In materia di diritto penale militare, si segnala la seguente proposta di legge, di recente assegnata alle Commissioni Giustizia e Difesa della Camera dei Deputati:
Proposta di legge n. 1402 (Aresta ed altri), recante: "Modifiche al codice penale militare di pace, concernenti la definizione del reato militare nonché la disciplina e la procedibilità di alcune fattispecie di reato militare".
Tale progetto di legge si propone di apportare significative modifiche al codice penale militare di pace, sia in relazione alla parte generale sia in relazione a quella speciale del medesimo.
La prima modifica ha per oggetto l'art. 37 del c.p.m.p., il quale definisce il concetto di reato militare (la modifica proposta dal Progetto di legge n. 1402 è peraltro ripresa in forma pressoché identica da un precedente progetto, n. 1242, riguardante esclusivamente il medesimo articolo).
Come noto, tale disposizione stabilisce come debba essere considerata "reato militare" "qualunque violazione della legge penale militare", mentre "reato esclusivamente militare" è la fattispecie costituita da un fatto il quale "nei suoi elementi materiali costitutivi, non è, in tutto o in parte, preveduto come reato dalla legge penale comune".
Infine, l'art. 37 afferma come siano reati militari non solo quelli preveduti dal c.p.m.p., ma altresì quelli per i quali "qualsiasi altra legge penale militare commina una delle pene indicate nell'art. 22".
L'art. 1 del progetto di legge si propone di estendere notevolmente la nozione di reato militare, ridefinendo, di conseguenza, la ripartizione tra giurisdizione militare e giurisdizione ordinaria. Tale disposizione, infatti, prevede di attribuire al concetto di reato militare "qualunque violazione della legge penale commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, e prevista come delitto contro" i seguenti beni giuridici, ossia i principali tutelati dalle norme di diritto penale speciale comune: personalità dello stato, pubblica amministrazione, amministrazione della giustizia, ordine pubblico, incolumità pubblica, fede pubblica, moralità pubblica e buon costume, persona e patrimonio; ad essi si aggiunge la violazione della legge penale commessa nei confronti di altro militare.
Al di fuori di tali ipotesi, si aggiunge inoltre, nel secondo comma, come debba essere comunque definita "reato militare" "ogni altra violazione della legge penale commessa dal militare in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell'amministrazione militare o di un altro militare".
Infine, il terzo comma dell'art. 1 estende ulteriormente la nozione di reato militare altresì alle violazioni della legge penale (sempre commessa dal militare con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell'amministrazione militare), previste quali delitti nelle seguenti materie: controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, contrabbando di merci o di tabacchi lavorati esteri aggravato ex art. 295 D.P.R. 43/73.
In tutte queste fattispecie, precisa l'ultima comma della disposizione in discorso, le pene comuni devono essere sostituite ex art. 63 c.p.m.p..
Nella relazione al progetto di legge, si esprime, a questo riguardo, l'intento, innanzitutto, di meglio garantire la posizione del militare indagato. Al riguardo, si afferma: "La proposta di legge risponde, in primis, a esigenze di garanzia nei riguardi del militare indagato, che potrà così essere sottoposto a un solo procedimento penale anziché a due procedimenti da svolgersi innanzi a due diverse autorità giudiziarie. Attualmente, infatti, in numerosi casi l’accertamento dei medesimi fatti è attribuito sia all’autorità giudiziaria militare sia all’autorità giudiziaria ordinaria, a ciascuna delle quali spetta la cognizione di reati diversi, anche se tra loro soggettivamente e oggettivamente connessi. Il presente intervento legislativo promuove quindi l’efficienza e l’economicità del sistema, evitando un’inutile e dispendiosa duplicazione di procedimenti. Non da ultimo, lo spostamento di competenze ha l’effetto di ridurre l’enorme contenzioso che grava sulla giustizia ordinaria – caratterizzata da inefficienze, difficoltà e tempi processuali lunghissimi – e, contestualmente, di riequilibrare il carico di lavoro dei magistrati militari, oggi di fatto sottoutilizzati. Nel complesso, si tratta di misure che consentono una più efficace tutela dei diritti degli indagati e un più adeguato e completo esercizio della giurisdizione, senza pregiudicare eventuali future riforme ordinamentali, che potrebbero richiedere una revisione costituzionale".
