La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 41309, pronunciata all'udienza del 20 settembre 2023 (deposito motivazioni in data 11 ottobre 2023), ha affermato l'applicabilità al ricorso per cassazione della previsione di cui all'art. 581 comma 1 quater c.p.p., a mente della quale: "Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio".
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Nella fattispecie, un imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Torino ne aveva confermato la penale responsabilità per i delitti di cui agli artt. 570 c.p., 3 L. n. 54 del 2006 e 12 sexies L. n. 989 del 1970.
La Suprema Corte, in via preliminare, ha preso in esame il profilo di possibile inammissibilità del ricorso inerente all'omesso deposito, da parte del difensore dell'imputato, unitamente all'atto di impugnazione, dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza impugnata, come previsto dall'art. 581 comma 1 quater c.p.p., introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2022.
I giudici di legittimità hanno ritenuto come tale disposizione sia applicabile al giudizio di cassazione, esaminando, a tal fine, diversi ordini di ragioni, quali la formulazione letterale, la collocazione sistematica della norma, i principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega, i lavori preparatori e la normativa intertemporale.
Il criterio letterale e la collocazione sistematica della norma.
In primo luogo, sotto il profilo del criterio letterale, il Collegio ha rilevato come la disposizione sia formulata in termini generali per tutte le "impugnazioni" presentate da imputati giudicati in assenza e sia collocata nell'ambito di una norma avente ad oggetto la "forma dell'impugnazione" in via generale, ma nel cui contesto il legislatore delegato ha anche inserito, tramite il comma 1-bis, una norma riguardante, specificamente, il solo appello.
Ciononostante - si è osservato - autorevole dottrina ha fatto notare come tali elementi di carattere formale perdano di significatività, a fronte del riferimento, contenuto in disposizioni apparentemente generali quali il comma 1 ter e quello 1 quater dell'art. 581 c.p.p., alla "notificazione del decreto di citazione a giudizio", indicata quale finalità dell'ulteriore onere, imposto alla parte impugnante, di dichiarazione o elezione di domicilio. Come noto, infatti, tale formalità risulta applicabile al solo grado di appello, e non invece al giudizio di cassazione, ove non si prevede alcuna citazione a giudizio, attesa altresì la non equiparabilità in senso tecnico a quest'ultima dell'avviso ex art. 613 c.p.p. all'imputato, difeso d'ufficio.
Principi e criteri direttivi della legge delega.
A fronte delle predette osservazioni, si è quindi ritenuto necessario ricorrere ad altri strumenti esegetici, quale, in primis, quello costituito dalla legge delega.
In merito a tale criterio, la Corte ha preliminarmente osservato come, secondo i principi più volte affermati dalla Corte Costituzionale in ordine ai rapporti tra legge delega e norma delegata, in linea generale debba essere attribuita alla legge delega rilevanza su quest'ultima anche sul piano ermeneutico. Più in particolare, il processo di interpretazione della norma delegata dev'essere condotto, in primo luogo, esaminando la norma delegante, al fine di individuarne l'esatto contenuto, nel quadro dei principi e criteri direttivi e del contesto in cui questi si collocano, nonché delle ragioni e finalità della medesima; solo a seguito dell'effettuazione di siffatto esame, sarà quindi possibile interpretare la norma delegata "nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega" (Corte Cost. n. 112 del 2008).
I principi stabiliti dal legislatore delegante, ha infatti rilevato la Corte, costituiscono non solo il fondamento ed il limite delle norme delegate, ma anche un criterio per la loro interpretazione, dovendo le medesime essere lette, fin quando ciò appaia possibile, nel significato compatibile con i principi della legge di delega (Corte Cost. n. 176 del 2000). Tale criterio - c.d. di interpretazione "conforme" della norma delegata - inoltre, risulta non solo preminente nell'ipotesi in cui si tratti di vagliare la costituzionalità per "eccesso di delega" della medesima, ma altresì rilevante allorché il legislatore delegato non abbia espressamente optato per l'esercizio incompleto della delega (detto "eccesso di delega in minus"), scelta del Governo non qualificabile, di per sé, come violazione degli artt. 76 e 77 Cost., a condizione che tale esercizio non comporti uno stravolgimento della legge delega.
La legge n. 132 del 2021.
