Con la Sentenza n. 1275, pronunciata all'udienza del 23 ottobre 2018 (deposito motivazioni in data 11 gennaio 2019), la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha preso in esame il tema della possibile sussistenza di una responsabilità penale in capo all'amministratore di un sito internet e/o al direttore di una testata giornalistica telematica ai sensi dell'art. 57 c.p., con conseguente estensione a tali soggetti della disciplina prevista per il direttore ed il vice-direttore responsabile di una testata giornalistica cartacea.
Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso presentato da un imputato, direttore responsabile di una testata telematica, avverso la Sentenza con cui la Corte d'Appello di Roma aveva riformato la pronuncia di condanna, emessa nei suoi confronti dal Tribunale della medesima città, per i reati di cui agli artt. 57, 595 comma 3 c.p. e 13 l. 47/1948, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell'appellante essendo i reati estinti per intervenuta prescrizione. La sentenza di condanna era invece stata confermata agli effetti civili.
Con uno dei motivi di ricorso, l'imputato lamentava violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'inapplicabilità dell'art. 57 c.p. ad un direttore di testata telematica.
La Suprema Corte, esaminando tale motivo di ricorso, ha ritenuto di dover aderire all'orientamento giurisprudenziale più recente riguardo tale questione di diritto. I giudici di legittimità hanno infatti osservato come la stessa Quinta Sezione Penale abbia di recente affermato, con la sentenza n. 16751 del 2018 come, in tema di diffamazione, "l'amministratore di un sito internet non sia responsabile ai sensi dell'art. 57 c.p., in quanto tale norma è applicabile alle sole testate giornalistiche telematiche e non anche ai diversi mezzi informatici di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, facebook)".
In precedenza, le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la nota Sentenza n. 31022/2015, avevano affermato (pronunciandosi in tema di sequestro) il principio in base al quale la testata giornalistica telematica risulta invece "funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo e rientra, dunque, nella nozione di "stampa" di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 1."
Tuttavia - si è affermato - l'interpretazione evolutiva, nonché costituzionalmente orientata - del concetto di "stampa" non può condurre a ricomprendere in esso tutti i nuovi mezzi, informatici e telematici, di manifestazione del pensiero come forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list o pagine facebook, a prescindere dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi. La qualità di "stampa" deve invece essere riconosciuta in tutti quei casi che, attese le caratteristiche strutturali e finalistiche degli stessi, sono riconducibili a tale nozione intesa nel senso più ampio.
Secondo la Corte, la tesi seguita da altro e diverso orientamento giurisprudenziale, il quale, nei primi anni del decennio, ha affermato l'inapplicabilità dell'art. 57 c.p. anche al direttore di un giornale telematico, determina una violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.: tale tesi, infatti, implica un irragionevole trattamento differenziato dell'informazione giornalistica cartacea rispetto a quella diffusa sulla rete internet.
Come infatti affermato anche dalla Sezioni Unite della Suprema Corte, un quotidiano od un periodico telematico sono strutturati come un vero e proprio giornale tradizionale, avendo una loro organizzazione redazionale ed un direttore responsabile, i quali spesso coincidono con quelli della testata cartacea. E' dunque possibile rilevare una connotazione del giornale telematico "funzionalmente coincidente con quella del giornale tradizionale"; lo stesso non può invece essere affermato in relazione ad un sito web, ove chiunque ha la possibilità di inserire contenuti.
Sulla base di tali rilievi, è dunque doveroso - secondo la Corte - affermare come il giornale telematico debba soggiacere alla medesima disciplina prevista per quello cartaceo.
Dal canto suo, la risalente disciplina della stampa di cui alla l. 47/48 definisce il concetto di stampa nella sua accezione tecnica di "riproduzione tipografica o comunque ottenuta con mezzi meccanici o fisico-chimici".