Tuttavia, intenzione principale del progetto di legge è quella di razionalizzare la giurisdizione militare. Si legge infatti nella relazione: "Alla luce di quanto esposto, con la modificazione qui prevista è riconsiderato il confine tra la giurisdizione ordinaria e quella militare. La modifica all’articolo 37 del codice penale militare di pace razionalizza la ripartizione delle competenze, facendo corrispondere alla giurisdizione militare la presenza dell’interesse militare nel fatto e in tutte le sue circostanze. Ciò si realizza definendo come « reati militari » i reati che manifestano un carattere di offensività qualificato dalla presenza di elementi peculiari, considerati in rapporto agli interessi militari. La modifica proposta all’articolo 37 del codice penale militare di pace ne definisce la nozione riferendola soltanto alle violazioni della legge penale commesse dall’appartenente alle Forze armate « con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di un altro militare». Non si intende attribuire, quindi, al giudice speciale la competenza su tutti i reati commessi dall’appartenente alle Forze armate anche per violazioni non connotate da lesioni arrecate al bene o all’interesse militare. Pertanto la nuova formulazione normativa richiama evidentemente il ricordato limite riferito alla natura «particolare» della suddetta condotta.
Nelle fattispecie di concorso di un militare e di un soggetto estraneo alle Forze armate nel medesimo reato militare resta ferma la competenza del giudice ordinario nei confronti dell’estraneo e del giudice speciale nei confronti del militare. L’articolo 13, comma 2, del codice di procedura penale ha implicitamente abrogato le disposizioni contenute nel previgente articolo 264 del codice penale militare di pace, regolando per intero la materia relativa alla connessione di procedimenti di competenza del giudice ordinario e del giudice militare. È infatti ora previsto che «Fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto riguardo ai criteri previsti dall’articolo 16 comma 3. In tale caso, la competenza per tutti i reati è del giudice ordinario».
Attualmente sono molto numerose le fattispecie penali connesse, ma attribuite le une alla giurisdizione militare, le altre alla giurisdizione ordinaria. È il caso delle condotte di falso strumentali alla realizzazione, da parte di militari, di un peculato militare o di una truffa in danno dell’amministrazione militare. Infatti, in base alla legislazione vigente, per il medesimo fatto storico si verifica una duplicazione di procedimenti tra la giurisdizione militare, competente per il peculato o la truffa, e la giurisdizione ordinaria, competente per il connesso reato di falso. Il presente intervento normativo intende dunque evitare agli imputati l’onere di affrontare due diversi processi per la medesima vicenda, di precipuo interesse militare, e, al contempo, perseguire l’efficienza dell’amministrazione della giustizia, con i risparmi di spesa derivanti dalla celebrazione di un procedimento unitario.
Attualmente – benché lesive di beni o interessi militari, trattandosi di reati commessi tra militari, in luogo militare o nel corso del servizio – sono irrazionalmente attribuite alla giurisdizione ordinaria, anziché a quella militare, molte ipotesi delittuose. A titolo di esempio, la modifica qui proposta all’articolo 37 del codice penale militare di pace consente di supplire alla lacuna relativa alla fattispecie di omicidio, così da evitare l’incongrua ripartizione che attribuisce alla giurisdizione ordinaria l’omicidio tra pari grado e, invece, alla giurisdizione militare l’omicidio di un militare avente un grado superiore o inferiore rispetto a quello dell’autore del reato.
La nuova previsione normativa permette, inoltre, di perseguire come reati militari i delitti di violenza privata e di violenza sessuale, allo scopo di contrastare fenomeni di prevaricazione tra militari (tra cui il cosiddetto « nonnismo »), spesso commessi in danno di donne militari. A seguito della riformulazione della nozione di reato militare, alla giurisdizione militare viene altresì attribuita la cognizione non solo dei reati di peculato e di truffa, come avviene oggi, ma anche di abuso d’ufficio, di corruzione e di concussione in ambito militare, delitti che sono invece oggi soggetti, in modo contraddittorio, alla giurisdizione ordinaria".
