettiva titolarità o disponibilità del bene e all'inesistenza di relazioni di "collegamento" con l'imputato; essa sarebbe, invece, da escludersi in relazione a profili diversi del provvedimento, sui quali le persone estranee al sequestro non hanno titolo alcuno ad interloquire.

La decisione.

La Suprema Corte ha, dapprima, rilevato che, con riferimento ai casi di confisca disposta ai sensi dell'art. 240-bis c.p., si è affermato come la legittimazione alla partecipazione al giudizio dei terzi interessati ai sensi dagli artt. 104-bis disp. att. c.p.p. e 240-bis c.p., risponda all'esigenza di consentire agli stessi di interloquire sia in merito al collegamento tra il bene oggetto della misura patrimoniale reale ed il fatto del reato che in merito alla propria buona fede, esclusa, al contrario, ogni possibilità di intervento in tema di responsabilità penale dell'imputato, altrimenti traducendosi la loro partecipazione in intervento adesivo a favore di costui (Sez. 2, n. 53384 del 12/10/2018, Lega Nord per l' indipendenza della Padania, secondo cui, peraltro, tale conclusione non è contraria agli artt. 8 direttiva U.E. 2014/42, 6 e 13 CEDU e 1, I prot. addiz. CEDU, in relazione all'art. 117 Cost., potendo gli stessi esercitare rimedi cautelari nel corso del procedimento penale e tramite incidente di esecuzione avverso la statuizione definitiva della misura reale).

Con specifico riferimento ai reati tributari, ed in particolare al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui all'art. 12-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, è stato altresì statuito che il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all'indagato, senza poter contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare (Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica; Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, Tessarolo).

I giudici di legittimità hanno, quindi, dato atto dell'esistenza di un diverso orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, invece, in tema di confisca ex art. 240-bis c.p., il terzo intestatario del bene aggredito è legittimato a contestare, oltre alla fittizietà dell'intestazione, anche la mancanza dei presupposti legali per la confisca, tra cui la ragionevolezza temporale tra acquisto del bene e commissione del reato che legittima l'ablazione (Sez. 1, n. 19094 del 15/12/2020, dep. 2021, Flauto; Sez. 5, n. 12374 del 14/12/2017, dep. 2018, La Porta).

Ciò premesso, si è osservato come la questione relativa all'ampiezza delle facoltà difensive proprie del terzo attinto da provvedimento ablatorio provvisorio (o definitivo) sia sorta in materia di confisca cd. allargata, di prevenzione o per equivalente, ipotesi nelle quali viene in rilievo la possibile dissociazione tra la titolarità formale del bene inciso dal provvedimento (di proprietà del terzo) e l'esercizio effettivo di poteri corrispondenti al diritto di proprietà da parte dell'imputato, della persona sottoposta a indagini o del proposto. In tali casi, la questione relativa alla "disponibilità" del bene costituisce condizione di legittimità del provvedimento adottato a carico della persona che non ne è formalmente proprietaria; ciò spiega, ha rilevato la Corte, perché il terzo estraneo al reato ed al procedimento non possa interloquire sul fumus e/o sul periculum: il suo unico interesse, infatti, è quello di dimostrare l'insussistenza della dissociazione tra titolarità formale e titolarità sostanziale del bene sequestrato. Una volta dimostrato, pertanto, che il bene è nell'effettiva proprietà e disponibilità del terzo, questi non ha alcun interesse a interloquire sulla sussistenza indiziaria del reato o sul periculum in mora in quanto, venendo meno la condizione che legittima l'adozione del sequestro del bene non appartenente all'autore del reato, la restituzione del medesimo a favore del terzo estraneo deve essere effettuata a prescindere dalla verifica della sussistenza indiziaria del reato o del periculum.

Nel caso di specie, è stata, invece, sottoposta all'esame della Corte una fattispecie di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto a carico dell'ente effettivamente proprietario del bene sequestrato. Pertanto, si è osservato, la diversità dei termini di paragone impedisce l'applicazione di soluzioni non univoche e originatesi in diversi contesti.

Al fine di dare risposta al quesito in esame, il Collegio ha quindi ritenuto di porre in evidenza un dato, da considerarsi ormai indiscutibile, ossia che l'ente, effettivamente proprietario del bene costituente profitto del reato, pur se estraneo al procedimento, non è estraneo al reato. Tale principio, in primis affermato da Sez. Un., n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, è stato in seguito ribadito da numerose altre pronunce (Sez. 3, n. 39177 del 08/05/2014, Civil Vigilanza Srl; Sez. 3, n. 6205 del 29/10/2014, dep. 2015, Mataloni; Sez. 4, n. 10418 del 24/01/2018, Rubino; Sez. 3, n. 3591 del 20/09/2018, dep. 2019, Bennati; Sez. 3, n. 17840 del 05/12/2018, dep. 2019, Umetti); esso si è fondato, ha rilevato la Corte, sul rilievo per cui non può dirsi estraneo al reato chi dal reato stesso ha tratto un vantaggio immediato e diretto. La "non estraneità al reato", quale condizione che legittima la confisca diretta del bene che ne costituisce profitto, ancorché di proprietà di persona diversa dall'autore materiale del reato stesso, è stata di recente ribadita da Sez. Un. n. 40797 del 22/06/2023, Fallimento Lavanderia Giglio Snc, ove si è affermato che, ai fini della confisca, non assume rilevanza il criterio dell'effettiva disponibilità dei beni, ma quello, più ampio, della non estraneità al reato tributario (nello stesso senso, in precedenza, Sez. 3, n. 5255 del 03/11/2022, dep. 2023, De Fant).

