sabato 12 febbraio 2022

Particolare tenuità del fatto e messa alla prova: i reati estinti ex art. 168 ter c.p. non rilevano ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale.

In materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, la Seconda Sezione Penale della Suprema Corte, con la Sentenza n. 46064, pronunciata all'udienza del 30.11.2021, ha affermato come i reati estinti per esito positivo della messa alla prova non costituiscano indice di comportamento abituale, ostativo al riconoscimento dell'esimente ai sensi dell'art. 131 bis comma 3 c.p.. Tale effetto è infatti impedito dall'estinzione del reato conseguente al proficuo svolgimento del procedimento speciale.

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Nella fattispecie, un imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Genova aveva confermato la condanna del medesimo per i reati di cui agli artt. 474 e 648 cpv. c.p..

I giudici del gravame avevano ritenuto di escludere il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., a causa dell'abitualità del comportamento dell'imputato, dovuta ad un reato commesso in data successiva a quello oggetto del processo, e dichiarato estinto per esito positivo della messa alla prova.  

I giudici della Corte Suprema non hanno condiviso tale statuizione, attesa l'impossibilità di ritenere sussistente l'abitualità, ostativa ex art. 131 bis c.p., sulla sola base della commissione di un successivo reato il quale, come nel caso di specie, sia stato dichiarato estinto ai sensi dell'art. 464 septies c.p.p.

A sostegno di tale principio, si è richiamato quanto espresso da differenti sezioni della Corte di Cassazione con riferimento all'affine questione, attinente agli effetti dell'estinzione del reato conseguente all'emissione del decreto penale di condanna, alle condizioni previste dall'art. 460 comma 5c.p.p.. A tal riguardo, è stato infatti ritenuto come non debba tenersi conto, ai fini dell'accertamento del presupposto ostativo del comportamento abituale di cui all'art. 131 bis comma 3 c.p., dei reati estinti, stante il fatto che all'estinzione del reato consegue anche l'elisione di ogni effetto penale della condanna (la Corte ha richiamato le Sentenze n. 11732 del 1/7/2021 e n. 22078 del 20/2/2019, pronunciate dalla Sez. Quarta, e n. 11709 del 15/10/2019, pronunciata dalla Sez. Quinta).

Siffatto principio è stato ritenuto estendibile anche alla fattispecie dell'esito positivo della messa alla prova, istituto  avente carattere sostanziale e costituente, a tutti gli effetti, una causa di estinzione del reato.  Tale assunto, secondo i giudici di legittimità, è derivabile, in primo luogo, dalla collocazione sistematica della messa alla prova dell'imputato nell'ambito del Titolo VI ("Della estinzione del reato e della pena"), Capo I ("Della estinzione del reato") del codice penale, oltre che dal disposto dell'art. 168-ter c.p. ("l'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede"). La Corte ha inoltre posto in evidenza, al riguardo, "la funzione di carattere preventivo e risocializzante demandata a tale istituto", costituente una "causa di estinzione della c.d. punibilità in astratto": il medesimo, sotto il profilo processuale, interviene, infatti, anteriormente all'emissione della sentenza di condanna (l'applicazione può, anzi, essere chiesta nel corso delle indagini preliminari), prescindendo, perciò, da un accertamento sul merito della res iudicanda e sulla responsabilità dell'imputato, fatta salva l'ipotesi dell'evidente sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.. Nessun effetto di giudicato può, pertanto, conseguire alla sentenza di estinzione del reato pronunciata ai sensi dell'art. 168 ter c.p. nel successivo giudizio di accertamento del danno in sede civile.

La Corte Suprema non ha infine mancato di rilevare come - a mente della Sentenza n. 13681 del 2016 delle SS.UU. - il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre solamente quando l'autore, anche successivamente al reato per cui è processo, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente.  

All'esito di tali osservazioni, la sentenza impugnata è stata dunque annullata con rinvio, per nuovo giudizio in ordine alla causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p..