Si legge, ancora, nella relazione al precedente progetto di legge n. 1242: "E' dunque opportuno rivedere l’irrazionale, segmentato confine tra le due giurisdizioni. La modifica al citato articolo 37 del codice penale militare di pace intende, alla luce della giurisprudenza costituzionale, razionalizzare il riparto, facendo corrispondere alla giurisdizione militare la presenza, nel fatto e nelle sue circostanze, dell’interesse militare, il che avviene mediante la qualificazione come «reati militari» di reati che, in presenza di elementi circostanziati e considerati in rapporto agli interessi militari, manifestano una specifica e ulteriore offensività: il vulnus inferto ai valori che, proprio per volontà della Costituzione, le Forze armate devono tutelare. La ragionevolezza rappresenta – secondo la giurisprudenza costituzionale – il canone regolatore della discrezionalità del legislatore nel definire il riparto, e proprio la ragionevolezza vuole che sia il giudice che ha quella competenza professionale a conoscere dei fatti e degli interessi lesi".
Nella relazione al progetto di legge, si esprime, a questo riguardo, l'intento, innanzitutto, di meglio garantire la posizione del militare indagato. Al riguardo, si afferma: "La proposta di legge risponde, in primis, a esigenze di garanzia nei riguardi del militare indagato, che potrà così essere sottoposto a un solo procedimento penale anziché a due procedimenti da svolgersi innanzi a due diverse autorità giudiziarie. Attualmente, infatti, in numerosi casi l’accertamento dei medesimi fatti è attribuito sia all’autorità giudiziaria militare sia all’autorità giudiziaria ordinaria, a ciascuna delle quali spetta la cognizione di reati diversi, anche se tra loro soggettivamente e oggettivamente connessi. Il presente intervento legislativo promuove quindi l’efficienza e l’economicità del sistema, evitando un’inutile e dispendiosa duplicazione di procedimenti. Non da ultimo, lo spostamento di competenze ha l’effetto di ridurre l’enorme contenzioso che grava sulla giustizia ordinaria – caratterizzata da inefficienze, difficoltà e tempi processuali lunghissimi – e, contestualmente, di riequilibrare il carico di lavoro dei magistrati militari, oggi di fatto sottoutilizzati. Nel complesso, si tratta di misure che consentono una più efficace tutela dei diritti degli indagati e un più adeguato e completo esercizio della giurisdizione, senza pregiudicare eventuali future riforme ordinamentali, che potrebbero richiedere una revisione costituzionale".
Tuttavia, intenzione principale del progetto di legge è quella di razionalizzare la giurisdizione militare. Si legge infatti nella relazione: "Alla luce di quanto esposto, con la modificazione qui prevista è riconsiderato il confine tra la giurisdizione ordinaria e quella militare. La modifica all’articolo 37 del codice penale militare di pace razionalizza la ripartizione delle competenze, facendo corrispondere alla giurisdizione militare la presenza dell’interesse militare nel fatto e in tutte le sue circostanze. Ciò si realizza definendo come « reati militari » i reati che manifestano un carattere di offensività qualificato dalla presenza di elementi peculiari, considerati in rapporto agli interessi militari. La modifica proposta all’articolo 37 del codice penale militare di pace ne definisce la nozione riferendola soltanto alle violazioni della legge penale commesse dall’appartenente alle Forze armate « con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare o in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di un altro militare». Non si intende attribuire, quindi, al giudice speciale la competenza su tutti i reati commessi dall’appartenente alle Forze armate anche per violazioni non connotate da lesioni arrecate al bene o all’interesse militare. Pertanto la nuova formulazione normativa richiama evidentemente il ricordato limite riferito alla natura «particolare» della suddetta condotta.
