La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 35803, pronunciata all'udienza del 5 giugno 2023 (deposito motivazioni in data 28 agosto 2023), ha preso in esame la questione concernente la tipologia di nullità derivante da una dichiarazione di assenza dell'imputato non conforme a quanto previsto dall'art. 420 bis comma 2 c.p.p..
Il fatto.
Un imputato proponeva ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Bologna ne aveva confermato la penale responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 6 comma 3 D.Lgs. n. 286 del 1998. Nella sentenza di primo grado, l'imputato era stato indicato come libero assente, ed elettivamente domiciliato presso il proprio difensore. I giudici felsinei avevano ritenuto legittima la dichiarazione di assenza, posto che l'imputato, in sede di identificazione ed elezione di domicilio - presso il difensore di ufficio - aveva ricevuto notizia di essere indagato tanto per tentato furto che per la mancata esibizione dei documenti.
Tramite il proprio ricorso, l'imputato lamentava violazione di norma processuale in riferimento alla dichiarazione di assenza, rappresentando come l'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, cui erano stati notificati gli atti di instaurazione del contraddittorio, non assistita da verifica dell'effettività di contatti tra l'imputato ed il difensore, non poteva essere ritenuta valido presupposto della dichiarazione di assenza. Si rilevava, inoltre, come, al momento della elezione di domicilio, il procedimento era iscritto nel registro delle notizie di reato esclusivamente per il tentato furto.
La decisione.
La Corte ha premesso come, ai fini della ricognizione dell'assenza dell'imputato, intesa come condizione derivante dalla consapevole scelta di non prendere parte alla trattazione del processo o dalla volontaria sottrazione alla conoscenza degli atti, occorra verificare l'effettiva conoscenza dei contenuti dell'accusa e della data di celebrazione del processo.
Sul punto, le Sezioni Unite, con la Sentenza n. 23948 del 28.11.2019, hanno ritenuto come non sia possibile ritenere che l'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio (non assistita dall'assenso del domiciliatario) produca un tale effetto, ferma restando la validità formale della notifica: ai fini della dichiarazione di assenza, infatti, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa.
Nel caso di specie, hanno rilevato i giudici di legittimità, ricorreva tale fattispecie, non risultando alcuna prova di effettività del rapporto professionale tra il difensore di ufficio e l'imputato, e non potendo ritenersi esaustiva l'informazione ricevuta - quanto al contenuto dell'accusa - in sede di mera identificazione. Da ciò consegue come, pur in presenza di una notifica dell'atto introduttivo formalmente valida (al difensore di ufficio domiciliatario), la dichiarazione di assenza possa essere ritenuta invalida, ossia non conforme ai contenuti della norma di legge di cui all'art. 420 bis comma 2 c.p.p., qualora non vi sia la prova della conoscenza del processo in capo al soggetto non comparso.
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Il Collegio ha quindi preso in esame la questione concernente il tipo di invalidità ricorrente nell'ipotesi di una dichiarazione di assenza operata in tal modo (ossia non assistita dalla prova della effettiva conoscenza del processo), rilevando come la giurisprudenza di legittimità non abbia offerto, al riguardo, soluzioni sempre univoche. Ferma, infatti, restando la matrice di fondo, rinvenibile nella previsione di legge di cui all'art. 178 comma 1 lett. c c.p.p., riguardando la norma violata l'intervento dell'imputato, in alcune decisioni si è ritenuta la nullità in questione di ordine generale non assoluta, con possibile sanatoria ex art. 182 c.p.p. (v. Sez. V n. 25782 del 2.4.2019).
Ciò posto, la Corte - rilevato come nel caso in esame fosse stato introdotto uno specifico motivo di appello - ha ritenuto di aderire, invece, al diverso orientamento che riconduce tale situazione patologica nel novero delle nullità assolute ex art. 179 c.p.p., trattandosi di situazione processuale integrante gli estremi dell'omessa citazione dell'imputato.
Più in particolare, i giudici di legittimità hanno aderito a quanto recentemente affermato da Sez. III n. 48376 del 9.11.2022, secondo cui, in tema di giudizio in assenza, è affetta da nullità assoluta la notifica del decreto di citazione a giudizio dell'imputato ove non si abbia certezza della conoscenza della pendenza del processo da parte sua ovvero della volontà del medesimo di sottrarsi a tale conoscenza. In tale decisione, i giudici della Terza Sezione avevano sostenuto che: "(..) ora, se si ritiene che la disciplina del processo in assenza imponga "sempre" di accertare "in fatto" se l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del processo o abbia volontariamente impedito alle autorità di informarlo ufficialmente in proposito (cfr., per questa conclusione, specificamente, Sez. Un. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, p. 14 del Considerato in Diritto), deve inferirsi, in via consequenziale, che la notificazione degli atti del processo al difensore di ufficio, pur in presenza di una delle situazioni tipizzate dall'art. 420- bis c.p.p. (dichiarazione o elezione di domicilio, arresto, fermo o sottoposizione a misura cautelare personale, nomina del difensore di fiducia), qualora sia avvenuta senza un'affidabile verifica in concreto circa la volontaria sottrazione dell'imputato alla conoscenza del processo, è, insieme, inidonea a determinare la conoscenza effettiva, per l'imputato, della citazione a giudizio, nonché eseguita in forme diverse da quelle prescritte (..).
In altre parole, pertanto, ha affermato la Corte, il vizio di instaurazione del contraddittorio deriva dalla mancata verifica, da parte del giudice procedente, del presupposto fondamentale della dichiarazione di assenza, rappresentato dalla "certezza" della conoscenza dei contenuti della contestazione e della data/luogo di celebrazione del processo.
A sostegno della tesi che si tratti di un vizio insanabile (quindi deducibile con il ricorso per cassazione anche in mancanza di una deduzione precedente), i giudici di legittimità hanno, inoltre, ritenuto che vi sia, in via logica, la circostanza per cui l'erronea dichiarazione di assenza può condurre all'accoglimento di una domanda di rescissione del giudicato (mezzo straordinario); sarebbe, dunque, del tutto irragionevole lasciare spazio, in sede di cognizione, alla formazione di un giudicato precario e caratterizzato da una chiara menomazione del contraddittorio.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte ha pertanto dichiarato la nullità della dichiarazione di assenza, con conseguente annullamento senza rinvio di entrambe le decisioni, e trasmissione degli atti al Tribunale di Modena.