Ciò posto, si è quindi rilevato come la L. n. 132 del 2021 contenga principi e criteri direttivi di riforma del codice di rito, con riguardo sia alle notificazioni per le impugnazioni sia al processo in assenza.
Sotto il primo profilo, la legge ha previsto che, nel caso di impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, "la notificazione dell'atto di citazione a giudizio" nei suoi confronti debba essere effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto con l'atto di impugnazione. Per quanto invece concerne le impugnazioni, si è introdotto l'onere, a pena di inammissibilità, a carico dell'impugnante (dunque non solo l'imputato) di depositare, con l'atto di impugnazione, una "dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione".
In riferimento al processo in assenza, la legge dedica, invece, un'apposita parte alla finalità di "rendere il procedimento penale più celere ed efficiente nonché modificare il codice di procedura penale in materia di processo in assenza", dettando, a tal fine, una serie di principi e criteri direttivi tra i quali: "prevedere che il difensore dell'imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; prevedere che con lo specifico mandato a impugnare l'imputato dichiari o elegga il domicilio per il giudizio di impugnazione; prevedere, per il difensore dell'imputato assente, un ampliamento del termine per impugnare".
La legge delega, pertanto, ha osservato la Corte, nel contesto della riforma del procedimento in assenza, ha indicato la necessità di prevedere il rilascio di un mandato specifico al difensore che proponga impugnazione nell'interesse dell'imputato assente. A tale onere ha inoltre aggiunto, come detto, quello dell'elezione o dichiarazione di domicilio "per il giudizio di impugnazione"; tale ultima formalità è tenuta distinta, quanto a finalità, dal più generale onere, imposto alla parte privata impugnante, di depositare "dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione".
I lavori preparatori.
I giudici di legittimità hanno quindi preso in esame i lavori preparatori per l'emanazione della legge delega, i quali hanno preso l'avvio dal DDL n. 2435, che, con riferimento alle deleghe per l'efficienza del processo penale, proponeva, tra l'altro, la riforma del sistema delle notificazioni - in particolare quelle all'imputato - nonché taluni interventi per il giudizio di appello. Con riguardi a questi ultimi, il disegno di legge prevedeva che il difensore, per impugnare la sentenza, dovesse munirsi di "specifico mandato a impugnare, rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza stessa". Tale modifica, pur se formulata in termini generali, si rivolgeva in realtà al difensore dell'imputato e aveva la finalità di evitare l'inutile celebrazione di procedimenti ("in appello e in cassazione") nei confronti di imputati incolpevolmente ignari del processo, cui poteva conseguire la rescissione del giudicato.
Il successivo Governo aveva, quindi, insediato una Commissione di studio (c.d. Commissione Lattanzi) per elaborare proposte di emendamenti a tale disegno di legge di riforma. Tale Commissione aveva introdotto un'ampia parte nuova, dedicata alla riforma del processo in assenza (art. 2-ter), in cui aveva proposto di: "prevedere che il difensore dell'imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; prevedere che con lo specifico mandato a impugnare l'imputato dichiari o elegga il domicilio per il giudizio di impugnazione; prevedere, per il difensore dell'imputato assente, un allungamento del termine per impugnare".
La ratio di tale proposta di riforma era stata così spiegata dalla Relazione di accompagnamento: "Nel contesto delle innovazioni proposte, va rimarcato che l'intervento sulla legittimazione del difensore ad impugnare costituisce uno snodo essenziale, sia in chiave di effettiva garanzia dell'imputato, sia in chiave di razionale e utile impiego. delle risorse giudiziarie: la misura, infatti, è volta ad assicurare la celebrazione delle impugnazioni solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell'imputato giudicato in assenza e ad evitare - senza alcun pregiudizio del diritto di difesa dell'interessato, tutelato dai rimedi "restitutori" contestualmente assicurati, l'inutile celebrazione di gradi di giudizio destinati ad essere travolti dalla rescissione del giudicato".