Nelle fattispecie di concorso di un militare e di un soggetto estraneo alle Forze armate nel medesimo reato militare resta ferma la competenza del giudice ordinario nei confronti dell’estraneo e del giudice speciale nei confronti del militare. L’articolo 13, comma 2, del codice di procedura penale ha implicitamente abrogato le disposizioni contenute nel previgente articolo 264 del codice penale militare di pace, regolando per intero la materia relativa alla connessione di procedimenti di competenza del giudice ordinario e del giudice militare. È infatti ora previsto che «Fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto riguardo ai criteri previsti dall’articolo 16 comma 3. In tale caso, la competenza per tutti i reati è del giudice ordinario».
Attualmente sono molto numerose le fattispecie penali connesse, ma attribuite le une alla giurisdizione militare, le altre alla giurisdizione ordinaria. È il caso delle condotte di falso strumentali alla realizzazione, da parte di militari, di un peculato militare o di una truffa in danno dell’amministrazione militare. Infatti, in base alla legislazione vigente, per il medesimo fatto storico si verifica una duplicazione di procedimenti tra la giurisdizione militare, competente per il peculato o la truffa, e la giurisdizione ordinaria, competente per il connesso reato di falso. Il presente intervento normativo intende dunque evitare agli imputati l’onere di affrontare due diversi processi per la medesima vicenda, di precipuo interesse militare, e, al contempo, perseguire l’efficienza dell’amministrazione della giustizia, con i risparmi di spesa derivanti dalla celebrazione di un procedimento unitario.
Attualmente – benché lesive di beni o interessi militari, trattandosi di reati commessi tra militari, in luogo militare o nel corso del servizio – sono irrazionalmente attribuite alla giurisdizione ordinaria, anziché a quella militare, molte ipotesi delittuose. A titolo di esempio, la modifica qui proposta all’articolo 37 del codice penale militare di pace consente di supplire alla lacuna relativa alla fattispecie di omicidio, così da evitare l’incongrua ripartizione che attribuisce alla giurisdizione ordinaria l’omicidio tra pari grado e, invece, alla giurisdizione militare l’omicidio di un militare avente un grado superiore o inferiore rispetto a quello dell’autore del reato.
La nuova previsione normativa permette, inoltre, di perseguire come reati militari i delitti di violenza privata e di violenza sessuale, allo scopo di contrastare fenomeni di prevaricazione tra militari (tra cui il cosiddetto « nonnismo »), spesso commessi in danno di donne militari. A seguito della riformulazione della nozione di reato militare, alla giurisdizione militare viene altresì attribuita la cognizione non solo dei reati di peculato e di truffa, come avviene oggi, ma anche di abuso d’ufficio, di corruzione e di concussione in ambito militare, delitti che sono invece oggi soggetti, in modo contraddittorio, alla giurisdizione ordinaria".
Si legge, ancora, nella relazione al precedente progetto di legge n. 1242: "E' dunque opportuno rivedere l’irrazionale, segmentato confine tra le due giurisdizioni. La modifica al citato articolo 37 del codice penale militare di pace intende, alla luce della giurisprudenza costituzionale, razionalizzare il riparto, facendo corrispondere alla giurisdizione militare la presenza, nel fatto e nelle sue circostanze, dell’interesse militare, il che avviene mediante la qualificazione come «reati militari» di reati che, in presenza di elementi circostanziati e considerati in rapporto agli interessi militari, manifestano una specifica e ulteriore offensività: il vulnus inferto ai valori che, proprio per volontà della Costituzione, le Forze armate devono tutelare. La ragionevolezza rappresenta – secondo la giurisprudenza costituzionale – il canone regolatore della discrezionalità del legislatore nel definire il riparto, e proprio la ragionevolezza vuole che sia il giudice che ha quella competenza professionale a conoscere dei fatti e degli interessi lesi".
La seconda modifica ha invece per oggetto la fattispecie di peculato militare di cui all'art. 215 c.p.m.p..
L'art. 2 del progetto di legge si propone in primo luogo di riformare l'attuale unico comma di tale disposizione, aggiungendo ai presupposti dell'atto di appropriazione compiuto dal militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, sul denaro o su altra cosa mobile militare, oltre il possesso, altresì la disponibilità di tali beni; inoltre, si prevede come questi ultimi possano essere appartenenti, oltre che all'amministrazione militare, anche, semplicemente, ad altro militare.
