In materia di responsabilità medica, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 40732, pronunciata all'udienza del 14 settembre 2023 (deposito motivazioni in data 6 ottobre 2023) ha preso in esame la questione se l'aumento dimensionale di una neoplasia di natura maligna sia riconducibile al concetto penalistico di "malattia", come inteso dalla norma incriminatrice di cui all'art. 590 c.p..
Il fatto.
Un imputato proponeva ricorso avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Bologna ne aveva confermato la responsabilità, agli effetti civili, per il reato di cui all'art. 590 c.p.. Era ascritto al predetto, nella propria qualità di responsabile dell'unità Operativa di senologia di una struttura ospedaliera, di aver cagionato ad una paziente lesioni personali, consistite nell'aggravamento volumetrico di una "formazione solida" alla mammella destra, la cui esistenza era stata accertata a seguito di ecografia. Il medico aveva, infatti, determinato l'aggravamento di tale patologia tumorale in quanto, all'esito di una visita senologica sulla paziente (che si era rivolta a lui per sottoporgli l'esito dell'ecografia eseguita due giorni prima), pur in presenza di un quadro ecografico dubbio per neoplasia, aveva programmato l'asportazione del nodulo in regime di routine e senza urgenza, cosi ritardando l'accertamento e la cura della malattia.
L'intervento di asportazione aveva, in seguito, rivelato la natura maligna della neoformazione e l'interessamento dei linfonodi ascellari. La donna era stata quindi sottoposta ad un intervento di mastectomia totale, con asportazione dei linfonodi ascellari, nonché, nei mesi successivi, a due cicli di chemioterapia.
----------------------------
Tramite i propri motivi di ricorso, l'imputato lamentava erronea applicazione dell'art. 590 c.p.. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, infatti, si sosteneva, ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica - che possono anche mancare - bensì solo quelle da cui derivi una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso, ovvero la compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa. Pertanto, non ogni alterazione anatomica costituisce malattia in senso penalistico, ed è tale soltanto il processo patologico che si manifesta con un'apprezzabile menomazione funzionale dell'organismo.
Inoltre, si aggiungeva come, in tema di responsabilità medica, sia stata ritenuta idonea ad integrare il reato di lesioni colpose anche "la condotta antidoverosa del sanitario che determini l'aumento del periodo di tempo necessario alla guarigione o alla stabilizzazione dello stato di salute del paziente" (Sez. 4, n. 5315 del 08/11/2019, dep. 2020, Lipari); nel caso di specie, tuttavia, il ritardo diagnostico del quale l'imputato era stato ritenuto responsabile non aveva determinato una malattia e, dunque, non aveva causato una "lesione personale" rilevante ai sensi dell'art. 590 c.p.. Nel corso del giudizio, infatti, non era emerso che tale ritardo avesse determinato un'apprezzabile menomazione funzionale dell'organismo della paziente né un aumento del tempo necessario alla guarigione o alla stabilizzazione dello stato di salute della medesima.
La decisione.
La Corte ha, in primis, rilevato come, secondo i giudici di merito, il ritardo diagnostico avesse causato una lesione rilevante ai sensi dell'art. 590 c.p. per il fatto di aver determinato un significativo accrescimento del nodulo mammario. Pertanto, se pure non vi era stato, nel corso del periodo intercorrente tra l'effettuazione della visita senologica da parte dell'imputato e l'esecuzione dell'intervento di mastectomia, un significativo cambiamento nella stadiazione del tumore, tuttavia, aveva avuto luogo una crescita del volume del nodulo neoplasico; tale aumento dimensionale costituiva, invero, un aggravamento della malattia, penalmente rilevante ai sensi dell'art. 590 c.p..
I giudici di legittimità hanno pertanto affrontato la questione se, qualificando come malattia, indipendentemente dalle sue conseguenze, l'aumento dimensionale di una neoplasia di natura maligna, i giudici di merito abbiano compiuto errori logici o giuridici.
----------------------------
Sul punto, il Collegio ha rilevato come, secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, "ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa" (Sez. 5, n. 33492 del 14/05/2019, Gattuso; Sez. 4, n. 22156 del 19/04/2016, De Santis).
