venerdì 28 luglio 2023

Concorso di persone nel reato di detenzione o cessione di stupefacenti: rimessa alle Sezioni Unite la questione se il medesimo fatto storico possa essere o meno qualificato ai sensi dell'art. 73, comma 1 o 4, D.P.R. 309/90 nei confronti di alcuni concorrenti e ricondotto al comma 5 nei confronti di altri.

La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l'Ordinanza n. 32320, pronunciata all'udienza del 23 giugno 2023 (deposito motivazioni in data 25 luglio 2023), ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione giuridica: 

"Se, in tema di concorso di persone nel reato di detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, il medesimo fatto storico possa essere o meno qualificato ai sensi dell'art. 73, comma 1 o 4, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nei confronti di alcuni concorrenti e contemporaneamente ricondotto nell'ambito dell'art. 73, comma 5, nei confronti di altri".

Nel caso di specie, la Corte d'Appello di Roma, in ordine alle richieste, da parte di alcuni imputati, di riqualificazione delle condotte contestate nella fattispecie di lieve entità di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. 309/90, aveva ritenuto di aderire ad una delle due opzioni interpretative adottate dalla giurisprudenza di legittimità, a mente della quale: 

"E' ben possibile che in tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il medesimo fatto storico possa essere ascritto ad un imputato ai sensi dell'art. 73, comma 1, e ad un altro imputato a norma dell'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta assuma caratteri differenziali per ciascun correo. In siffatta valutazione infatti non assume rilevanza solo il dato qualitativo o quantitativo della sostanza detenuto o ceduto, bensì il disvalore complessivo del fatto di reato delineato dalle modalità dell'azione." 

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La Corte di Cassazione ha rilevato come la questione attinente alla possibile differenziazione dei titoli di responsabilità tra concorrenti, a fronte di un medesimo fatto di reato in materia di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, affondi le sue radici nella stessa ricostruzione dogmatica dell' istituto del concorso eventuale di persone nel reato, ed in particolare nella natura unitaria o differenziata del fatto di reato realizzato plurisoggettivamente.

Con riferimento alla fattispecie incriminatrice di cui al quinto comma dell'art. 73 D.P.R. 309/90, si è, innanzitutto, ricordato come la medesima, a seguito della riforma apportata tramite il D.L. n. 146/2013, da circostanza attenuante speciale ad effetto speciale, sia divenuta, secondo consolidata giurisprudenza, fattispecie autonoma di reato, al fine di garantire pene più miti per il c.d. "micro-spaccio". Le fattispecie di reato descritte dall'art. 73, commi 1 e 4, nonchè dal comma 5, inoltre, sono delitti comuni a condotta mista alternativa, puniti a titolo di dolo generico, con la conseguenza per cui non vi è possibilità di giustificare la configurabilità di diversi titoli di reato sulla base del diverso contegno psicologico di ciascun concorrente.

I giudici di legittimità hanno, inoltre, rilevato come in dottrina si sia ritenuto che la trasformazione della fattispecie di lieve entità, da circostanza attenuante speciale ad effetto speciale, a titolo autonomo di reato appaia "maggiormente calibrata sull' ipotesi della realizzazione monosoggettiva, che non sulla eventualità che la condotta tipica sia frutto di un'attività in concorso, ponendo, pertanto, problemi di compatibilità con la disciplina del concorso di persone nel reato".

Gli orientamenti giurisprudenziali contrapposti.

Ciò premesso, la Corte ha esaminato i due, contrapposti orientamenti giurisprudenziali esistenti in ordine al concorso di persone nel reato de quo

Secondo il primo di essi, condiviso dalla dottrina, dalla combinazione delle norme di parte speciale con quelle sul concorso di persone nel reato discendono tante fattispecie plurisoggettive differenziate quanti sono i concorrenti. Tali fattispecie avrebbero in comune il medesimo nucleo di accadimento materiale, ma si distinguerebbero tra loro "per l'atteggiamento psichico (ossia, per ciascuna di esse, quello proprio del compartecipe che si considera) e per taluni aspetti esteriori (inerenti soltanto alla condotta, dell'uno o dell'altro compartecipe)"; da ciò deriverebbe l'ammissibilità dell'affermazione di responsabilità a diverso titolo per due o più dei diversi concorrenti.