L'art. 2 prevede altresì un aggravamento del trattamento sanzionatorio di questo reato, che verrebbe modificato, dall'attuale cornice edittale di due - dieci anni, a quella di tre anni - dieci anni e sei mesi.
Infine, la disposizione in oggetto si propone di inserire anche nel diritto penale militare il c.d. peculato d'uso, previsto, dalla legge penale comune ex art. 314 comma 2 c.p., inserendo nell'art. 215 c.p.m.p. un secondo comma in tutto identico, anche sotto il profilo sanzionatorio, alla fattispecie comune.
Sempre in tema di peculato militare, l'art. 4 del progetto di legge prevede la modifica dell'art. 219 c.p.m.p., stabilendo, in un primo nuovo comma, come la condanna alla reclusione militare per un tempo non inferiore a tre anni per tale reato (escluso il peculato d'uso) comporti la pena accessoria della degradazione. E' invece confermata l'attuale disposizione dell'art. 219 c.p.m.p., la quale prevede come la condanna per i delitti di peculato militare, malversazione a danno di militari, peculato e malversazione del portalettere (fattispecie di cui si prevede tuttavia l'abrogazione) nonché peculato militare mediante profitto dell'errore altrui comporti la pena accessoria della rimozione, quando non ne derivi la degradazione.
Sempre in tema di peculato militare, l'art. 4 del progetto di legge prevede la modifica dell'art. 219 c.p.m.p., stabilendo, in un primo nuovo comma, come la condanna alla reclusione militare per un tempo non inferiore a tre anni per tale reato (escluso il peculato d'uso) comporti la pena accessoria della degradazione. E' invece confermata l'attuale disposizione dell'art. 219 c.p.m.p., la quale prevede come la condanna per i delitti di peculato militare, malversazione a danno di militari, peculato e malversazione del portalettere (fattispecie di cui si prevede tuttavia l'abrogazione) nonché peculato militare mediante profitto dell'errore altrui comporti la pena accessoria della rimozione, quando non ne derivi la degradazione.
In tema di reati commessi da militari della guardia di finanza, si conferma, come già previsto dall'art. 3 l. 1383/41, l'applicazione delle pene di cui agli artt. 215 e 219 c.p.m.p. nei confronti del militare che commetta una violazione delle leggi finanziarie costituente delitto o colluda con estranei per frodare la finanza, o ancora si appropri (ma non è invece confermata la rilevanza penale della condotta di distrazione) di valori o di generi di cui, egli, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia o sui eserciti la sorveglianza. La cognizione dei reati in oggetto rimane attribuita ai tribunali militari.
Anche in tale fattispecie, si propone, al comma 3 del progetto di legge, l'inserimento del peculato d'uso, nel medesimo testo di cui all'art. 314 comma 2 c.p..
Anche in tale fattispecie, si propone, al comma 3 del progetto di legge, l'inserimento del peculato d'uso, nel medesimo testo di cui all'art. 314 comma 2 c.p..
Il medesimo art. 3 prevede inoltre l'inserimento, nella norma in oggetto di cui alla l. 1383, di una serie di disposizioni in tema di pena accessoria, misure di sicurezza, sospensione condizionale della pena e ammissibilità della richiesta di patteggiamento.