Tale esigenza, ha rilevato il Collegio, veniva dunque ad iscriversi nella proposta di riformare il processo in assenza dell'imputato in modo che esso potesse svolgersi solo in presenza di elementi idonei a dare "ragionevole certezza" della conoscenza da parte di questi della pendenza del processo e che l'assenza fosse dovuta ad una scelta volontaria e consapevole, prevedendo in particolare che: "il diritto di impugnare ogni sentenza possa essere esercitato dall'imputato giudicato in assenza solo personalmente o a mezzo di difensore munito di mandato specifico, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, unitamente alla dichiarazione ed elezione di domicilio per il giudizio di impugnazione".
La Commissione Lattanzi aveva quindi ripreso la proposta contenuta nell'originario disegno di legge, relativa al solo appello, attribuendo, da un lato, ad essa un'applicazione più ampia (riferendosi alle "impugnazioni" in generale) ed ancorandola, dall'altro, espressamente alla posizione dell'imputato assente, in linea con la finalità del testo originario.
Dunque, la finalità della proposta consisteva, in particolare, nell'evitare "l'inutile celebrazione di gradi di giudizio destinati ad essere travolti dalla rescissione del giudicato". Tale esigenza veniva, così, a riguardare non solo l'appello, ma, come si era già osservato nella Relazione del disegno di legge, anche il giudizio di cassazione, destinato anch'esso, infatti, a poter essere travolto dai rimedi restitutori accordati all'imputato giudicato in assenza.
Il Collegio ha, inoltre, ricordato come altrettanto significativo, ai fini della ricostruzione dell'iter normativo che ha condotto alla approvazione della legge delega, sia il fatto che tale proposta della Commissione Lattanzi sia rifluita nel testo degli emendamenti presentati dal Governo il 14 luglio 2021 al disegno di legge e approvati dal Parlamento.
Inoltre, si è osservato, tra le proposte della Commissione Lattanzi vi erano anche disposizioni emendative delle parti del disegno di legge dedicate alle notificazioni (il testo originario semplificava le notifiche all'imputato anche per le impugnazioni da lui proposte con la consegna di copia al difensore; la Commissione prevedeva invece di escludere la notifica al difensore per la "citazione a giudizio" anche nel caso di impugnazione, limitando tale forma semplificata ad ogni altro atto "diretto all' imputato") e all'appello (l'articolato veniva esteso al ricorso per cassazione e alle impugnazioni straordinarie).
Gli emendamenti presentati dal Governo contenevano proposte ulteriori e diverse per le impugnazioni, tra le quali la generale previsione di imporre, con l'atto di impugnazione, il deposito, a pena di inammissibilità, della "dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione"; la modalità di notificazione dell'atto di "citazione a giudizio" dell'imputato per le impugnazioni da lui proposte o nel suo interesse (ovvero presso il domicilio dichiarato o eletto di cui sopra). Proposte, queste, poi rifluite nel testo approvato dal Parlamento.
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Sulla base di tali rilievi, la Corte ha quindi rilevato come, anche alla luce dei lavori preparatori, possa concludersi che la legge delega abbia inteso, da un lato, riformare il giudizio di assenza anche con riferimento ai singoli gradi di impugnazione, per evitarne la celebrazione nell'inconsapevole assenza dell'imputato (e quindi il possibile successivo travolgimento a mezzo dei rimedi restitutori) - tramite il duplice onere imposto all'imputato, in caso di impugnazione proposta nel suo interesse, di rilasciare al difensore il mandato specifico, e dell'elezione o dichiarazione di domicilio, presso il quale in ogni caso effettuare la sua citazione a giudizio (così da rendere effettiva e non formale la conoscenza degli atti introduttivi del giudizio); dall'altro, facilitare la celebrazione dei giudizi di impugnazione, semplificando sia in via generale la "notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione" attraverso l'onere imposto all'impugnante di dichiarare o eleggere domicilio, sia in modo specifico "la notificazione dell'atto di citazione a giudizio" per l'impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, utilizzando la predetta dichiarazione o elezione.
La legge delegata.
Successivamente, il D.Lgs. n. 150 del 2022, rispetto ai predetti criteri direttivi contenuti nella legge delega, non ha operato - ha osservato il Collegio - una attuazione "in minus", atteso che la Relazione di accompagnamento non presenta argomenti espliciti per sostenere la scelta del Governo di un parziale adempimento della delega.
La Suprema Corte ha quindi esaminato le norme del decreto legislativo rilevanti per la questione in esame.
