Con la Sentenza n. 25256, pronunciata all'udienza del 29 maggio 2018 (deposito motivazioni in data 5 giugno 2018), la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa alla possibile revocabilità dell'ordinanza di ammissione al giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, in seguito ad una nuova valutazione che escluda la rilevanza della prova.
Il giudizio di legittimità è stato introdotto dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Milano aveva confermato la condanna, pronunciata in esito a giudizio abbreviato dal Tribunale di Busto Arsizio, per i reati di induzione indebita a dare o promettere utilità e di abbandono del posto di servizio da parte di appartenente alla Polizia di Stato, ex art. 72 l. 121/81.
Nel corso dell'udienza preliminare, l'imputato aveva avanzato richiesta di giudizio abbreviato condizionato, respinta tuttavia dal G.U.P., in quanto l'integrazione probatoria, costituita dall'esame della persona offesa, era stata ritenuta superflua, essendo già stata la medesima escussa nel corso delle indagini preliminari e risultando a disposizione un sufficiente complesso di elementi probatori.
L'imputato aveva reiterato la medesima istanza in sede di prima udienza dibattimentale, ed il Tribunale aveva ritenuto di accoglierla. Tuttavia, nel corso del processo, si erano presentate serie difficoltà nell'effettuare l'esame della persona offesa, le quali avevano determinato una protrazione del giudizio per tre anni; Il Tribunale aveva pertanto rigettato le richieste, avanzate dalla difesa, di rinvio della trattazione al fine di consentire la citazione del teste e quella subordinata di audizione dello stesso in via rogatoriale; aveva quindi ordinato procedersi al rito abbreviato e pronunciato sentenza.
Con uno dei motivi di ricorso, l'imputato aveva lamentato violazione di legge in relazione agli artt. 438 comma 5 c.p.p. e 603 c.p.p. e vizio di motivazione per l'omessa assunzione della deposizione della persona offesa mediante la rinnovazione, puntualmente richiesta, dell'istruzione dibattimentale in grado d'appello; la persona offesa aveva infatti manifestato - sosteneva la difesa - la propria disponibilità ad essere esaminata sia recandosi in Italia sia per via rogatoriale, e non sussisteva pertanto alcuna sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova.
La Corte ha innanzitutto ritenuto come la Corte d'Appello abbia travisato il motivo d'appello denunciante l'erroneità del provvedimento emesso dal Tribunale, nell'affermare come tale deduzione difensiva non potesse avere ricadute in ordine alla ritualità della decisione conclusiva del primo grado di giudizio.
Il motivo d'appello, infatti, aveva da un lato denunciato espressamente l'alterazione, da parte dell'ordinanza del Tribunale, del meccanismo processuale del giudizio abbreviato e, dall'altro, aveva richiesto alla Corte d'Appello di porvi rimedio procedendo all'assunzione della prova. Inoltre, aveva posto in rilievo come l'ordinanza in discorso si fondasse su di un presupposto erroneo, ossia l'impossibilità dell'assunzione della prova, esclusa dalla stessa Corte d'Appello; semmai, si era sostenuto, il giudice di primo grado, avrebbe dovuto fare riferimento alla rilevanza della prova richiesta, considerando altresì la notevole dilazione temporale verificatasi nel giudizio di primo grado a causa delle difficoltà insorte nell'assumere la prova.
Dunque il primo argomento utilizzato dai giudici di merito per non procedere all'escussione della persona offesa (l'impossibilità di assunzione della prova) era già stato ritenuto erroneo dal giudice d'appello; tuttavia, anche il secondo argomento prospettato in tal senso - ossia un nuovo giudizio, avente esito negativo, circa la rilevanza della prova richiesta - è stato ritenuto erroneo da parte dei giudici di legittimità, essendo tale giudizio precluso dalla precedente ammissione del giudizio abbreviato condizionato.
Al riguardo, la Corte ha infatti ribadito quanto affermato dalle Sezioni Unite con la Sentenza "Bell'Arte", pronunciata in data 19.07.12 (n. 41461): tale pronuncia aveva escluso la revocabilità dell'ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato condizionato per causa consistente nella sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova, da ciò conseguendo la necessità di celebrare il processo in tale forma e aveva affermato: "o l'assunzione della prova risulta effettivamente impossibile e, come tale, non determina alcuna lesione del diritto di difesa, poiché l'impossibilità connoterebbe anche il giudizio celebrato nelle forme ordinarie, oppure la decisione del giudice di soprassedere alla assunzione della prova risulta illegittima e, in quanto tale, sindacabile in sede di gravame ed emendabile con l'assunzione della relativa prova in grado d'appello".
La Suprema Corte ha condiviso tale importante precedente giurisprudenziale, ritenendo dunque fondato il motivo di ricorso relativo all'omessa rinnovazione dell'istruzione probatoria nel giudizio d'appello al fine di esaminare la persona offesa, come era già stato richiesto con l'istanza di rito abbreviato condizionato ammesso dal Tribunale.
Il Collegio ha dunque ritenuto di accogliere tale motivo di ricorso, assorbente nei confronti degli altri esposti dall'imputato, ed ha conseguentemente annullato la Sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.