In particolare:
- al militare condannato ad una pena superiore a tre anni per essersi appropriato di valori o generi di cui, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia, o su cui eserciti la sorveglianza, sarà applicata la pena accessoria della degradazione;
- la condanna o l'applicazione della pena ex artt. 444 ss. c.p.p. per i reati in discorso comporterà la misura di sicurezza della confisca dei beni costituenti il prezzo od il profitto, fatta salva l'ipotesi in cui appartengano a persona estranea al reato, ovvero, in caso di impossibilità di tale provvedimento, la confisca di beni nella disponibilità del militare per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto;
- in caso di condanna, dovrà essere comunque disposto il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto oggetto di indebita appropriazione o equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione militare, senza pregiudizio per il diritto al risarcimento del danno; al pagamento di tale somma sarà subordinata l'eventuale concessione della sospensione condizionale della pena;
- la stessa ammissibilità della richiesta di applicazione della pena ex artt. 444 ss. c.p.p. sarà subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
In relazione invece al Capo I del Titolo IV del Libro II c.p.m.p., avente ad oggetto il peculato e la malversazione militare, si propone inoltre l'introduzione di tre ulteriori articoli, 219 bis, 219 ter e 219 quater c.p.m.p., al fine, in particolare, di attuare, anche in ambito militare, le norme introdotte dalla legge anticorruzione n. 69/15.
Con il primo di tali articoli, si prevede, anche in questo caso, l'applicazione della misura di sicurezza della confisca dei beni che costituiscono il prezzo od il profitto dei reati di cui agli artt. 215 c.p.m.p. (peculato militare) e 218 c.p.m.p. (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui), salvo che tali beni appartengano a persona estranea al reato, ovvero, in caso di impossibilità di procedere in tal senso, la confisca dei beni di cui il reo abbia la disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo od al profitto.
Con il secondo, si prevede il pagamento, in caso di condanna per il delitto di cui all'art. 215 c.p.m.p., il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto oggetto di indebita appropriazione o equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione militare e rimanendo impregiudicato il diritto al risarcimento del danno. Il pagamento di tale somma costituisce, anche in questo caso, condizione cui è subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena; infine, l'ammissibilità della richiesta di applicazione della pena ex artt. 444 ss. c.p.p. sarà subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
Infine, l'art. 219 quater c.p.m.p. prevede l'introduzione di una circostanza attenuante ad efficacia comune, nell'ipotesi in cui i fatti di peculato militare o di peculato militare mediante profitto dell'errore altrui siano giudicati di particolare tenuità.
In relazione inoltre al Capo IV del medesimo Titolo (reati contro il patrimonio), si prevede l'introduzione, dopo il delitto di truffa, di una nuova fattispecie, l'art. 234 bis c.p.m.p., rubricato "Utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento ovvero di documenti analoghi". Con esso si intende incriminare, mediante inflizione della reclusione militare da uno a cinque anni, la condotta del militare che, in danno dell'amministrazione militare o di altro militare, utilizzi indebitamente, in quanto non titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi.
La stessa pena viene prevista nell'ipotesi in cui un militare, con danno dell'amministrazione militare o di altro militare, falsifichi o alteri carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o di servizi; ovvero possieda, ceda o acquisisca tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
Particolarmente significativo è anche l'art. 7 del progetto di legge, il quale prevede alcune importanti modifiche in tema di punibilità del reato militare di ingiuria ed in tema di procedibilità di numerosi altri reati militari.
Per quanto concerne il reato di ingiuria, si prevede che i fatti di cui a tale fattispecie siano puniti se commessi per cause non estranee al servizio e alla disciplina militare o alla presenza di militari riuniti per servizio ovvero da militare che si trovi in servizio a bordo di una nave o di un aeromobile militare.
Tale riforma è volta "ad armonizzare i diritti del cittadino comune con quelli del militare": si afferma infatti nella Relazione al progetto di legge come: "preso atto che il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, ha abolito il reato di ingiuria comune (articolo 594 del codice penale) ma non anche quello di ingiuria militare tra pari grado (articolo 226 del codice penale militare di pace), creando così uno squilibrio fra la disciplina applicabile al civile e quella applicabile al militare, si prevede che tale ultima fattispecie criminosa di ingiuria militare continui a costituire illecito penale solo quando il fatto sia stato commesso per ragioni che interferiscano con il servizio. In tal caso la procedibilità sarà sempre subordinata alla richiesta del comandante di corpo".
Per quanto concerne invece il secondo profilo, si propone la modifica del secondo comma dell'art. 260 c.p.m.p., in tema di richiesta di procedimento. Per tutti i reati ivi indicati, tra cui le fattispecie di percosse, lesione personale, ingiuria, diffamazione e minaccia, si prevede che essi siano puniti, ferme restando le condizioni di procedibilità già previste, anche in mancanza della querela della persona eventualmente offesa.