Al termine "stampa" deve, tuttavia, essere riconosciuto anche un significato figurato: esso indica infatti, secondo le Sezioni Unite, "i giornali in ogni loro forma divulgativa e che sono strumento elettivo dell'informazione e lo erano soprattutto all'epoca in cui entrarono in vigore la Carta Fondamentale e la richiamata L. n. 47 del 1948, quando cioè gli altri mass media, in particolare la televisione e i siti di informazione on line, non erano operativi".
Il concetto di stampa in senso figurato indica dunque il prodotto editoriale che presenta i requisiti ontologico e teleologico propri di un giornale. Per quanto concerne il primo, la struttura di un giornale è costituita dalla testata, ossia l'elemento che lo identifica, nonché dalla regolare periodicità delle pubblicazioni; quanto al secondo, la finalità del prodotto editoriale è rappresentata dalla raccolta, dal commento e dall'analisi critica di notizie legate all'attualità e dirette al pubblico, cosicché esso possa apprenderle e assumere consapevolezza, formandosi liberamente la propria opinione al riguardo.
In realtà - come già rilevato dalle Sezioni Unite - la stessa legge n. 47 del 1948 non ignorava totalmente tale concetto di stampa: essa evoca infatti in primo luogo il requisito della destinazione alla pubblicazione e, dunque, alla diffusione dell'informazione e, inoltre, detta la disciplina per giornali e periodici di altro genere, prevedendo le indicazioni obbligatorie che in essi devono comparire nonché i requisiti richiesti per ricoprire il ruolo di direttore responsabile, ed ancora l'obbligo di registrazione e di rettifica.
Dunque, il significato del termine "stampa" di cui all'art. 1 della l. 47/48 era sì strettamente legato alle tecnologie dell'epoca, ma ciò non deve impedire di adottare un'interpretazione estensiva di tale termine, anche alla luce dei notevoli progressi tecnologici nel frattempo intercorsi nel settore, pur senza oltrepassare il "campo di significanza del segno linguistico utilizzato" ed in coerenza con il dettato costituzionale.
Al riguardo, le Sezioni Unite avevano già osservato: "In realtà, lo scopo informativo è il vero elemento caratterizzante l'attività giornalistica e un giornale può ritenersi tale se ha i requisiti, strutturale e finalistico, di cui si è detto sopra, anche se la tecnica di diffusione al pubblico sia diversa dalla riproduzione tipografica o ottenuta con mezzi meccanici o fisico-chimici. Ma anche a prescindere da tali considerazioni, è il caso di aggiungere che non è certamente dirimente la tesi, secondo cui il giornale telematico non rispecchierebbe le due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del prodotto stampa come definito dalla L. n. 47 del 1948, vale a dire un'attività di riproduzione e la destinazione alla pubblicazione. L'informazione professionale, pertanto, può essere espressa non solo attraverso lo scritto (giornale cartaceo), ma anche attraverso la parola unita eventualmente all'immagine (telegiornale, giornale radio) o altro mezzo di diffusione, qual è internet (giornale telematico); e tutte queste forme espressive, ove dotate dei requisiti richiesti, non possono essere sottratte alle garanzie e alle responsabilità previste dalla normativa sulla stampa".
Pertanto, secondo il Collegio, la conclusione cui si aderisce è conseguenza di una mera deduzione interpretativa di carattere evolutivo, non analogica; essa si fonda sull'applicazione di un criterio storico-sistematico coerente con il dettato costituzionale di cui all'art. 21 Cost., cogliendo, in sintonia con l'evoluzione socio-culturale e tecnologica in materia, il senso autentico della L. n. 47 del 1948.
Il concetto di stampa tradizionale, di tipo "gutenberghiano" deve quindi ritenersi ormai "superato", essendo necessaria un'interpretazione dello stesso in linea con l'evoluzione, specialmente tecnologica, dei mezzi di informazione telematica.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte ha dunque ritenuto infondata tale doglianza e ha rigettato il ricorso proposto dall'imputato.