martedì 30 ottobre 2018

Giurisprudenza di legittimità 2018 in tema di giudizio abbreviato, parte 5: l'ordinanza di accoglimento solo parziale della richiesta di rito abbreviato condizionato è affetta da nullità di ordine generale a regime intermedio ed è sanata in presenza di una richiesta subordinata di rito abbreviato semplice.

La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 11605, pronunciata all'udienza del 5 dicembre 2017 (deposito motivazioni in data 14 marzo 2018), si è espressa sulla questione relativa alla nullità dell'ordinanza con cui il giudice accolga solo in parte la richiesta di integrazione probatoria posta quale condizione dell'istanza di rito abbreviato.

Il giudizio di legittimità è stato originato dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Milano aveva confermato nei suoi confronti la pronuncia di condanna del Giudice dell'Udienza Preliminare presso il Tribunale di Monza, emessa a seguito di celebrazione del giudizio abbreviato, per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 110, 56, 575, 61 n. 2 c.p. e 110 c.p., 10, 12, 14 l. 497/1974.

Con uno dei motivi di ricorso, l'imputato lamentava l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge processuale penale, in relazione agli artt. 438, 178 comma 1 lett. c, 180, 190 c.p.p., oltre alla manifesta illogicità della motivazione su tale punto.
Secondo il ricorrente, l'ordinanza di ammissione del giudizio abbreviato condizionato emessa dal G.U.P. doveva considerarsi nulla, in quanto circoscritta ad uno solo dei testi indicati, con esclusione dell'esame del secondo teste, anch'egli indicato nella richiesta di rito alernativo. Tale nullità non poteva inoltre essere esclusa sulla base di quanto affermato dalla Corte d'Appello nel respingere la relativa eccezione, formulata nel giudizio di impugnazione: ossia che la difesa, formulando una richiesta subordinata di rito abbreviato c.d. "secco", avrebbe in tal modo accettato il rischio di un accoglimento parziale della richiesta di integrazione probatoria. Il giudice non potrebbe infatti accogliere solo parzialmente la condizione, ma gli sarebbe consentito solo accoglierla o respingerla in toto.
Quanto invece alla presunta intempestività dell'eccezione, in quanto non formulata prima dell'acquisizione della prova, la difesa sosteneva nel proprio ricorso il carattere assoluto della nullità o, quantomeno, a regime intermedio, deducibile pertanto in sede d'appello.

La Suprema Corte ha innanzitutto ricordato come il giudice, all'esito del rituale controllo circa la fondatezza dell'istanza di rito abbreviato condizionato, non possa adottare provvedimenti diversi dall'accoglimento o dal rigetto dell'istanza, in quanto una decisione di contenuto diverso rispetto a tale alternativa finirebbe per incidere in maniera "impropria ed irreversibile" sulle strategie difensive dell'imputato.
Da ciò consegue pertanto come sia da ritenersi viziata una decisione da parte del giudice che, investito di una richiesta di rito abbreviato condizionato, ammetta solo l'integrazione probatoria che ritiene "sufficiente" oppure il rito abbreviato semplice sulla base della valutazione per cui l'integrazione probatoria sia errata, impossibile o giuridicamente inesistente.
La Corte ha quindi rilevato, circa la qualificazione di tale vizio processuale, come risulti del tutto minoritario l'orientamento giurisprudenziale per cui l'ordinanza con la quale il Giudice dell'udienza preliminare accolga solo in parte la richiesta di integrazione probatoria, posta quale condizione dell'istanza di rito abbreviato, debba ritenersi abnorme e quindi ricorribile per cassazione. L'orientamento prevalente sostiene invece come in tale fattispecie sia riconoscibile una nullità di ordine generale ex art. 178 comma 1 lett. c c.p.p., deducibile in appello ai sensi dell'art. 180 c.p.p.. 
Tale provvedimento infatti "non determina alcuna indebita regressione del procedimento, con conseguente alterazione della sequenza logico-cronologica degli atti; non determina alcuna stasi del procedimento; deve escludersi che sia avulso dal sistema, in quanto è comunque richiesto al giudice un controllo sulla istanza di abbreviato "condizionato" . Il provvedimento con cui il giudice ammette l'imputato al giudizio abbreviato condizionato, modificando la stessa richiesta di integrazione, non può essere considerato esorbitante dai suoi poteri, i quali sono invece stati mal esercitati, determinandosi pertanto, come anticipato, una nullità di ordine generale ex art. 178 comma 1 lett. c c.p.p.. La giurisprudenza di legittimità ha infatti avuto modo di osservare come tale decisione incida illegittimamente sul diritto di difesa dell'imputato, che risulta "fortemente condizionato e limitato dall'intervento del giudice", intervenendo essa nell'ambito di un giudizio in cui la difesa, nello scegliere un rito alternativo fondato sull'utilizzo di tutti gli atti di indagine raccolti dal P.M., rinuncia al contraddittorio dibattimentale.

I giudici di legittimità hanno poi ricordato come tale nullità sia tuttavia da considerarsi sanata in presenza dei presupposti di cui all'art. 183 c.p.p., ossia qualora l'imputato abbia omesso di dedurre la relativa eccezione, accettando in tal modo gli effetti dell'atto.
Nella fattispecie in esame, l'imputato non aveva eccepito la nullità in discorso in occasione dell'udienza in cui il G.U.P. aveva dichiarato chiusa l'assunzione delle prove: da ciò consegue - secondo la Corte - come la nullità di carattere generale sia stata in tal modo sanata proprio ai sensi dell'art. 183 c.p.p..

Infine, la Corte, aderendo ad un'argomentazione già sviluppata dalla Corte d'Appello di Milano, ha evidenziato la rilevanza della scelta processuale dell'imputato di proporre, accanto alla richiesta di rito abbreviato condizionato, un'istanza di giudizio abbreviato "secco"; a tal riguardo, il Collegio ha richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui la nullità in questione risulta sanata qualora l'imputato, malgrado il riconoscimento solo parziale della sua istanza di integrazione probatoria formulata in sede di giudizio abbreviato, insista ad avvalersi del rito alternativo. Ciò in quanto la richiesta, anche subordinata, di rito abbreviato semplice permette di comprendere le ragioni della rinuncia ad eccepire la nullità in discorso: si può infatti ritenere  che l'imputato, avendo potuto comunque beneficiare di un'integrazione probatoria, e trovandosi pertanto nella condizione di migliorare in tal modo la propria posizione processuale rispetto a quella fondata su di un compendio probatorio costituito esclusivamente dagli atti delle indagini preliminari, non avesse evidentemente alcun interesse apprezzabile a far valere la violazione processuale in oggetto.

La Suprema Corte ha dunque ritenuto infondato, per tali ragioni, il motivo di ricorso e, stante la contestuale infondatezza degli altri motivi, ha rigettato il ricorso proposto dall'imputato.