La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 36468, pronunciata all'udienza del 31 maggio 2023 (deposito motivazioni in data 31 agosto 2023) ha preso in esame la questione concernente la ricorribilità per cassazione dell'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari, all'esito dell'udienza camerale fissata a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione, disponga, ai sensi dell'art. 411 comma 1-bis, c.p.p., l'archiviazione per particolare tenuità del fatto.
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Nella fattispecie, una persona sottoposta ad indagini per il delitto di diffamazione proponeva ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia, all'esito dell'udienza camerale fissata a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione, aveva disposto, ai sensi dell'art. 411 comma 1-bis c.p.p., l'archiviazione per particolare tenuità del fatto di tale procedimento.
La Suprema Corte ha ritenuto di affrontare, in via preliminare, il tema inerente alla ricorribilità per cassazione avverso la suddetta ordinanza, trattandosi di un provvedimento che non solo presuppone l'accertamento di un fatto di reato, ma che deve essere iscritto nel casellario giudiziale, fatta salva la non menzione nei certificati rilasciati a uso di terzi (Sez. U, n. 38954 del 30/05/2019, De Martino).
I giudici di legittimità hanno, in primis, osservato come la ricorribilità in cassazione del provvedimento di archiviazione non possa essere ravvisata sulla base del solo rilievo che - ai sensi del combinato disposto degli artt. 409 comma 1, 410 comma 3, e 411 comma 1, c.p.p. - il giudizio di opposizione "si svolge nelle forme previste dall'art. 127"; ciò, in quanto il rinvio all'art. 127 c.p.p., operato in altre norme del codice di rito con la formula "secondo le forme previste" o con formule equivalenti, riguarda le regole di svolgimento dell'udienza camerale, ma non implica, ex se, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in tale norma, neppure, pertanto, il ricorso in sede di legittimità. Sul punto, si è infatti rilevato come, per diverse disposizioni contenenti tale rinvio, il legislatore ha invece previsto espressamente siffatta ricorribilità.
Da ciò consegue come, in tema di ricorribilità per cassazione avverso il provvedimento emesso all'esito della camera di consiglio ex art. 127 c.p.p., sia necessaria una esplicita previsione di impugnabilità, tutte le volte in cui il richiamo al rito camerale sia espresso con riferimento alle forme previste dall'art. 127, o attraverso termini equipollenti, quali "secondo le forme", "con le forme", "osservando le forme"; a diversa soluzione si deve invece pervenire - ha osservato la Corte - quando il legislatore adotta il termine "a norma dell'art. 127": tale terminologia è, infatti, da considerare comprensiva anche del ricorso in cassazione (Sez. 3, n. 5454 del 27/10/2022, dep. 2023, Pandolfi), in ossequio al principio di tassatività delle impugnazioni, secondo il quale nessun gravame è ammesso, in quanto non espressamente previsto.
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Tanto premesso, il Collegio ha tuttavia evidenziato come, malgrado non espressamente impugnabili, i provvedimenti che incidono sulla libertà personale siano ricorribili per cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 111 comma 7 Cost., sicchè anche le ordinanze e i decreti motivati, pur non avendo la forma della sentenza, risultano impugnabili tutte le volte in cui assumono, in concreto, natura decisoria; ciò dicasi anche per l'ipotesi in cui, indipendentemente dal nomen iuris, tali provvedimenti accertano l'esistenza di un fatto-reato, dovendosi infatti intendere per "sentenza" non solo il provvedimento giurisdizionale avente detta forma, ma anche ogni altro provvedimento che, pur diversamente nominato, abbia "carattere decisorio e capacità di incidere in via definitiva su situazioni giuridiche di diritto soggettivo producendo, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale e processuale sul piano contenzioso della composizione di interessi contrapposti e non sia soggetto ad alcun altro mezzo di impugnazione (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino).
A tale ipotesi, ha osservato la Corte, dev'essere ricondotta l'ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto, pronunciata ai sensi dell'art. 411 comma 1-bis c.p.p., con la quale il legislatore ha realizzato un modello che "si distacca dall'iter tipo e questa particolarità giustifica, diversamente dagli altri epiloghi, la legittimazione attribuita alla persona sottoposta alle indagini di attivare il mezzo di impugnazione" (Sez. 3, Pandolfi, in motivazione). L'ordinanza di archiviazione ex art. 131-bis c.p., infatti, pur non avendo la forma della sentenza, presenta, di questa, i caratteri costitutivi, posto che decide, in maniera definitiva, su questioni di diritto soggettivo.
A tal riguardo, hanno infatti evidenziato i giudici di legittimità come l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto abbia natura sostanziale, in quanto, richiedendo l'analisi e la considerazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado della colpevolezza, presuppone "ponderazioni che sono parte ineliminabile del giudizio di merito" (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, in motivazione).
Da tali osservazioni, la Corte di Cassazione ha pertanto tratto la conclusione per cui, sulla base di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina che regola la materia dell'archiviazione per particolare tenuità del fatto, il giudice di legittimità è nella condizione di esperire il giudizio che gli è proprio, afferente all'applicazione della legge e, dunque, di accertare se la fattispecie concreta si collochi, effettivamente, nel modello legale proprio dell'istituto di cui all'art. 131-bis c.p..
I giudici di legittimità hanno pertanto affermato il principio di diritto per cui l'ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto è impugnabile con il ricorso in sede di legittimità per violazione di legge e per motivazione mancante o meramente apparente e, dunque, per violazione della norma che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.