Secondo questo primo orientamento, pertanto, con riguardo al tema del concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il medesimo fatto storico può essere ascritto a un imputato ai sensi dell'art. 73, comma 1, D.P.R. 309/90, e a un altro a norma dell'art. 73, comma 5 del medesimo D.P.R., qualora il contesto complessivo nel quale si colloca la condotta assuma caratteri differenti per ciascun correo, tenendo conto della quantità di stupefacente trattato, dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell'azione (in tal senso, Sez. 3, n. 16598 del 20/02/2020, Graziani; Sez. 6, n. 2157 del 09/11/2018, dep. 2019, Sarr). In altri termini, il medesimo fatto di spaccio o di detenzione si presta ad essere qualificato diversamente per ciascun concorrente nel caso in cui le condotte di ogni partecipe siano apprezzabili in termini differenti; secondo tale ricostruzione, perciò, l'art. 110 c.p. avrebbe la funzione di disciplina del fenomeno concorsuale, rendendo applicabile ai concorrenti il regime delle circostanze del concorso e quello dell'estensione delle cause di giustificazione, essendo le condotte di alcuni partecipi già di per sè tipiche. Secondo tale impostazione, qualificata dalla dottrina come "teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale", la predetta soluzione sarebbe preferibile, in quanto calibrata sulla persona del colpevole piuttosto che sul fatto tipico di concorso.

Il Collegio ha quindi rilevato come, secondo una pronuncia della Sesta Sezione Penale della Suprema Corte, deporrebbe a favore della tesi in esame l'art. 112 ult. comma, c.p.. Tale disposizione, infatti, non specificando le ragioni per cui taluno dei concorrenti non sia imputabile o punibile, sembrerebbe ammettere la configurabilità del concorso di persone anche nel caso della non punibilità c.d. relativa, non quindi nel senso di una carenza assoluta di punibilità, ma di una punibilità per un titolo diverso di reato che, unendosi a quello degli altri concorrenti, contribuisca alla produzione della medesima offesa tipica (Sez, 6, n. 2157 del 9/11/2018, dep. 2019, Dia).

Si è inoltre osservato come la giurisprudenza di legittimità riconosca la configurabilità di responsabilità a diverso titolo tra più concorrenti in relazione al medesimo fatto storico; in particolare, si è affermato che il soggetto non concorrente nel reato presupposto, il quale contribuisca alla realizzazione, da parte dell'autore di quest'ultimo, di condotte di autoriciclaggio, risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio (Sez. 2, n. 17245 del 17/01/2018, Tucci).

A sostegno di tale tesi, si è, altresì, affermato che la teoria della configurabilità di diversi titoli di responsabilità per i diversi concorrenti può trovare ulteriore conferma sulla base delle implicazioni desumibili dagli artt. 116 e 117 c.p.. Al riguardo, la giurisprudenza ha, infatti, più volte evidenziato come la "parificazione" prevista dall'art. 117 c.p. - applicabile solo quando il concorrente cd. extraneus non abbia consapevolezza delle condizioni o delle qualità personali del concorrente cd. intraneus, o dei rapporti fra questi e l'offeso, in presenza delle quali o dei quali muta il titolo di reato, perchè altrimenti sarebbe configurabile il concorso per entrambi a norma dell'art. 110 c.p. - trova fondamento nella necessità di evitare che alcuni concorrenti siano puniti per un reato e altri per un diverso titolo unicamente perchè abbiano interferito particolari qualità di uno di essi o particolari rapporti di costui con la persona offesa (Sez. 1, n. 7624 del 09/06/1981, Cerentino, nonchè Sez. 3, n. 3557 del 22/12/1965, dep. 1966, Pugnoli). Di conseguenza, quando il mutamento del reato è determinato da circostanze diverse da quelle costituite dalle condizioni o dalle qualità personali del colpevole, o dai rapporti fra il colpevole e l'offeso, e il soggetto a carico del quale è configurabile la responsabilità per la fattispecie meno grave non ha consapevolezza degli elementi qualificanti la vicenda in modo deteriore per l'altro concorrente, la "parificazione" del titolo di responsabilità non può giustificarsi né sulla base dell'art. 110 c.p., né a norma dell'art. 117 c.p.; potrà essere, invece, applicabile la disciplina di cui all'art. 116 c.p., a condizione che ne sussistano i necessari presupposti, sotto il profilo soggettivo.

Ciò posto, si è osservato, l' inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 116 e 117 c.p., che ha la funzione di "aggravare" la responsabilità per uno o più dei concorrenti, anche in deroga agli ordinari principi in tema di colpevolezza, non potrebbe, salvo l' ipotesi di diversa indicazione normativa, determinare addirittura una "parificazione" in mitius a vantaggio di uno o più di essi: tali disposizioni, infatti, risultano escludere, in linea generale, che l' istituto del concorso di persone nel reato possa dare luogo ad una mitigazione della responsabilità penale, e rendono quindi ragionevole, in caso di loro inapplicabilità, correlare il titolo della stessa, per ciascun agente, al fatto al medesimo riferibile oggettivamente e soggettivamente, nel rispetto del principio di cui all'art. 27, comma 1, Cost..

