In materia di reati tributari, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 8644, pronunciata all'udienza del 14 novembre 2023 (deposito motivazioni in data 28 febbraio 2024), ha preso in esame il tema concernente la rilevanza, a fini penalistici, del regime fiscale di favore riconosciuto alle associazioni sportive dilettantistiche.
Il fatto.
Un imputato proponeva ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Lecce ne aveva confermato la penale responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74/00, in quanto, secondo la prospettazione accusatoria, nella qualità di legale rappresentante di una Associazione sportiva dilettantistica, aveva omesso, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, di presentare la dichiarazione fiscale, pur essendovi obbligato, in quanto titolare di reddito in misura di Euro 264.000,00, in tal modo evadendo l'IRES in misura pari ad Euro 72.600,00 e l'IVA in misura pari ad Euro 53.895,00.
Tramite il proprio ricorso, egli lamentava vizio di motivazione e violazione degli artt. 1 l. n. 398/91 e 5 D.Lgs. n. 74/00. In particolare, l'imputato rilevava il fatto che erroneamente, ai fini del calcolo delle imposte in ipotesi evase, era stata presa, quale aliquota, quella dell'IRES del 21% dell'imponibile e quale aliquota dell'IVA quella del 20%: non si era, infatti, tenuto conto del fatto che, trattandosi di un'associazione sportiva dilettantistica, questa godeva di aliquote tributarie agevolate, per effetto delle quali la somma dalla stessa dovuta a titolo di imposte, delle quali era risultato omesso il versamento, sarebbe stata inferiore alla soglia di punibilità penale.
Inoltre, il ricorrente osservava come la Corte territoriale avesse errato nel ritenere che tale Associazione non avrebbe potuto godere del beneficio in questione, in quanto non affiliata ad una federazione sportiva nazionale, avendo, invece, la medesima potuto partecipare all'attività agonistica da essa svolta nell'anno di imposta in questione solo in quanto iscritta alla FIGC.
La decisione.
La Suprema Corte ha, in primis, osservato come, effettivamente, la legge n. 398 del 1991 riservi alle associazioni sportive dilettantistiche un regime fiscale di favore, tale da comportare, in linea astratta, un'incidenza peculiare dell'aliquota tributaria applicabile al reddito imponibile sia in tema di imposte sul reddito che sul valore aggiunto; tale circostanza risulta, a sua volta, sotto il profilo penale, determinante ai fini della verifica dell'avvenuto superamento, da parte dell'importo dell'imposta non versata, della soglia di punibilità.
Tuttavia, hanno rilevato i giudici di legittimità, ai fini del godimento di tale regime fiscale derogatorio, è necessario sia che la associazione in questione abbia conseguito, nel periodo di imposta precedente a quello cui ci si riferisce in sede giurisdizionale, proventi rilevanti per la produzione del reddito nel limite previsto, a tale scopo, dalla legge (attualmente, a seguito delle modifiche introdotte all'art. 1 della legge n. 298 del 1991, pari ad Euro 400.000,00; al momento della commissione del reato oggetto di scrutinio da parte della Corte, pari ad Euro 250.000,00); sia che la stessa sia affiliata ad una Federazione sportiva nazionale, ovvero ad un ente nazionale di promozione sportiva (Cass. Civ., Sez. V civ.-trib., 13 novembre 2019, n. 29401, Ord.).
Tanto premesso, nessuna di tali due condizioni è stata ritenuta ricorrente nel caso di specie. Quanto, infatti, all'ammontare del reddito imponibile, nell'anno di imposta in relazione al quale era stata formulata l'imputazione, questo era risultato essere pari ad Euro 264.000,00, importo, quindi, superiore al limite legislativamente previsto in base alla normativa vigente al momento del fatto, pari, come detto, ad Euro 250.000.00.
