La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 24340, pronunciata all'udienza del 31 maggio 2024 (deposito motivazioni in data 20 giugno 2024), ha preso in esame il tema concernente l'accesso all'applicazione della pena su richiesta delle parti in relazione ai reati tributari.
Il fatto.
Il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo proponeva ricorso avverso la sentenza con cui il Giudice dell'Udienza Preliminare del locale Tribunale aveva applicato all'imputato una pena detentiva in relazione ai reati di cui all'art. 2 D.Lgs. 74/2000.
Tramite i propri motivi, il Procuratore lamentava violazione di legge in relazione all'art. 13 bis comma 2, D.Lgs. 74/2000, in relazione alla mancanza del presupposto di ammissibilità di accesso al rito del patteggiamento, costituito dal pagamento del debito tributario.
La decisione.
La Suprema Corte ha dapprima rilevato come l'art. 13 bis comma 2 D.Lgs. 74/2000, inserito dal D.Lgs. n. 158/2015, preveda che, per i delitti di cui al medesimo decreto n. 74/2000, l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 (ossia, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti), nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all'articolo 13, commi 1 e 2.
I giudici di legittimità hanno, quindi, osservato come l'art. 11 del decreto n. 158/2015 abbia sostituito il previgente art. 13 del D.Lgs. 74/2000, introducendo l'estinzione del debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi) come causa di non punibilità, per un significativo elenco di reati, secondo però diverse scansioni temporali. A seguito di tale modifica, pertanto, l'adempimento del tributo estingue i reati di omesso versamento delle imposte certificate (art. 10 - bis), omesso versamento Iva (art. 10 - ter) e indebita compensazione mediante utilizzo di crediti non spettanti (art. 10 - quater comma 1), qualora avvenga prima dell'apertura del dibattimento di primo grado.
I reati di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5) sono non punibili, invece, se il debito tributario (comprensivo di interessi e sanzioni) sia stato estinto mediante il pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa, entro il termine di presentazione previsto per il periodo di imposta successivo, a condizione però che il ravvedimento o la presentazione intervengano prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
L'art. 39 comma 1 lett. q-bis) D.L. n. 124/2019 - ha ancora rilevato la Corte - ha poi modificato l'art. 13 D.Lgs. 74/2000, aggiungendo - tra i reati che si estinguono con l'integrale pagamento del debito tributario prima che l'interessato abbia notizia dell'apertura del procedimento a suo carico - quello di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000) e quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.Lgs. 74/2000).
Sul punto, si è osservato come, secondo la giurisprudenza di legittimità, la causa di non punibilità dei reati operi solo a seguito dell'integrale pagamento, anche rateale, dell'importo dovuto a titolo di debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, e non consegua al mero accordo intervenuto tra debitore e amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito e la rimodulazione della sua scadenza (Sez. 3, n. 48375 del 13/07/2018, Preziosi; Sez. 3, n. 30139 del 12/04/2017, Fregolent).
L'art. 12 del Decreto 158/2015 ha invece inserito, nel corpo del D.Lgs. 74/2000, l'art. 13 bis; il primo comma di tale disposizione stabilisce che l'eventuale estinzione del debito tributario, intervenuta prima dell'apertura del dibattimento, mediante integrale pagamento degli importi dovuti (anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione previste dalle norme tributarie), fuori dai casi in cui integra la causa di non punibilità, è circostanza attenuante ad effetto speciale (riduzione sino alla metà della sanzione edittale) ed esclude l'applicazione delle pene accessorie ex art. 12.
Tanto premesso con riguardo alla disciplina legislativa, la Corte ha affermato come la preclusione al patteggiamento, posta dall'art. 13 bis comma 2 D.Lgs. 74/2000, per il caso di mancata estinzione del debito tributario, operi con riguardo ai più gravi reati dichiarativi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5, richiamati dall'art. 13 comma 2 dello stesso decreto (Sez. 3, n. 9083 del 12/01/2021, Matassini).
Sul punto, la pronuncia della Terza Sezione Penale della Suprema Corte, n. 47287 del 02/10/2019, Cetin Mehmet Emin, ha poi chiarito che la richiesta di applicazione della pena è ammissibile solo quando vi sia stato l'integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell'autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali (Sez. 3, n. 47287 del 02/10/2019, Cetin Mehmet Emin; Sez. 3, n. 26529 del 24/06/2022, Zaniboni), in quanto l'integrale pagamento del debito effettuato prima della formale conoscenza del procedimento integra una causa di non punibilità.
Da tale premessa, si è tratta, nella medesima pronuncia, la conclusione per cui l'accesso al rito di cui all'art. 444 c.p.p. è ammissibile solo quando vi sia stato l'integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell'autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali; viceversa, in caso di mancato pagamento del debito tributario, è precluso l'accesso al rito del patteggiamento.
Nel caso di specie, la Corte ha osservato come non risultasse l'adempimento, da parte dell'imputato, del debito tributario che è condizione per l'accesso al rito del patteggiamento. I giudici di legittimità hanno, pertanto, annullato senza rinvio la sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo.