La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 37196, pronunciata all'udienza del 18 luglio 2018 (deposito motivazioni in data 1 agosto 2018), ha preso in esame la questione relativa al regime della nullità derivante dalla violazione del termine per la notifica all'imputato del decreto di giudizio immediato, individuato, dall'art. 456 comma 3 c.p.p., in almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio.
Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Napoli aveva rideterminato la pena ad egli inflitta dal Tribunale della medesima città per il reato di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. 309/90.
Con uno dei motivi di ricorso, l'imputato contestava violazione di legge ex artt. 606 comma 1 lett. c, 179, 178 lett. c, 157 comma 8 e 456 comma 3 c.p.p..
L'imputato contestava, in particolare, come la notifica fosse stata effettuata senza il rispetto del termine di comparizione di cui all'art. 456 comma 3 c.p.p.; tale eccezione, tuttavia, era stata respinta, per non essere stata dedotta nei termini, e stante, in ogni caso, l'avvenuta sanatoria della contestata nullità ai sensi dell'art. 184 c.p.p..
La Suprema Corte, con riguardo alla questione relativa alle conseguenze processuali derivanti dalla tardività della notifica del decreto di giudizio immediato, ha passato in rassegna differenti tesi, sostenute in seno alla giurisprudenza di legittimità.
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale la tardività della notifica del decreto di giudizio immediato non darebbe luogo ad alcuna nullità, in quanto non prevista dalla legge.
Un diverso e più recente orientamento, invece, afferma come il mancato rispetto dei termini a comparire, compresi dunque anche quelli previsti per il giudizio immediato, determinerebbe sempre una nullità di ordine generale a regime intermedio.
I giudici di legittimità hanno invece osservato come si debba escludere che la fattispecie in oggetto dia luogo ad una nullità assoluta, in quanto, ai sensi dell'art. 179 c.p.p., tale regime è previsto solo nell'ipotesi di omessa citazione dell'imputato.
Il terzo, e prevalente, orientamento giurisprudenziale afferma invece come la tardività della notifica del decreto di giudizio immediato comporti una nullità relativa: essa dovrebbe pertanto essere eccepita dopo la costituzione delle parti nel giudizio di primo grado, come previsto dall'art. 491 c.p.p..
Tanto premesso, i Giudici della Sesta Sezione Penale hanno innanzitutto affermato come debba essere disattesa la tesi secondo la quale nella fattispecie in esame non si determinerebbe alcuna nullità: il termine di comparizione - è stato infatti osservato - riveste una funzione primaria di garanzia e deve essere ricondotto, anche in virtù di un'interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina in esame, nell'alveo dell'intervento dell'imputato di cui all'art. 178 lett. c c.p.p..
Per le stesse ragioni, la Corte ha quindi qualificato tale nullità come di ordine generale di tipo intermedio, ex art. 180 c.p.p..
Essa è tuttavia sottoposta ai limiti di deducibilità di cui agli artt. 180 e 182 c.p.p. nonché alle sanatorie di cui agli artt. 183 e 184 c.p.p.: la giurisprudenza di legittimità ha infatti escluso
l'operatività degli artt. 182 e 184 c.p.p. nella sola ipotesi in cui siano contemporaneamente assenti sia la parte sia il suo difensore, non essendo presente, o nominato, neppure un sostituto.
Dunque, l'orientamento giurisprudenziale considerato preferibile dalla Corte sostiene la configurabilità della preclusione di cui all'art. 182 comma 2 c.p.p., che prevede l'onere della formulazione dell'eccezione di nullità, ad opera della parte presente, prima del compimento dell'atto o, se ciò non è possibile, immediatamente dopo: come anticipato, tuttavia, una pronuncia della Suprema Corte (n. 3366/17) ha affermato come sia necessaria, affinché tale preclusione possa dirsi operativa, la presenza, quantomeno, del difensore. Solo al verificarsi di tale condizione, opera infatti l'onere di formulare l'eccezione in oggetto, prima dell'apertura del dibattimento e della dichiarazione di assenza dell'imputato.
Con riferimento alla fattispecie in esame, i giudici di legittimità hanno osservato come alla prima udienza, pur in assenza dell'imputato e dei suoi difensori di fiducia, fosse comunque presente il difensore nominato quale sostituto degli stessi; egli avrebbe dovuto, in tale sede, opporsi alla declaratoria di contumacia dell'imputato e, contestualmente, formulare l'eccezione di tardività della citazione del medesimo.
La proposizione di tale eccezione, per la prima volta, solo in una successiva udienza dibattimentale era quindi stata correttamente ritenuta tardiva, e pertanto disattesa, dal giudice di merito.
Il motivo di ricorso proposto dall'imputato è stato dunque, per tali ragioni, ritenuto infondato da parte della Suprema Corte.
Con riferimento alla fattispecie in esame, i giudici di legittimità hanno osservato come alla prima udienza, pur in assenza dell'imputato e dei suoi difensori di fiducia, fosse comunque presente il difensore nominato quale sostituto degli stessi; egli avrebbe dovuto, in tale sede, opporsi alla declaratoria di contumacia dell'imputato e, contestualmente, formulare l'eccezione di tardività della citazione del medesimo.
La proposizione di tale eccezione, per la prima volta, solo in una successiva udienza dibattimentale era quindi stata correttamente ritenuta tardiva, e pertanto disattesa, dal giudice di merito.
Il motivo di ricorso proposto dall'imputato è stato dunque, per tali ragioni, ritenuto infondato da parte della Suprema Corte.