Con l'introduzione, invece, dell'art. 260 bis c.p.m.p., si prevede che i reati di cui agli artt. 222 (percosse), 223 comma 2 (lesione personale con conseguente malattia non superiore a dieci giorni e non aggravata), 226 (ingiuria), 227 comma 1 (diffamazione) e 229 commi 1 e 2 (minaccia) c.p.m.p. siano puniti a querela della persona offesa anche in mancanza della richiesta di procedimento di cui all'art. 260 c.p.m.p..
Infine, con l'art. 8 del progetto di legge, si prevedono una serie di abrogazioni di fattispecie considerate non più attuali, ed in particolare:
- dell'intero Capo VI del Titolo III del Libro II ("Del reato militare di duello");
- dell'art. 170 c.p.m.p. (fattispecie colpose di danneggiamento di edifici militari e distruzione o deterioramento di cose mobili militari);
- dell'art. 182 c.p.m.p. ("Attività sediziosa");
- dell'art. 184 c.p.m.p. ("Raccolta di sottoscrizioni per adunanza o protesta. Adunanza di militari");
- dell'art. 216 c.p.m.p. ("Malversazione a danno di militari");
- dell'art. 217 c.p.m.p. ("Peculato e malversazione del portalettere").
Si pubblicheranno sul presente blog le notizie relative all'iter legislativo dei Progetti di legge in oggetto e ad ulteriori eventuali modifiche al contenuto degli stessi.
In particolare:
- al militare condannato ad una pena superiore a tre anni per essersi appropriato di valori o generi di cui, per ragioni del suo ufficio o servizio, abbia l'amministrazione o la custodia, o su cui eserciti la sorveglianza, sarà applicata la pena accessoria della degradazione;
- la condanna o l'applicazione della pena ex artt. 444 ss. c.p.p. per i reati in discorso comporterà la misura di sicurezza della confisca dei beni costituenti il prezzo od il profitto, fatta salva l'ipotesi in cui appartengano a persona estranea al reato, ovvero, in caso di impossibilità di tale provvedimento, la confisca di beni nella disponibilità del militare per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto;
- in caso di condanna, dovrà essere comunque disposto il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto oggetto di indebita appropriazione o equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione militare, senza pregiudizio per il diritto al risarcimento del danno; al pagamento di tale somma sarà subordinata l'eventuale concessione della sospensione condizionale della pena;
- la stessa ammissibilità della richiesta di applicazione della pena ex artt. 444 ss. c.p.p. sarà subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
In relazione invece al Capo I del Titolo IV del Libro II c.p.m.p., avente ad oggetto il peculato e la malversazione militare, si propone inoltre l'introduzione di tre ulteriori articoli, 219 bis, 219 ter e 219 quater c.p.m.p., al fine, in particolare, di attuare, anche in ambito militare, le norme introdotte dalla legge anticorruzione n. 69/15.
Con il primo di tali articoli, si prevede, anche in questo caso, l'applicazione della misura di sicurezza della confisca dei beni che costituiscono il prezzo od il profitto dei reati di cui agli artt. 215 c.p.m.p. (peculato militare) e 218 c.p.m.p. (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui), salvo che tali beni appartengano a persona estranea al reato, ovvero, in caso di impossibilità di procedere in tal senso, la confisca dei beni di cui il reo abbia la disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo od al profitto.
Con il secondo, si prevede il pagamento, in caso di condanna per il delitto di cui all'art. 215 c.p.m.p., il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto oggetto di indebita appropriazione o equivalente al profitto del reato, a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione militare e rimanendo impregiudicato il diritto al risarcimento del danno. Il pagamento di tale somma costituisce, anche in questo caso, condizione cui è subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena; infine, l'ammissibilità della richiesta di applicazione della pena ex artt. 444 ss. c.p.p. sarà subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
Infine, l'art. 219 quater c.p.m.p. prevede l'introduzione di una circostanza attenuante ad efficacia comune, nell'ipotesi in cui i fatti di peculato militare o di peculato militare mediante profitto dell'errore altrui siano giudicati di particolare tenuità.