Più in particolare, nell'ambito dello specifico settore della responsabilità medica, si è osservato come tale nozione sia stata approfondita, specificando che anche il tempo necessario per ridurre o stabilizzare definitivamente una patologia preesistente può considerarsi malattia: risponde, perciò, del reato di lesioni colpose il sanitario che, con la propria condotta antidoverosa, determini l'aumento di tale periodo di tempo (Sez. 4, n. 5315 del 08/11/2019, dep. 2020, Lipari).
Tale indirizzo giurisprudenziale non ha, pertanto, escluso che l'aggravamento di una malattia possa essere, esso stesso, una malattia penalmente rilevante, e non solo in relazione al maggior tempo necessario per determinare la guarigione o la stabilizzazione del processo patologico.
Sul punto, i giudici di legittimità hanno ricordato come una delle prime sentenze con le quali furono affermati i predetti principi (Sez. 4, n. 17505 del 19/03/2008, Pagnani) si riferiva proprio alla ritardata diagnosi di un tumore maligno che aveva determinato una crescita della lesione tumorale, ma non aveva inciso sul trattamento terapeutico (mastectomia totale) poiché, se la diagnosi fosse stata precoce, quel trattamento sarebbe stato comunque necessario. In tale occasione, la Corte, dopo aver affermato il principio (all'epoca innovativo) secondo cui "ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia giuridicamente rilevante non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono in realtà anche mancare, bensì solo quelle alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa", aveva rilevato che, nel caso sottoposto alla sua attenzione, si era in presenza di una formazione tumorale di natura maligna - e quindi di una "malattia" in senso medico legale; sicché l'accrescimento delle dimensioni di tale formazione non poteva essere qualificato in altro modo che come un "aggravamento della malattia".
Ciò premesso, la Suprema Corte ha ritenuto pienamente condivisibili tali considerazioni, ed ha pertanto ribadito come non vi sia alcun dubbio che l'insorgenza di un nodulo mammario sia una "malattia" in senso medico legale: tale è, infatti, si è affermato, ogni processo patologico idoneo ad incidere in modo significativo sulla integrità fisica e sulla salute di una persona. Da tale premessa discende perciò che, se il nodulo è una malattia, allora l'aumento delle sue dimensioni, anche se inidoneo a determinare un cambiamento del livello di stadiazione del tumore, costituisce, tuttavia, un aggravamento della malattia medesima, con conseguente integrazione della fattispecie di cui all'art. 590 c.p., atteso che, per giurisprudenza costante, cagionare l'aggravamento equivale a cagionare la malattia (in tal senso: Sez. 4, n. 46586 del 28/10/2004, Ardizzone; Sez. 5, n. 2782 del 05/10/1989, Cantagallo; Sez. 4, n. 7475 del 09/12/1985, Bazzi; Sez. 4, n. 17505 del 19/03/2008, Pagnani).
Nel caso di specie, ricorreva, pertanto, tale ipotesi delittuosa: il decorso del tempo aveva, infatti, determinato un'alterazione anatomica assai rilevante, essendo stati asportati due noduli la cui dimensione complessiva era quasi doppia rispetto a quella della neoformazione la cui esistenza era emersa all'esito dell'ecografia.
La Corte ha, infine, ricordato come, secondo la giurisprudenza di legittimità, la scienza medica "sostiene la necessità di una sollecita diagnosi delle patologie tumorali" sottolineando che "la prognosi della malattia varia a seconda della tempestività dell'accertamento" (Sez. 4, n. 36603 del 05/05/2011, Faldetta; Sez. 4, n. 50975 del 19/07/2017, Memeo; Sez. 4, n. 23252 del 21/02/2019 Leuzzi). Non può pertanto essere considerata contraddittoria od illogica, si è osservato, l'affermazione secondo la quale, se la diagnosi e la terapia fossero state più tempestive, con elevato grado di credibilità razionale, l'accrescimento del nodulo non vi sarebbe stato o vi sarebbe stato in misura minore.
Sulla base di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha perciò rigettato il ricorso proposto dall'imputato.