In primis, nell'ambito del sistema delle notificazioni nei confronti dell'imputato, il decreto ha introdotto l'art. 157 ter c.p.p., al fine di disciplinare le notifiche "degli atti introduttivi del giudizio" all'imputato non detenuto: tale disposizione, al comma 3, ha ad oggetto le impugnazioni proposte dall'imputato o nel suo interesse, ed ha recepito il criterio della legge delega, stabilendo che "la notificazione dell'atto di citazione a giudizio" nei suoi confronti sia eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto con l'atto di impugnazione.
Con riguardo al giudizio in assenza, il decreto legislativo ha invece dato attuazione alla delega per il giudizio di impugnazione, sia riformando la disciplina dell'assenza nella fase dell'appello (art. 598-ter c.p.p.), sia prevedendo, tramite l'art. 581 c.p.p., specifiche formalità per la presentazione della impugnazione da parte dell'imputato giudicato in assenza (ossia depositare con l'atto d'impugnazione congiuntamente lo specifico mandato conferito al difensore ad impugnare e la dichiarazione o l'elezione di domicilio "ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio").
In riferimento al primo di tali profili, il decreto legislativo ha tenuto distinti il rito cosiddetto cartolare (art. 598-bis c.p.p.) da quello a trattazione orale in pubblica udienza (602 c.p.p.) o "in camera di consiglio con la partecipazione delle parti" (art. 599 c.p.p.), dettando una specifica disciplina a seconda della parte appellante. Essa prevede che, se l'imputato non è presente alle udienze a trattazione orale, si procede "sempre" in assenza, verificata la sola regolarità delle notificazioni, se è appellante; se l'imputato non è appellante, alle medesime udienze per giudicarlo in assenza occorre che siano soddisfatte anche le più stringenti condizioni previste per procedere in assenza di cui all'art. 420-bis c.p.p.; nel rito non partecipato (nel quale non può, quindi, farsi riferimento alla "presenza" dell'imputato), se l'imputato è appellante, il giudice si limita a controllare la regolarità delle notificazioni, mentre se non è appellante, il giudice è tenuto a verificare anche "le condizioni per procedere in assenza".
Tale disciplina dell'assenza in appello, a seconda che l'imputato sia appellante o meno - si è osservato - è giustificata dalla Relazione illustrativa in riferimento a quanto previsto dall'art. 581 c.p.p.: imponendo, infatti, all'appellante l'onere di depositare procura speciale e elezione di domicilio successivi alla sentenza, si è fornita per le udienze che si svolgono in presenza la "certezza circa la conoscenza del processo e della sentenza". La stessa Relazione ha, inoltre, evidenziato che, laddove l'imputato non sia appellante, anche nel caso di udienze "non partecipate", sussiste invece la necessità di garantire l'effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato non appellante (da cui la verifica delle condizioni per procedere in assenza).
Tuttavia, hanno rilevato i giudici di legittimità - la Relazione illustrativa non fornisce elementi per chiarire la portata generale o meno dell'art. 581 comma 1-quater c.p.p., ed in particolare del riferimento al "decreto di citazione a giudizio".
Per quanto invece concerne la disciplina delle impugnazioni, il decreto delegato, nel dare attuazione ai principi in tema di semplificazione delle notificazioni, ha previsto all'art. 581, comma 1-ter c.p.p., uno specifico onere imposto a tutte le parti private impugnanti di depositare con l'atto d'impugnazione, a pena d'inammissibilità, "la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio". Anche in tal caso, tuttavia, la Relazione illustrativa non chiarisce la lettura della novella rispetto alla legge delega, che fa riferimento piuttosto alla "notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione".
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Tutto ciò premesso, con riguardo alla questione in esame, la Corte ha rilevato come nella disciplina riformata del giudizio in assenza, nella sua formulazione a "regime", "l'esigenza di assicurare la celebrazione del giudizio nei confronti dell'imputato assente "consapevole" mantenga la sua concretezza anche per il grado di cassazione".
