La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 32435, pronunciata all'udienza del 9 giugno 2023 (deposito motivazioni in data 26 luglio 2023) ha preso in esame il tema concernente il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto con riferimento agli illeciti in materia di sicurezza sul lavoro, nell'ipotesi di adempimento alle prescrizioni impartite con il verbale di accertamento delle violazioni.
Il fatto.
Un imputato proponeva ricorso avverso la sentenza con cui il Tribunale di L'Aquila ne aveva affermato la penale responsabilità in relazione ai reati di cui agli artt. 108, 122 e 159, comma 2, lett. a e b) D.Lgs. n. 81 del 2008.
Tramite uno dei propri motivi di ricorso, la difesa lamentava la violazione di cui all'art. 606 comma 1, lett. b) ed e) c.p.p., stante l'omessa considerazione dell richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p., alla luce del fatto che l'imputato aveva adempiuto alle prescrizioni, eliminando le conseguenze del reato.
La decisione.
La Corte di Cassazione ha dapprima rilevato come il Tribunale, dopo avere dato atto che l'imputato aveva ottemperato alle prescrizioni impartite con il verbale di accertamento delle violazioni, con conseguente eliminazione delle violazioni contestate, aveva respinto la richiesta di applicazione della causa di non punibilità, non sussistendo, a suo dire, i presupposti di cui all'art. 131 bis c.p..
Ciò posto, i giudici di legittimità hanno ritenuto la decisione di diniego di riconoscimento della causa di non punibilità come meramente assertiva, non considerando essa, quale circostanza, la predetta eliminazione delle violazioni contestate. Sul punto, si è in primo luogo osservato come tale statuizione si ponga in contrasto con quanto affermato dalla stessa Terza Sezione Penale con la pronuncia n. 893 del 28/06/2017, ove, in un caso analogo, l'eliminazione delle conseguenze pericolose del reato era stata giudicata rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 131 bis c.p.., affermandosi come l'esiguità del disvalore derivi da una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza.
Il Collegio ha ritenuto di dover dare seguito a tale orientamento giurisprudenziale, a maggior ragione, in seguito alla modifica dell'art. 131 bis c.p. ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1) D.Lgs. n. 150/2022. Tramite tale riforma si è, infatti, prevista non solo l'applicabilità generalizzata della causa di non punibilità a tutti i reati puniti con pena minima pari o inferiore a due anni, ma, con specifico riferimento ai parametri di valutazione, si è introdotto quello concernente la "condotta susseguente al reato".
La Corte ha, quindi, rilevato come tale norma, entrata in vigore, secondo quanto previsto dall'art. 6 D.L. n. 162 del 2022, il 30 dicembre 2022, abbia natura sostanziale, e sia dunque applicabile, per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti innanzi alla Corte di cassazione; solo per questi ultimi, inoltre, la relativa questione, in applicazione degli artt. 2 comma 4 c.p. e 129 c.p.p., è deducibile e rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 609 comma 2 c.p.p., anche nel caso di ricorso inammissibile (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj).
Tale norma, si è ancora rilevato, troverà applicazione anche ai fatti di reato commessi prima dell'entrata in vigore della riforma, in ossequio alla regola generale di cui all'art. 2 comma 4 c.p., trattandosi di legge più favorevole rispetto a quella previgente (sul punto, Sez. 4, n. 9466 del 15/02/2023, Castrignano).
Tanto premesso, i giudici di legittimità hanno rilevato come assuma, dunque, particolare rilevanza, ai fini della valutazione della gravità dell'offesa, la considerazione anche della condotta susseguente al reato; elemento, questo, che la giurisprudenza di legittimità, nel vigore della precedente formulazione della norma, escludeva dall'ambito dei parametri da prendere in considerazione, stante la sua mancata espressa previsione, dovendosi valutare, si sosteneva in precedenza, la misura dell'offesa nel solo momento di consumazione del reato.
A seguito della predetta modifica, invece, la condotta post factum, si è affermato, costituisce uno, ma non certamente l'unico, né il principale, degli elementi valutabili, da parte del giudice ai fini del giudizio inerente alla gravità dell'offesa. Egli potrà perciò considerare "una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere "susseguenti" al reato, ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell'offesa".
Ciò sarà possibile, tuttavia, non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell'offesa - come nell'ipotesi di restituzioni, risarcimento del danno, condotte riparatorie, condotte di ripristino dello stato dei luoghi, accesso a programmi di giustizia riparativa, o intervenuta eliminazione delle violazioni accertate dagli organi ispettivi - ma anche, e specularmente, quando condotte successive aggravino la lesione - inizialmente "tenue" - del bene protetto (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu).
Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto annulato la sentenza, con rinvio al Tribunale di L'Aquila.