Posta tale premessa, non vi è quindi ragione per ritenere che la persona non estranea al reato, alla quale le cose sono state sequestrate, non possa interloquire sul fumus del reato e sul periculum in moraSiffatta limitazione, infatti, hanno osservato i giudici di legittimità, non trova riferimento né nella lettera della legge, né nella logica.

Sotto il primo profilo, l'art. 322 c.p.p. attribuisce a chiunque subisca il sequestro preventivo ampia legittimazione a proporre richiesta di riesame, anche nel merito; il fatto che non sia necessario enunciarne i motivi, ex art. 324 comma 4, c.p.p., costituisce ulteriore argomento a sostegno della possibilità di interloquire su ogni aspetto che coinvolga la legittimità del provvedimento provvisoriamente ablatorio. Né si può sostenere, ha rilevato la Corte, che la legittimazione a proporre istanza di riesame da parte di chi, pur estraneo al procedimento, non sia estraneo al reato, sia limitata alla sola qualificazione del bene sequestrato come profitto o prezzo del reato stesso, e ciò per due ordini di ragioni, tra loro connesse, così enunciabili:

1) è difficile scindere il concetto di profitto (o prezzo) del reato dalla prova dell'esistenza del fatto-reato stesso che qualifica il bene come profitto (o prezzo); 

2) l'obiezione per cui sarebbe sufficiente dimostrare che il bene sequestrato non ha alcuna derivazione diretta dal reato, ossia che non si identifica con il vantaggio diretto e immediato, non regge alla constatazione che tale dimostrazione sarebbe impossibile in caso di sequestro del denaro, costituendo ormai diritto vivente il principio secondo cui, quando il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci; Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C.; nel senso che la confisca, ex art. 12-bis D.Lgs. 74/2000, delle somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica, anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante, ha natura di confisca diretta, in quanto le stesse costituiscono comunque profitto del reato, risolvendosi in un vantaggio per il suo autore il risparmio di spesa conseguente all'omesso versamento delle imposte, Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022, L'Angolana Srl). Da ciò consegue, si è aggiunto, come, in caso di sequestro di denaro, all'ente che lo subisce sarebbe impedito persino di dimostrare la non derivazione del denaro stesso dal reato per il quale si procede.

Dal punto di vista logico, invece, l'impossibilità della persona fisica o giuridica di proporre riesame, nel merito, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato disposto nel procedimento a carico di altra persona comporterebbe l'assurda conseguenza, soprattutto in caso di sequestro di denaro, di lasciare privo di tutela il diritto soggettivo di proprietà, in evidente violazione dell'art. 24 comma 1 Cost. e dell'art. 1, Prot. addizionale alla CEDU. Tale vuoto, d'altro canto, non potrebbe essere colmato dall'astratta legittimazione della persona sottoposta alle indagini a proporre riesame, non avendo la medesima, in concreto, interesse a tutelare una situazione giuridica che non le appartiene. In tal senso si è espressa la giurisprudenza di legittimità, affermando che l'indagato, non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell'art. 322 c.p.p., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto ed attuale all'impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall'ordinamento per lo specifico schema procedimentale, e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, Di Luca, con riguardo ad una fattispecie nella quale si è escluso che fosse titolare dell'interesse alla restituzione del fondo su cui erano state realizzate opere abusive la committente di tali opere non proprietaria del fondo, e sul quale non poteva vantare una detenzione qualificata; nello stesso senso, Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, Astolfi, secondo cui la legittimazione al riesame reale trova fondamento nella lettura sistematica delle disposizioni settoriali sulle impugnazioni cautelari reali, ex artt. 322 e 322-bis c.p.p., e di quelle generali sull' interesse all'impugnazione di cui agli artt. 568 comma 4 e 591 comma 1 lett. a, c.p.p.; ancora, in senso conforme, Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Solinas; Sez. 1, n. 6779 del 08/01/2019, Firriolo, la quale ha ritenuto immune da censure l'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità della richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo di una società a responsabilità limitata, presentata dall' indagato in proprio, e non quale legale rappresentante della stessa mediante un difensore munito di procura speciale).

Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto affermato il seguente principio di diritto:

"In caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato tributario, l'ente proprietario del bene sequestrato può dedurre in sede di riesame questioni relative tanto al fumus del reato quanto al periculum in mora".