Ciò si verifica, in primo luogo, nell'ipotesi in cui l'imputato non era appellante ed è stato giudicato in appello in assenza (compresi i casi di rito non partecipato, secondo quanto prescritto dal comma 4 dell'art. 598-ter c.p.p.). Sul punto, si è osservato che, anche laddove l'imputato sia appellante, la previsione di un mandato specifico conferito dall'imputato per impugnare la sentenza di primo grado in cui era stato dichiarato assente, congiuntamente alle modalità di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, attenuano, ma non eliminano del tutto le possibilità della celebrazione inconsapevole del grado, atteso che la conoscenza del procedimento di appello è acquisita solo con la notificazione della relativa citazione a giudizio.
La Corte ha preso, inoltre, in considerazione il caso in cui manchi il giudizio di appello, allorché il ricorso per cassazione sia proposto dall'imputato, assente in primo grado, che intenda impugnare una sentenza non appellabile o per saltum.
Tutte queste ipotesi - accumunate dalla mancanza della certa conoscenza del processo da parte dell'imputato assente - giustificano - in linea con i criteri direttivi della delega - la portata generale della disposizione contenuta nell'art. 581, comma 1-quater, non limitata al solo appello.
I giudici di legittimità hanno aggiunto come, nel contesto della disciplina del processo in assenza, possa risultare privo di rilevanza per il giudizio di cassazione l'onere imposto al difensore dell'imputato impugnante di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione della "citazione a giudizio dell'imputato".
Peraltro, si è ancora osservato, poiché nel giudizio di cassazione è prevista la notificazione ex art. 613, comma 4 c.p.p. dell'avviso dell'udienza all'imputato difeso di ufficio, può comunque venire in rilievo l'esigenza di semplificare le notificazioni nei gradi di impugnazione, posta alla base della direttiva contenuta nel comma 13 dell'art. 1, e quindi l'onere per tutte le parti private impugnanti di dichiarare o eleggere domicilio per la notificazione dell'atto introduttivo. Vero è, infatti, che l'art. 581 comma 1-ter c.p.p., nel dare attuazione a tale direttiva, ha, anche in tal caso, ancorato siffatto onere alla finalità della "notificazione del decreto di citazione a giudizio". In un'ottica, tuttavia, di valorizzazione delle finalità della legge delega, che venivano a trascendere le esigenze del giudizio di merito, la Corte ha ritenuto non irrazionale un'interpretazione volta a giustificare un'applicazione estesa della norma delegata ad ogni grado di impugnazione, e quindi una lettura non strettamente letterale della norma, ferma restando, nel giudizio in assenza, la preponderante rilevanza della ratio sottesa alla necessità del mandato.
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La Suprema Corte ha infine osservato come la normativa intertemporale abbia, di fatto, disallineato la riforma sulla assenza, rendendo operative soltanto alcune limitate disposizioni e riservandone l'entrata in vigore della gran parte ai soli procedimenti pendenti, in cui si è disposto procedersi in assenza dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo. Nel caso all'esame del Collegio, non ricorrendo tale ultima evenienza, il riferimento dell'art. 581 comma 1 quater c.p.p. ai procedimenti in cui si è "proceduto in assenza" comporta, si è affermato, che la definizione di assenza vada vagliata alla luce della previgente normativa.
Nella fattispecie, l'imputato era stato giudicato in primo grado in assenza, mentre il grado di appello era stato celebrato, su impugnazione del difensore dell'imputato, con il rito a "trattazione scritta", previsto dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid 19. Pertanto, malgrado la mancata partecipazione personale della parte al giudizio di appello che si è svolto con contraddittorio cartolare non possa essere di per sé qualificata come assenza in senso tecnico (non trovando applicazione le previsioni degli artt. 420-bis e 420 ter c.p.p.), la Corte ha ritenuto dirimente, ai fini dell'applicazione della norma in esame, la circostanza che il giudizio sia stato caratterizzato dall'assenza dell'imputato, non compensata, diversamente da quanto previsto dalle norme "a regime", dal conferimento di apposito mandato. Si è, dunque, ritenuto che, in presenza di un procedimento in cui l'appello sia stato celebrato con la normativa pre-riforma, l'onere di far dotare il difensore del mandato ad impugnare per cassazione risulti tutt'altro che superfluo rispetto alla finalità della norma, nella misura che viene ad evitare la inutile celebrazione di un grado di giudizio nei confronti di un imputato inconsapevole.
Sulla base di tali osservazioni, la Corte ha pertanto dichiarato inammissibile il ricorso.