La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 43941, pronunciata all'udienza del 3 ottobre 2023 (deposito motivazioni in data 31 ottobre 2023), ha preso in esame il tema concernente la valutazione della condotta susseguente al reato ai fini del giudizio sull'applicabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p..
Il fatto.
Un imputato proponeva ricorso avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Bologna ne aveva confermato la penale responsabilità in ordine ai reati di detenzione, a fine di cessione, di stupefacenti, ex art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990, e porto ingiustificato di un coltello. Nella fattispecie l'imputato, controllato in un parcheggio di un supermercato mentre si trovava in compagnia di altri due connazionali, era stato trovato in possesso di 6,5 grammi di sostanza stupefacente tipo eroina e di un coltello a serramanico con lama di cm 8.
La Corte felsinea aveva ritenuto non applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. sulla base non solo della pericolosità, per la salute degli assuntori, della droga oggetto di spaccio, ma anche dell'impossibilità di ritenere eccezionale l'attività dell'imputato, stanti i diversi precedenti a carico del medesimo per reati contro il patrimonio e di altro tipo; elementi, questi, tali da reputare abituale l'attività delinquenziale, posta in essere al fine di procurarsi i mezzi di sussistenza, trattandosi di persona senza fissa dimora.
Tramite uno dei propri motivi di ricorso, l'imputato lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.: a sostegno di tale doglianza, si evidenziava come il medesimo, al momento del fatto, fosse incensurato, e come, per tale ragione, in primo grado gli fossero state riconosciute le circostanze attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena. Erroneamente, dunque, la Corte di merito aveva valorizzato, quali indici di abitualità del reato, condanne per fatti successivi, trascurando, invece, indicatori positivi evidenziati dalla difesa, ed incentrando la propria valutazione esclusivamente sulla gravità del fatto; secondo, infatti, la giurisprudenza di legittimità, la valutazione del giudice deve prendere in considerazione tutti gli elementi e le peculiarità del caso concreto e non solo quelli che attengono alla entità dell'aggressione nei confronti del bene giuridico protetto.
La decisione.
La Suprema Corte ha, in primis, rilevato come la Corte d'appello abbia attribuito valenza centrale, ai fini del diniego di applicazione della causa di non punibilità, al requisito di abitualità della condotta illecita, fondando tale valutazione anche sulla base dei precedenti penali dell'imputato che, tuttavia, risultavano relativi a fatti successivi a quello oggetto di giudizio.
Ciò posto, il Collegio ha osservato come tale valutazione si ponga in contrasto con la più risalente giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini dell'apprezzamento della condizione della non abitualità della condotta, non assumono rilievo i comportamenti successivi alla commissione del reato (Sez. 3, n. 2216 del 22/11/2019, Anzaldi), atteso che la disposizione di cui all'art. 131-bis c.p. correla l'esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esso desumibile, dell'entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all'art. 133 comma 1 c.p. e non invece con riguardo a quelli indicativi della capacità a delinquere, di cui all'art. 133 comma 2 c.p., i quali includono la condotta susseguente al reato.
A tale giurisprudenza ha poi fatto seguito la riforma dell'art. 131-bis c.p. apportata dal D.Lgs. n. 150 del 2022, tramite la quale si è prescritto di valutare proprio la condotta successiva dell'imputato. Sul punto - hanno rilevato gli Ermellini - i più recenti arresti giurisprudenziali hanno quindi precisato che la condotta susseguente al reato costituisce elemento suscettibile di valutazione nell'ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità della causa di non punibilità, rilevando ai fini dell'apprezzamento dell'entità del danno, ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo (Sez. 3, n. 20279 del 21/03/2023, Malgrati; Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu Qinglian).
Parimenti, in precedenza, anche le Sezioni Unite, con la Sentenza Ubaldi n. 18891 del 27/01/2022, avevano affermato, nelle more dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 e sulla base delle disposizioni dettate nella legge delega, che i comportamenti successivi, al pari degli altri indicatori, ben possono "integrare nel caso concreto un elemento suscettibile di essere preso in considerazione nell'ambito del giudizio di particolare tenuità dell'offesa, rilevando ai fini dell'apprezzamento della entità del danno, ovvero come possibile spia dell'intensità dell'elemento soggettivo".
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Tanto premesso, ed alla luce di tali precedenti, la Corte ha quindi osservato come, nell'ambito dei parametri che congiuntamente il giudice di merito deve esaminare ai fini del giudizio di particolare tenuità dell'offesa, la condotta susseguente al reato non debba essere considerata come indice della capacità a delinquere dell'agente, consentendo, così, di valorizzare condanne intervenute per altri fatti-reato successivi; essa deve, invece, essere apprezzata quale criterio che, nell'ambito di una valutazione complessiva, può incidere sulla valutazione del grado dell'offesa al bene giuridico tutelato, concorrendo a delineare un'offesa di particolare tenuità. Tale impostazione, in altri termini: "riconduce dunque i requisiti dell'esiguità del danno o del pericolo e delle modalità della condotta, compresa quella successiva al reato, a elementi che attengono sempre al disvalore oggettivo del fatto e che focalizzano lo sguardo sul grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico tutelato, secondo l'efficace descrizione contenuta nella legge delega".
Il Collegio ha, pertanto, affermato il principio di diritto per cui la condotta susseguente al reato, per essere valutata negativamente ai fini dell'applicazione della non punibilità ex art. 131-bis c.p., deve incidere effettivamente sull'offesa, aggravandola, mentre dovranno ritenersi inconferenti rispetto al giudizio sull'entità dell'offesa comportamenti successivi che si limitino a manifestare la capacità a delinquere.
Sulla base di tali considerazioni, la sentenza impugnata è stata, di conseguenza, annullata con rinvio, ai fini della rivalutazione delle condizioni di applicabilità della causa di non punibilità.