La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 31451, pronunciata all'udienza del 7 giugno 2023 (deposito motivazioni in data 19 luglio 2023), ha preso in esame la questione concernente la sussistenza o meno di un obbligo di avvisare la persona offesa in ordine alla necessità di presentare querela, con riferimento ai reati il cui regime di procedibilità è mutato a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. 150/2022.
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Un imputato proponeva ricorso avverso la Sentenza con cui la Corte d'appello di Roma ne aveva confermato la responsabilità per il reato di cui agli artt. 624, 625, comma 1, n. 2, c.p., condannandolo alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 600,00 di multa.
Tramite il proprio unico motivo di ricorso, il difensore dell'imputato lamentava l'erronea applicazione della legge in relazione all'art. 69, comma 3, c.p., avendo i giudici ritenuto elisa l'aggravante per mezzo del suo bilanciamento con le attenuanti generiche, in regime di equivalenza, ma irrogato una pena pecuniaria di misura abnorme, in quanto superiore al massimo edittale previsto per l'art. 624 c.p..
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La Corte di Cassazione ha dapprima rilevato come, in effetti, la pena pecuniaria irrogata sia da considerarsi abnorme, essendo stata inflitta in misura superiore al massimo edittale stabilito per il reato di furto non aggravato; essa avrebbe dovuto, invece, essere mantenuta nei limiti edittali di tale fattispecie, atteso che la circostanza aggravante era stata bilanciata, in regime di equivalenza, con le circostanze attenuanti generiche.
Ciò posto, stante la non infondatezza del ricorso, i giudici di legittimità hanno proceduto a valutare l'applicabilità al reato del regime di procedibilità introdotto dal D.Lgs. n. 150/2022. L'art. 2, comma 1, lett. i) di tale Decreto ha infatti stabilito, come noto, la procedibilità a querela del reato di furto, anche se aggravato ai sensi dell'art. 625 c.p., con esclusione delle sole ipotesi di reato aggravato dall'art. 625, comma 1, n. 7, c.p. (in parte) o commesso in danno di persona incapace.
Tale valutazione è stata, infatti, ritenuta possibile dalla recente giurisprudenza di legittimità, che ha posto come condizione l'ammissibilità del ricorso:
"Nel giudizio di legittimità, l'inammissibilità del ricorso, impedendo la costituzione del rapporto processuale, preclude la considerazione della mancata proposizione della querela in relazione a reati per i quali sia stata introdotta, nelle more del ricorso, tale forma di procedibilità dal D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, sicché non è necessario attendere il decorso del termine di tre mesi dall'entrata in vigore del citato D.Lgs. per l'eventuale esercizio dell'istanza punitiva" (Sez. 4, n. 2658 del 11/01/2023; conf. Sez, 5. n. 5223 del 17/01/2023).
Nel caso di specie, la Corte ha constatato come la persona offesa non avesse mai, in precedenza, presentato querela, avendo sporto solamente una formale denuncia - nella quale non era, tuttavia, evidenziata la volontà di punizione del colpevole - né la medesima aveva dimostrato tale volontà di punizione costituendosi parte civile.
A questo punto, la Suprema Corte ha ricordato come l'art. 85 D.Lgs. n. 150 del 2022, contenente le disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità, abbia stabilito che:
"Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine di presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato".
Qualora, invece, per il reato divenuto procedibile a querela sia stata applicata ad un soggetto una misura cautelare, il termine è ridotto a soli venti giorni, ma, in tal caso, il comma 2 dell'art. 85 cit. stabilisce che "l'autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa".
Alla luce di quanto affermato nella norma, la Corte ha quindi rilevato come il legislatore non abbia, invero, previsto alcun onere di avviso alla persona offesa del mutato regime di procedibilità del reato di cui essa è vittima, così da consentirle di valutare se presentare querela o meno; è stato, invece, unicamente stabilito un termine per la sua presentazione, legato esclusivamente all'entrata in vigore della nuova normativa. D'altra parte - hanno osservato i giudici di legittimità - "il diverso onere attribuito all'autorità giudiziaria, nel caso che vi sia un indagato o imputato sottoposto a misura cautelare, dimostra che la disposizione di cui al comma 1 dell'art. 85 legge cit. è stata determinata da una precisa volontà di semplificazione delle procedure". Neppure, ha aggiunto la Corte, è previsto un onere, a carico dell'autorità giudiziaria, di informarsi, presso gli organi di procura o gli uffici di polizia giudiziaria, in merito alla eventuale, sopravvenuta presentazione di querela nel termine sopra indicato.
Sulla base di tali rilievi, la Corte di Cassazione ha dunque affermato il seguente principio di diritto:
"Il decorso del termine di novanta giorni dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2022 senza che l'autorità giudiziaria procedente riceva la prova dell'avvenuta presentazione di querela, a seguito della modifica del regime di procedibilità del reato introdotta dalla predetta normativa, impone la immediata pronuncia della declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela, non essendo previsto un formale avviso alla persona offesa della necessità della sua presentazione".
Il Collegio ha, inoltre, aggiunto come non vi sia neppure alcun dovere, in capo all'Autorità giudiziaria, di disporre ricerche circa l'esistenza di una querela o di sollecitarne l'acquisizione, né, tanto meno, di disporre l'assunzione di informazioni presso la persona offesa, in merito alla volontà punitiva eventualmente manifestata.
Nel caso di specie, la Corte d'appello aveva comunque chiesto informazioni circa l'avvenuta o meno presentazione di querela da parte della persona offesa, che era già precedentemente informata del reato, ed i Carabinieri avevano fatto pervenire una querela, sporta però solo in data 6 giugno 2023. La manifestazione della volontà punitiva è stata, perciò, ritenuta tardiva, essendo stata espressa ben oltre il termine stabilito dall'art. 85, comma 1, D.Lgs. n. 150 del 2022.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto dichiarato improcedibile per mancanza di tempestiva querela il reato contestato ed ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, stante l'intervenuta estinzione del reato.