Sulla base di tali considerazioni, si è pertanto concluso, da parte dei sostenitori di tale tesi, che il medesimo episodio di cessione (o detenzione) di sostanza stupefacente possa essere ascritto a un imputato a norma dell'art. 73, comma 1, D.P.R. n. 309 del 1990, e ad un altro imputato a norma dell'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, quando ai fini della qualificazione del fatto rilevi il contesto complessivo nel quale si colloca la condotta, e di questo contesto sia oggettivamente e soggettivamente partecipe il primo soggetto, ma non anche il secondo.

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Secondo un diverso e contrapposto orientamento, invece,  in tema di concorso di persone nel reato di detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, il medesimo fatto storico non può essere qualificato ai sensi dell'art. 73, comma 1 o 4, D.P.R. n. 309/1990, nei confronti di alcuni concorrenti e, contemporaneamente, ricondotto nell'ambito dell'art. 73, comma 5, nei confronti di altri, stante l'unicità del reato nel quale si concorre, che non può, quindi, atteggiarsi in modo diverso rispetto ai singoli concorrenti. A titolo di esempio, la giurisprudenza di legittimità che ha fatto propria tale tesi ha evidenziato come non possa essere consentita una diversa qualificazione giuridica del medesimo fatto storico sul mero presupposto che, in relazione a taluni correi, il singolo episodio si iscriva in un programma criminoso di stampo associativo come reato-fine.

I sostenitori di tale tesi hanno affermato come, sebbene una parte della dottrina, dalla combinazione delle norme di parte speciale con quella generale di cui all'art. 110 c.p., ritenga discendano tante fattispecie plurisoggettive differenziate quanti sono i concorrenti - fattispecie che avrebbero in comune il medesimo nucleo di accadimento materiale, ma si distinguerebbero tra loro per l'atteggiamento psichico e per taluni aspetti esteriori - ciò non consenta, comunque, di ammettere, a livello generale, la differenziazione del titolo di responsabilità dei concorrenti, alla luce del chiaro dettato dell'art. 110 c.p..

A favore di tale orientamento, si è altresì osservato, depone l'interpretazione sistematica delle regole sulla compartecipazione criminosa, dalle quali si desume la necessaria parificazione della responsabilità dei concorrenti, come comprovato dagli stessi artt. 116 e 117 c.p. che, in quanto eccezioni, confermerebbero che la regola è costituita proprio dalla pari responsabilità dei concorrentiPertanto, in caso di concorso in un medesimo episodio di detenzione o cessione illecita di sostanza stupefacente, una volta identificata l'unica condotta tipica ascritta a più persone (trattandosi di ipotesi delittuosa in cui sono previste più condotte tipiche), la qualificazione della fattispecie non potrebbe essere diversa per i concorrenti: lo stesso fatto non potrebbe, perciò, essere qualificato ai sensi dell'art. 73, comma 1 o 4, D.P.R. n. 309 del 1990 nei confronti di alcuni concorrenti e contemporaneamente ricondotto nell'ambito dell'art. 73, comma 5 D.P.R. cit. nei confronti di altri (in tal senso, Sez.4, n. 37732 del 5/05/2022, D'Aiello; Sez.4, n. 7098 del 27/01/2022, Pace).

Si è inoltre rilevato come, per altro verso, la lieve entità caratterizzi in modo oggettivo e globale la fattispecie, con la conseguenza per cui tale qualifica non può dipendere da peculiarità soggettive di uno dei concorrenti, nè configurarsi in modo frammentario rispetto soltanto ad alcuni di essi, salva la diversa determinazione del trattamento sanzionatorio per il singolo, sulla base dei criteri dettati dall'art. 133 c.p., dall'art. 114 c.p. o dalle disposizioni in materia di recidiva (Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Khess). Nè potrebbe pervenirsi a diverse conclusioni al fine di evitare, in virtù del concorso, la mitigazione del trattamento sanzionatorio per alcuni dei concorrenti, in quanto la valutazione globale e unitaria della fattispecie può condurre al risultato opposto, determinando l'esclusione della lieve entità del fatto.

Sulla base di tali rilievi, la Corte di Cassazione ha pertanto disposto che la decisione sia rimessa alle Sezioni Unite.