La Prima Sezione Penale della Suprema Corte, con la Sentenza n. 28807, pronunciata all'udienza del 4 giugno 2018 (deposito motivazioni in data 21 giugno 2018) ha preso in esame la seguente questione di diritto: se possa rientrare tra le cause d'inammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato il deposito della relativa istanza, presentata a seguito di decreto di giudizio immediato, nella cancelleria del giudice dibattimentale anziché in quella del giudice per le indagini preliminari.
La pronuncia della Corte è stata emessa in esito al conflitto di competenza sollevato dal Tribunale di Lecce nei confronti del Giudice per le Indagini Preliminari di Lecce.
Quest'ultimo aveva infatti emesso decreto di giudizio immediato nei confronti di un imputato per reati in materia di armi e per il delitto di ricettazione. L'imputato, attraverso il proprio difensore, aveva quindi proposto richiesta di giudizio abbreviato, ma aveva depositato la stessa presso la cancelleria del Tribunale e non presso quella del G.I.P.; ciò era avvenuto in quanto il fascicolo del procedimento, tenuto presso la cancelleria del Giudice per le Indagini Preliminari, era sprovvisto del fascicolo del Pubblico Ministero.
La cancelleria, pervenuto il fascicolo in seguito alla trasmissione da parte del Giudice per le Indagini Preliminari, aveva inserito la richiesta e trasmesso tutto al Tribunale, pochi giorni prima dell'udienza dibattimentale.
In occasione dell'udienza dibattimentale, il Tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti al G.I.P.; quest'ultimo, tuttavia, li aveva in seguito restituiti, ai fini della prosecuzione del giudizio immediato, affermando come la richiesta di giudizio abbreviato andasse depositata, a pena di decadenza, nella cancelleria del Giudice per le Indagini Preliminari entro quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato.
Il Tribunale, dal canto suo, aveva poi rilevato la propria incompetenza, osservando come la sanzione di decadenza sia stabilita con riferimento non già al luogo fisico in cui l'istanza deve essere depositata ma al termine entro cui essa deve essere presentata, considerando, peraltro, come ufficio del dibattimento e ufficio del giudice per le indagini preliminari siano due articolazioni dello stesso Tribunale e non due uffici diversi. Il Tribunale aggiungeva inoltre come un tale disguido di cancelleria non potesse in alcun modo incidere negativamente sul diritto di difesa. Per tali ragioni, veniva sollevato conflitto negativo di competenza con il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce.
La Suprema Corte ha innanzitutto rilevato come non sussista alcun conflitto negativo di competenza. Esso - si è infatti osservato - si origina allorché due giudici rifiutino contemporaneamente di prendere cognizione dello stesso fatto in riferimento ad una stessa persona; nel caso all'esame della Corte, invece, il Giudice per le indagini preliminari non si era astenuto dal decidere, avendo provveduto, in merito alla richiesta dell'imputato di rito abbreviato, con una pronuncia di inammissibilità. Egli aveva quindi in tal modo esercitato il potere decisorio, pur se in modo non corretto: ciò ha quindi impedito di rilevare l'effettiva sussistenza dei presupposti di un conflitto di competenza.
I giudici di legittimità hanno quindi osservato come la decisione di inammissibilità emessa dal G.I.P. sia errata, in quanto la sanzione della decadenza prevista dall'art. 458 comma 1 c.p.p. deriva soltanto dall'intempestività della richiesta del rito alternativo e non già dall'inosservanza di altre formalità previste dalla legge.
A questo proposito, nell'ambito della giurisprudenza di legittimità, è stato peraltro affermato, a fronte di una questione simile a quella in esame, che "la decadenza dalla presentazione della relativa richiesta, allorché all'imputato sia stato notificato il decreto di giudizio immediato, ricorre solo in caso di deposito intempestivo dell'istanza, dovendosi escludere che la decadenza consegua anche all'omessa notifica al Pubblico Ministero, non più chiamato ad esprimere il proprio consenso sulla richiesta e titolare di un limitato potere di interferenza solo nel caso di un'istanza subordinata ad un'integrazione probatoria" (Sent. n. 4985/09, VI Sez.).
Dunque, esclusa la sussistenza di un conflitto, la Corte ha affermato come il Tribunale possa porre rimedio all'errata dichiarazione di inammissibilità mediante il recupero del rito alternativo in fase dibattimentale. E' noto, infatti, come le Sezioni Unite della Suprema Corte abbiano affermato, con la Sentenza "Frija" del 27.03.14, che la lacuna normativa relativa ai rimedi nei confronti di un'illegittima ed ingiustificata ordinanza negativa può dirsi superata, innanzitutto, con riguardo al giudizio abbreviato condizionato, dall'intervento additivo della Consulta (Sent. n. 169/03), il quale ha accordato all'imputato la possibilità di ripresentare la richiesta anteriormente alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Un'altra e più risalente pronuncia delle Sezioni Unite, inoltre ("Wajib", 27.10.04), affermò invece che l'imputato ha diritto al recupero della riduzione di pena anche quando, all'esito del dibattimento o nei successivi gradi di giudizio, si sia riconosciuto che il diniego del rito abbreviato non era giustificato.
Tali rimedi - affermarono le Sezioni Unite - sono altresì esperibili quando la richiesta abbia ad oggetto il rito alternativo non condizionato: all'imputato deve infatti essere sempre riconosciuto il diritto di recuperare la situazione di vantaggio illegittimamente negatagli, mediante la reiterazione dell'istanza nella fase degli atti preliminari al dibattimento
La Suprema Corte ha quindi dichiarato insussistente il conflitto, restituendo gli atti al Tribunale di Lecce per la prosecuzione del giudizio nell'osservanza di quanto affermato dal Collegio.