Sul punto, la Corte ha osservato come nessun effetto possa avere la disciplina sopravvenuta, la quale ha elevato sino alla somma di 400.000,00 Euro il limite massimo di reddito imponibile per potere godere del beneficio fiscale. Tale limite non è, infatti, contenuto in una norma di carattere penale né in una norma avente la funzione di integrare il precetto penale; essa ha, invero, l'esclusiva funzione di delimitare il campo di operatività di un beneficio di carattere tributario (con conseguente mera occasionalità della ricaduta di essa in ambito penalistico). Pertanto, ad essa non è applicabile il principio espresso dall'art. 2 comma 4 c.p.. I giudici di legittimità hanno, infatti, ritenuto di dare piena continuità al consolidato principio secondo il quale, in tema di successione di leggi penali, la modificazione in melius della norma extrapenale, richiamata dalla disposizione incriminatrice, esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso solo se attiene a norma integratrice di quella penale (Cass. Pen., Sez. III, 11 febbraio 2020, n. 5411; Cass. Pen., Sez. III, 15 marzo 2019, n. 11520).
Nel caso di specie, si è rilevato, la disposizione de qua, oggetto di variazioni, neppure è direttamente richiamata dalla disposizione penale, né può ritenersi integratrice di questa, avendo la sua modifica lasciato del tutto invariati sia gli elementi costitutivi che le soglie di punibilità della disposizione incriminatrice; di conseguenza, l'avvenuta elevazione del limite di reddito previsto per il godimento del beneficio fiscale non comporta conseguenze quanto agli eventuali effetti penali (indiretti) della violazione della disposizione tributaria.
La Corte ha, inoltre, escluso la sussistenza dell'ulteriore condizione necessaria ai fini del godimento del beneficio fiscale in discorso. I giudici di legittimità hanno, infatti, rilevato come, pacificamente, l'avvenuta affiliazione ad una Federazione sportiva, inserita fra quelle oggetto di riconoscimento da parte del Coni, ovvero ad un ente nazionale di promozione sportiva, non fosse stata oggetto di dimostrazione da parte dell'imputato, stante la mancanza in atti della prova della affiliazione dell'Associazione in discorso ad una Federazione sportiva, ovvero ad un ente nazionale di promozione sportiva.
Tale circostanza ha consentito alla Corte di richiamare la giurisprudenza, formatasi in materia specificamente tributaria, ma applicabile anche per gli aspetti penalistici di tale ambito giuridico - secondo la quale in tema di agevolazioni tributarie, chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione (ravvisabile, nel caso di specie nell'esercizio della azione penale in danno dell'imputato), i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione e della agevolazione (Cass. Civ., Sezione V civ. - trib -, 4 ottobre 2017, n. 23228).
Nel caso di specie, non avendo il ricorrente provveduto, nelle sedi opportune, a tale documentata allegazione, si è ritenuto di non poter al medesimo riconoscere la possibilità di giustificare, in sede di legittimità, la causa esentativa, attraverso la produzione di atti. Il Collegio ha infatti ricordato come, pur essendo vero che nel giudizio di legittimità è, in linea astratta, possibile la produzione di documenti che l'interessato non sia stato in grado di esibire nelle precedenti fasi del giudizio, una siffatta evenienza è tuttavia ammissibile, secondo consolidata giurisprudenza, solo laddove tali documenti non costituiscano un "prova nuova", ovvero ove essi non comportino un'attività di apprezzamento circa la loro validità formale e circa la loro efficacia quanto alla decisione da assumere nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici del merito.
Tale ipotesi non ricorreva, tuttavia, nella fattispecie sottoposta all'esame della Corte, atteso che il documento cui l'imputato si richiamava nel proprio ricorso, mai in precedenza presentato in giudizio, costituiva proprio una "prova nuova", in quanto diretto a dimostrare un fatto in precedenza non oggetto di attività istruttoria; prova, inoltre, suscettibile di dover essere apprezzata, nella sua rilevanza, ai fini della definizione del processo da parte del giudicante.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto dichiarato inammissibile il ricorso.