La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 39727, pronunciata all'udienza del 12 giugno 2019 (deposito motivazioni in data 27 settembre 2019), ha preso in esame, in tema di colpa medica, il tema relativo alla responsabilità del medico che ricopra il ruolo di aiuto chirurgo.
Il giudizio di legittimità ha tratto origine dal ricorso proposto avverso la Sentenza con cui la Corte d'Appello di Napoli, riformando la pronuncia assolutoria del locale Tribunale, aveva ritenuto un medico chirurgo responsabile del delitto di omicidio colposo ai danni di una paziente partoriente, deceduta a seguito di una massiccia emorragia che aveva causato nella donna uno shock ipovolemico.
All'imputato era stato contestato di aver cagionato l'evento mortale, in qualità di aiuto chirurgo componente di un'equipe medica che aveva effettuato sulla paziente un intervento chirurgico di parto cesareo. I profili di colpa individuati nell'imputazione elevata nei confronti del sanitario riguardavano, in particolare, la sottovalutazione della gravità delle condizioni intraoperatorie della donna e della cospicua emorragia causata dall'intervento chirurgico prescelto nonchè la mancata effettuazione di un'immediata isterectomia post-cesarea su paziente che presentava un accentuato accretismo placentare.
Con uno dei motivi di ricorso proposti dall'imputato avverso la Sentenza della Corte di merito, si era contestata la sussistenza di una responsabilità in capo al ricorrente, in virtù del suo ruolo subordinato e secondario di aiuto del primo operatore.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato tale motivo di ricorso, ritenendo conforme ai principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità l'individuazione di una responsabilità penale a carico dell'imputato nella sua specifica posizione di aiuto chirurgo.
Egli infatti - ha osservato il Collegio - benchè si trovasse in posizione subordinata, avrebbe potuto e dovuto dissentire dall'operato del primo chirurgo, primario di ginecologia dell'Ospedale (peraltro anch'egli imputato, ma deceduto nel corso del giudizio) e, stanti le condizioni critiche interne della paziente, spingere il medesimo ad effettuare un'immediata isterectomia. In assenza di tale dissenso, è fondato il riconoscimento anche in capo all'aiuto chirurgo di una responsabilità colposa, derivante, nella fattispecie, da una sottovalutazione della patologia, non adeguatamente fronteggiata nel momento più opportuno, e da un'erronea scelta chirurgica.
La Corte, inquadrando la questione relativa alla posizione dell'aiuto chirurgo nell'ambito della responsabilità d'equipe, ha innanzitutto evidenziato, aderendo a quanto già sostenuto dai giudici d'appello, come, sebbene "non possa essere genericamente addebitata alla equipe operatoria, nel suo complesso, la responsabilità per gli errori commessi da uno dei componenti, ove vi sia una precisa suddivisione di ruoli e di mansioni, tale principio non può valere ove i ruoli ed i compiti di ciascun operatore non siano nettamente distinti, come nel caso in esame".
Nell'ipotesi, dunque, in cui non vi siano nè una suddivisione dei compiti nè conoscenze e competenze settoriali, ogni sanitario, nell'ambito dell'attività medico chirurgica di equipe, è tenuto, secondo un più che consolidato principio giurisprudenziale, a valutare e controllare l'attività svolta dai colleghi, in virtù dell'obbligo di diligenza su di lui gravante, che si estende al di là delle specifiche mansioni affidategli. Il medico operante nell'ambito dell'equipe ha infatti il dovere di rilevare l'errore altrui, quando ciò sia possibile con l'ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio, ossia allorchè l'errore medesimo sia evidente e non settoriale.
Con specifico riguardo agli obblighi ed alla responsabilità dell'aiuto chirurgo, i giudici di legittimità hanno ritenuto di aderire ai principi di diritto espressi in due sentenze pronunciate di recente dalla Terza e dalla Quarta Sezione della Corte di Cassazione.
Con il primo, espresso dalla Sentenza n. 43828/15, pronunciata in data 29 settembre 2015, si è affermato l'obbligo, in capo al medico componente dell'equipe chirurgica, in posizione di secondo operatore, il quale "non condivida le scelte del primario adottate nel corso dell'intervento operatorio" di "manifestare espressamente il proprio dissenso per esimersi da responsabilità"; tuttavia - si è aggiunto - non sono necessarie, a tal fine, "particolari forme di esternazione dello stesso".
Con il secondo, espresso dalla Sentenza n. 7667 pronunciata il 13 dicembre 2017, si è confermato il medesimo orientamento, escludendo che possa andare esente da responsabilità penale "il chirurgo che si sia fidato acriticamente della scelta del collega più anziano, pur essendo in possesso delle cognizioni tecniche per coglierne l'erroneità, avendo il dovere di valutarla ed eventualmente di contrastarla".
Delineato in tal senso il perimetro di responsabilità del medico in posizione di aiuto chirurgo, la Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso proposto dall'imputato, confermandone, stante il non accoglimento delle restanti doglianze presentate, la responsabilità penale già riconosciuta in sede di giudizio d'appello.