In relazione inoltre al Capo IV del medesimo Titolo (reati contro il patrimonio), si prevede l'introduzione, dopo il delitto di truffa, di una nuova fattispecie, l'art. 234 bis c.p.m.p., rubricato "Utilizzo indebito di carte di credito o di pagamento ovvero di documenti analoghi". Con esso si intende incriminare, mediante inflizione della reclusione militare da uno a cinque anni, la condotta del militare che, in danno dell'amministrazione militare o di altro militare, utilizzi indebitamente, in quanto non titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi.
La stessa pena viene prevista nell'ipotesi in cui un militare, con danno dell'amministrazione militare o di altro militare, falsifichi o alteri carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o di servizi; ovvero possieda, ceda o acquisisca tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
Particolarmente significativo è anche l'art. 7 del progetto di legge, il quale prevede alcune importanti modifiche in tema di punibilità del reato militare di ingiuria ed in tema di procedibilità di numerosi altri reati militari.
Per quanto concerne il reato di ingiuria, si prevede che i fatti di cui a tale fattispecie siano puniti se commessi per cause non estranee al servizio e alla disciplina militare o alla presenza di militari riuniti per servizio ovvero da militare che si trovi in servizio a bordo di una nave o di un aeromobile militare.
Tale riforma è volta "ad armonizzare i diritti del cittadino comune con quelli del militare": si afferma infatti nella Relazione al progetto di legge come: "preso atto che il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, ha abolito il reato di ingiuria comune (articolo 594 del codice penale) ma non anche quello di ingiuria militare tra pari grado (articolo 226 del codice penale militare di pace), creando così uno squilibrio fra la disciplina applicabile al civile e quella applicabile al militare, si prevede che tale ultima fattispecie criminosa di ingiuria militare continui a costituire illecito penale solo quando il fatto sia stato commesso per ragioni che interferiscano con il servizio. In tal caso la procedibilità sarà sempre subordinata alla richiesta del comandante di corpo".
Per quanto concerne invece il secondo profilo, si propone la modifica del secondo comma dell'art. 260 c.p.m.p., in tema di richiesta di procedimento. Per tutti i reati ivi indicati, tra cui le fattispecie di percosse, lesione personale, ingiuria, diffamazione e minaccia, si prevede che essi siano puniti, ferme restando le condizioni di procedibilità già previste, anche in mancanza della querela della persona eventualmente offesa.
Con l'introduzione, invece, dell'art. 260 bis c.p.m.p., si prevede che i reati di cui agli artt. 222 (percosse), 223 comma 2 (lesione personale con conseguente malattia non superiore a dieci giorni e non aggravata), 226 (ingiuria), 227 comma 1 (diffamazione) e 229 commi 1 e 2 (minaccia) c.p.m.p. siano puniti a querela della persona offesa anche in mancanza della richiesta di procedimento di cui all'art. 260 c.p.m.p..
Infine, con l'art. 8 del progetto di legge, si prevedono una serie di abrogazioni di fattispecie considerate non più attuali, ed in particolare:
- dell'intero Capo VI del Titolo III del Libro II ("Del reato militare di duello");
- dell'art. 170 c.p.m.p. (fattispecie colpose di danneggiamento di edifici militari e distruzione o deterioramento di cose mobili militari);
- dell'art. 182 c.p.m.p. ("Attività sediziosa");
- dell'art. 184 c.p.m.p. ("Raccolta di sottoscrizioni per adunanza o protesta. Adunanza di militari");
- dell'art. 216 c.p.m.p. ("Malversazione a danno di militari");
- dell'art. 217 c.p.m.p. ("Peculato e malversazione del portalettere").
Si pubblicheranno sul presente blog le notizie relative all'iter legislativo dei Progetti di legge in oggetto e ad ulteriori eventuali modifiche al contenuto degli stessi.